[A cura di: avv. Nunzio Costa]
La Legge di riforma del condominio, n. 220/2012, all’art. 25, prevede che per poter ricoprire il ruolo di amministratore di condominio è indispensabile, avere i seguenti requisiti:
* godimento dei diritti civili;
* l’assenza di condanna per delitti contro la P.A., contro il patrimonio ed ogni altro delitto non colposo con pena non inferiore a cinque anni; l’assenza di sottoposizione a misure di prevenzione;
* la piena capacità d’agire personale, la mancanza di annotazione del nome nell’elenco dei protesti cambiari;
* il diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado;
* la frequenza ad un corso di formazione iniziale e poi di periodico aggiornamento.
In caso di iscrizione nel libro protesti dell’amministratore, lo stesso decade immediatamente e qualunque condomino, anche da solo, potrà convocare l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore. In caso di inerzia assembleare potrà ancora riferirsi all’A.G.O, per la nomina dell’amministratore, ripetendo le spese dal condominio (1129 c.c.).
Tentiamo allora di approfondire una disciplina, sino ad ora sconosciuta agli amministratori, per individuare eventualmente i mezzi di contrasto avverso una ingiusta “levata del protesto”. Iniziamo dalle definizioni:
Il protesto è quell’operazione con la quale un titolo cambiario – assegno, cambiale tratta accettata, vaglia cambiario (pagherò) che prevede il pagamento di una certa somma a favore di un creditore, in una data specifica certa – è consegnato dalla banca creditrice ad un notaio (od ufficiale giudiziario, segretario comunale o capostanza di compensazione bancaria) il quale si reca presso il domicilio del debitore per chiedere il pagamento del titolo non coperto e, a fronte della mancata riscossione immediata – o in assenza dell’interessato – redige la “levata” del protesto, rendendo così il titolo esecutivo (al pari, cioè, di un decreto ingiuntivo). Da questa operazione consegue, per il protestato, di poter subire il precetto e poi il pignoramento, se continuasse a non pagare. Il titolo protestato, infatti, ritorna – attraverso le banche – in mano al creditore, che decide se esigere il credito in tal modo o lasciar decadere questo suo diritto. Nel frattempo -per il debitore – la cifra è maggiorata degli interessi maturati, delle spese per il precetto e per l’eventuale processo esecutivo.
LA PROCEDURA
La levata di protesto
L’ufficiale giudiziario (o il notaio, il segretario comunale, etc.) redige la “levata di protesto”, dando così l’avvio alla relativa pratica. Si tratta di un documento – cartaceo o registrato su supporto informatico – riportante l’elenco mensile dei protesti emessi. Gli elenchi sono poi trasmessi al presidente del Tribunale della circoscrizione dove i soggetti che li hanno redatti esercitano le loro funzioni, entro il 5 ed il 20 di ogni mese. Ogni primo del mese, inoltre, gli elenchi sono trasmessi anche al presidente della Camera di commercio della circoscrizione del Tribunale suddetto, tramite supporto informatico o per via telematica.
Pubblicazione su bollettino
Le camere di commercio devono protocollare gli elenchi ricevuti e pubblicarne i dati entro 10 giorni dalla loro ricezione. La pubblicazione avviene tramite iscrizione dei protesti in un apposito archivio informatizzato, comunemente detto il bollettino dei protesti. Attenzione: Le notizie dei protesti vengono conservate per cinque anni dal momento della loro iscrizione. Le iscrizioni possono essere modificate, sospese o annullate per diverse ragioni, ovvero in caso di pagamento della cambiale protestata entro un anno dalla data di levata, in caso di riabilitazione (di un protesto che riguarda un assegno o una cambiale pagata dopo l’anno) nonché, ovviamente, in caso di protesto levato illegittimamente o erroneamente.
Consultazione archivio
L’archivio informatico dei protesti può essere consultato da chiunque, sia recandosi personalmente presso le camere di commercio sia via internet, mediante la sottoscrizione di apposite convenzioni con le camere di commercio stesse o con i distributori ufficiali di Infocamere, la società che gestisce il sistema informativo delle camere di commercio.
La consultazione permette di cercare notizie sui protesti, estrarne gli elenchi e i rifiuti di pagamento su scala nazionale. Le ricerche possono avvenire per nome o con altre chiavi tipo la data e il luogo di levata o registrazione, il codice fiscale, la data di scadenza dell’atto protestato, la data di iscrizione al registro. Si può chiedere copia dell’elenco di tutte le iscrizioni dei 15 giorni precedenti a quello in cui è fatta la ricerca, nonché copia delle variazioni al registro. Le informazioni devono sempre contenere la data del loro ultimo aggiornamento. La data di ricerca è registrata.
Dietro pagamento di un diritto di segreteria è possibile inoltre chiedere una visura o una certificazione sull’esito della ricerca che, in caso positivo, dovrà contenere la causale del protesto.
ASSEGNO IMPAGATO
Gli assegni emessi senza provvista vengono inseriti in un archivio informatizzato detto CAI, Centrale di Allarme Interbancaria, archivio che raccoglie anche segnalazioni inerenti assegni emessi senza autorizzazione e le carte a cui è stata revocata l’autorizzazione all’uso. Nell’archivio vengono anche registrati i dati non nominativi (anonimi) relativi agli assegni e alle carte a rischio, ovvero, per esempio, quelli per i quali è stato denunciato il furto o la perdita (per gli assegni vengono segnate le coordinate, la divisa, l’importo; per le carte l’emittente, il numero e la scadenza).
L’iscrizione comporta (anche se successivamente l’assegno viene pagato) la cosiddetta “revoca di sistema”, ovvero il divieto di emettere assegni per sei mesi e l’obbligo di restituire quelli posseduti. Tale revoca comporta – in concreto – il divieto per qualunque banca e ufficio postale di stipulare nuove convenzioni di assegno con il soggetto e di pagare gli assegni tratti dal medesimo dopo l’iscrizione nell’archivio.
L’iscrizione è immediata (entro 20 giorni dalla presentazione al pagamento dell’assegno) solo nei casi di protesti di soggetti già iscritti al CAI per lo stesso motivo oppure nei casi di protesti causati da “firma non conforme” (tipicamente l’emissione senza autorizzazione) o che riguardano soggetti interdetti. In tutti gli altri casi viene concessa una tolleranza di 60 giorni durante i quali l’interessato può evitare l’iscrizione – e tutte le relative conseguenze – pagando il dovuto.
Di tale periodo di tolleranza il soggetto interessato viene portato a conoscenza con il cosiddetto “preavviso di revoca”, che deve essere inviato per telegramma o raccomandata a/r entro 10 giorni dalla presentazione al pagamento dell’assegno. Il pagamento entro 60 giorni, detto “tardivo”, comprende gli interessi legali, alcune spese (di protesto e di gestione), nonché una penale che normalmente si aggira intorno al 10% dell’importo dell’assegno. Esso può avvenire:
* presso lo sportello della banca su cui è tratto l’assegno tramite la costituzione di deposito infruttifero vincolato al portatore del titolo impagato (il creditore);
* presso il pubblico ufficiale che ha levato il protesto (notaio, ufficiale giudiziario o segretario comunale);
* oppure direttamente nelle mani del creditore, che rilascia quietanza alla banca o alla posta su un modulo predisposto.
Detto pagamento deve essere anche dimostrato presso l’ufficiale che ha elevato il protesto (in molti casi presso la stessa banca) entro gli stessi 60 giorni, per evitare l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dalla legge. Tale dimostrazione può avvenire con quietanza con firma autenticata o attestazione della banca.
Se il pagamento non viene effettuato, il nominativo del soggetto viene inserito nel CAI e vi rimane sei mesi, anche se nel frattempo l’assegno viene coperto (come già detto). Contestualmente, viene fatta segnalazione al Prefetto che notifica la violazione al soggetto che ha emesso l’assegno entro 90 giorni dalla segnalazione, dandogli 30 giorni di tempo per inviare le sue osservazioni difensive (nel caso non si fosse dimostrato prima il pagamento entro i 60 giorni, questo sarebbe il momento giusto, presentando in prefettura la documentazione originale o una copia autenticata). Successivamente – entro il termine di prescrizione di cinque anni – viene emessa e notificata un’ordinanza di ingiunzione. Contro di essa si può fare opposizione presso il giudice di pace di zona, entro 30 giorni. Se non si paga né si contesta, arriverà, entro ulteriori cinque anni, una cartella esattoriale.
Eccezioni alla tolleranza
Gli eventuali successivi assegni protestati del soggetto già iscritto al CAI per protesto vengono iscritti al CAI immediatamente, senza attendere i 60 giorni. Ma la “tolleranza” non viene applicata anche se i protesti sono causati da una “firma non conforme” (tipicamente l’emissione senza autorizzazione) o riguardano soggetti interdetti. In questi casi l’ufficiale che eleva il protesto effettua l’iscrizione al CAI ed informa la prefettura subito, entro 20 giorni dalla presentazione al pagamento dell’assegno.
Quali sanzioni
La legge 386/90, modificata dal d.lgs.507/99 che ha trasformato l’emissione di assegni irregolari da reato in illecito amministrativo, stabilisce le sanzioni applicabili in caso di emissione di assegni emessi senza provvista (scoperti) e non regolarizzati entro 60 giorni oppure emessi senza autorizzazione.
Per gli assegni senza provvista si applica la sanzione amministrativa pecuniaria variabile da 516,45 a 3.098,74 euro. Se l’assegno supera i 10.329 euro, e in tutti i casi di reiterazione, la sanzione varia da 1.032,92 a 6197,48 euro.
Per gli assegni senza autorizzazione le sanzioni variano da 1.032,92 a 6.197,48 euro. Se l’assegno supera i 10.329 euro, e in tutti i casi di reiterazione, le sanzioni variano da 2.065,82 a 12.394,96 euro.
In entrambi i casi la sanzione accessoria consiste nel divieto di emettere assegni per un periodo variabile da due a cinque anni. Nel primo caso tale divieto si applica quando l’importo dell’assegno emesso senza provvista (oppure l’importo di più assegni emessi in tempi ravvicinati) è superiore ai 2.582,28 euro.
Quando invece l’importo dell’assegno (o di più assegni emessi in tempi ravvicinati) supera i 51.645,69 euro scattano sanzioni accessorie più pesanti (come l’interdizione all’esercizio dell’attività professionale, etc.) per un periodo che varia da un minimo di due mesi ad un massimo di due anni.
Se le suddette sanzioni accessorie vengono trasgredite può scattare la reclusione da sei mesi a tre anni e il divieto di emettere assegni per un periodo tra i due e i cinque anni. Tutte le sanzioni vengono applicate dal Prefetto che ne decide l’entità a seconda della gravità dell’illecito e dell’importo dell’assegno.
Attenzione. Anche se un assegno impagato non viene protestato si potrebbe comunque essere iscritti al CAI e dover pagare le sanzioni amministrative di cui sopra. La segnalazione al Prefetto, in questo caso, invece di arrivare dall’ufficiale che ha elevato il protesto arriva direttamente dalla banca o dalla posta (comunque sempre dopo che sono decorsi i 60 giorni utili per pagare). Per dimostrare il pagamento entro 60 giorni, in questo caso, ci si deve rivolgere all’ufficio postale o alla prefettura chiedendo che la procedura venga bloccata. Il pagamento tardivo, anche se viene fatto subito dopo la levata del protesto, non dà diritto alla cancellazione di quest’ultimo. La cancellazione del protesto può essere ottenuta solo dopo che sia decorso un anno, se nel frattempo non si viene protestati di nuovo, rivolgendosi al tribunale e poi alla camera di commercio.
DATI IN ARCHIVIO
Per quanto riguarda i dati nominativi la consultazione può avvenire solo da parte dei soggetti direttamente interessati (la persona iscritta o che presume di essere iscritta oppure un soggetto da questa delegato) sia presso una delle filiali della banca d’Italia che presso l’ente che ha effettuato l’iscrizione (banca, posta, etc.). Se ci si rivolge alla banca d’Italia il servizio è gratuito, altrimenti valgono le tariffe eventualmente previste dal singolo ente.
I dati non nominativi (anonimi), invece, sono pubblici e consultabili da chiunque, come ha stabilito il ministero della Giustizia col decreto 458/01. Si tratta dei dati relativi agli assegni bancari e postali denunciati smarriti o sottratti, non restituiti dopo l’iscrizione in archivio (quindi dopo la revoca dell’autorizzazione alla loro emissione), ovvero bloccati per qualsiasi motivo nonché i dati della carte di pagamento revocate, smarrite o sottratte.
Un modo alternativo e veloce per cercare dati (ma relativi ai soli assegni) è telematicamente, tramite il sito della SIA
MODIFICA DATI
Cancellazione automatica
Per quanto riguarda l’iscrizione degli assegni irregolari, decorsi i sei mesi di “revoca di sistema” ovvero di divieto di emettere assegni, l’iscrizione decade automaticamente e viene cancellata. L’iscrizione delle revoche di utilizzo delle carte di pagamento dura invece due anni pur se, come già detto, essa non comporta alcun divieto ma solo un dato di riferimento per le banche.
Cancellazione su istanza
In tutti i casi in cui il soggetto iscritto intenda chiedere la cancellazione dei dati riferiti a lui o la loro modifica prima dei suddetti termini, dovrà rivolgersi all’ente segnalante, ad un giudice o al Garante della Privacy (a seconda del caso). Questi organi poi provvederanno a comunicare la disposizione alla banca d’Italia. È possibile anche rivolgere la richiesta direttamente alla Banca d’Italia, come precisato dal Garante della Privacy con Provvedimento del 6/6/2013.
Ciò potrà essere fatto, ovviamente, nei casi in cui vi siano i presupposti giusti, ovvero qualora l’iscrizione fosse illecita od errata, utilizzando la modulistica messa a punto dal Garante della Privacy o redigendo una propria lettera di messa in mora. In ambedue i casi è opportuno l’invio tramite raccomandata a/r o pec.
Tempi e modalità
La cancellazione del protesto può avvenire con le seguenti formule e modalità:
* nel caso in cui entro il termine di 12 mesi dalla levata del protesto il debitore esegua il pagamento (della cambiale o del vaglia cambiario/pagherò) comprensiva degli interessi e delle spese maturate (che potrebbero comprendere quelle delle eventuali azioni esecutive messe in atto dal creditore, precetto e pignoramento);
* nel caso di riabilitazione del protestato ai sensi dell’art.17 della legge 108/96 (necessaria quando il protesto riguarda un assegno o quando si è pagato un protesto cambiario oltre l’anno suddetto);
* qualora il protesto sia stato levato illegittimamente o erroneamente (in questo caso il decreto di riabilitazione non è ovviamente necessario e può procedere anche la banca o il pubblico ufficiale che si siano accorti dell’errore).
In termini pratici, ecco quali sono gli scenari che si aprono di fronte al soggetto protestato:
a) potrebbe pagare tempestivamente (sia il debito originario che gli ulteriori gravami legati al protesto), prima che il debitore metta in atto le azioni esecutive che possono seguire il protesto, ovvero il precetto e il pignoramento. Se ciò avvenisse entro un anno dalla levata del protesto, egli potrebbe anche ottenere la cancellazione dello stesso rivolgendosi alla camera di commercio (a condizione che si tratti del protesto di una cambiale. Per gli assegni occorre la riabilitazione del Tribunale e di deve agire decorso un anno dalla levata);
b) potrebbe pagare dopo un anno dalla levata del protesto. In questo caso la cancellazione potrebbe essere richiesta solo ottenendo la riabilitazione da parte del Tribunale, qualora nel frattempo non si sia stati protestati di nuovo. Rimane da vedere, poi, se il pagamento sia sufficientemente tempestivo da evitare le eventuali azioni esecutive del creditore;
c) potrebbe non pagare mai, e quindi oltre a subire le azioni esecutive eventualmente messe in atto dal creditore insoddisfatto (precetto, pignoramento, etc.) dovrà rimanere iscritto per 5 anni nel bollettino dei protesti.
CANCELLAZIONE
Vediamo, nel dettaglio, le procedure di cancellazione:
Pagamento entro 1 anno
Il debitore che entro 12 mesi dalla levata del protesto esegue il pagamento di una cambiale protestata (tratta o pagherò) maggiorata di interessi e spese – comprese quelle relative alle eventuali azioni esecutive messe in atto dal creditore (precetto e pignoramento) – può chiedere la cancellazione del protesto dagli appositi registri, ovvero dal cosiddetto bollettino.
Attenzione. La cancellazione dei protesti di assegni nonché di cambiali (tratte o pagherò) pagate oltre i 12 mesi dalla levata è possibile solo ottenendo la preventiva riabilitazione da parte del Tribunale (vedi più avanti).
Va presentata un’apposita istanza presso la camera di commercio competente per territorio, pagando il bollo di 14,62 euro e i diritti di segreteria (8 euro per titolo, ai sensi del decreto del Ministero delle Attività Produttive del 30.10.2001). Si dovrà allegare l’atto di protesto e il titolo quietanzato (dalla banca o dal creditore). In alternativa può essere allegato il certificato di una banca attestante il deposito, vincolato a al portatore, dell’importo del titolo maggiorato da interessi e spese (ai sensi dell’art.9 del dpr 290/1975). Esso dovrà riportare i dati del titolo e del protesto o dovrà essere accompagnato dal certificato di protesto rilasciato dal pubblico ufficiale levatore. In alcuni casi (verificare con la specifica Camera) potrebbe essere sufficiente invece una semplice dichiarazione scritta del debitore. Il presidente della camera di commercio deve pronunciarsi entro 20 giorni dalla presentazione dell’istanza. Se accoglie la richiesta dispone la cancellazione e cura, sotto la propria responsabilità, l’esecuzione della stessa entro 5 giorni.
Se mancasse risposta entro 20 giorni o l’istanza non fosse accolta il debitore può rivolgersi al giudice di pace del suo luogo di residenza. Ovviamente la cosa va valutata opportunamente, possibilmente con l’aiuto di un legale.
La riabilitazione
Per quanto prevede la legge 108/96 all’art.17, il debitore protestato che abbia adempiuto al pagamento e non abbia nel frattempo subito ulteriori protesti ha diritto ad ottenere alla riabilitazione da parte del Tribunale. Ciò, però, non prima che sia decorso un anno dalla levata del protesto, indipendentemente da quando avviene il pagamento.
La riabilitazione riguarda, essenzialmente:
* il debitore che ha pagato il dovuto riguardo il protesto di una cambiale (tratta o pagherò) oltre un anno dalla levata dello stesso e che non è stato, nel frattempo, protestato ulteriormente;
* il debitore che ha pagato il dovuto riguardo il protesto di un assegno e che non è stato, nel frattempo, protestato ulteriormente.
Per ottenere la riabilitazione egli si deve rivolgere al presidente del Tribunale compilando un’apposita istanza ed allegandovi i documenti che provino il pagamento. Se il Tribunale nega la riabilitazione, il debitore può far ricorso, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento di diniego, alla Corte di Appello. Ottenuta la riabilitazione, il protesto viene praticamente “annullato” e può esserne chiesta la cancellazione dal bollettino (sul quale verrà pubblicato il decreto di riabilitazione) presentando un’istanza alla camera di commercio competente per territorio. La pratica è sottoposta alle stesse regole già dette per la cancellazione a seguito di pagamento entro l’anno dalla levata, ovvero con risposta entro 20 giorni e possibilità, in caso di rigetto, di ricorrere presso il giudice di pace.
Protesto illegittimo
Nel caso in cui la levata di protesto sia ritenuta illegittima o errata, può essere chiesta cancellazione dell’iscrizione dal bollettino direttamente al presidente della camera di commercio. La richiesta può essere presentata da un pubblico ufficiale o da una banca, nonché dallo stesso soggetto protestato. Il presidente della camera di commercio deve pronunciarsi entro 20 giorni dalla presentazione dell’istanza. Se accoglie la richiesta dispone la cancellazione e cura, sotto la propria responsabilità, l’esecuzione della stessa entro 5 giorni.
In caso di rigetto o di mancata risposta da parte del presidente della camera di commercio, il debitore può ricorrere al giudice di pace della propria zona di residenza oppure – in casi particolari – chiedere l’emissione di un provvedimento d’urgenza in Tribunale (ex art.700 c.p.c.), con l’ausilio di un legale.
Al riguardo è da tener presente una interessante sentenza di Cassazione (n.17415 del 30/8/04) secondo la quale la camera di commercio può essere chiamata in causa – anche con un provvedimento d’urgenza – per la cancellazione di un protesto illegittimo od errato ma non per il rimborso delle spese processuali né tantomeno per l’eventuale richiesta del risarcimento danni che il soggetto coinvolto intendesse chiedere. Ad essa, organo “intermediario” che si occupa della sola pubblicazione dei dati, non può infatti essere imputata la responsabilità dell’errore che, presumibilmente, ricade sul pubblico ufficiale levatore. Nel caso si voglia andare in causa è comunque opportuno valutare bene i presupposti, magari con l’aiuto di un legale.
Dopo cinque anni
L’iscrizione del protesto rimane per cinque anni, dopodiché la cancellazione dovrebbe avvenire in modo automatico. In caso contrario, l’interessato potrà chiederla rivolgendosi al presidente della camera di commercio, il quale ha 20 giorni di tempo per disporla, rispondendo personalmente dell’attuazione del proprio provvedimento entro 5 giorni dalla sua emanazione.
CATTIVI PAGATORI
Quando ci si occupa di regolarizzare un protesto è bene anche verificare che non si sia stati iscritti al CAI o in una delle centrali rischi come “cattivi pagatori” (CRIF, CTC, EXPERIAN, Banca d’Italia, etc.). Le procedure, infatti, sono differenti e possono essere attivate indipendentemente l’una dall’altra. Le prime due, per quanto riguarda gli assegni, sono spesso contemporanee benché sia possibile che un assegno impagato – che ordinariamente viene iscritto alla CAI (centrale di allarme interbancaria) – non venga anche protestato. È bene sapere, inoltre, che è l’iscrizione al CAI che comporta la revoca all’emissione di assegni per un periodo di 6 mesi, nonché il divieto per qualunque banca o ufficio postale di pagare assegni emessi dal traente e aprire allo stesso nuovi conti. Ciò anche nel caso in cui non ci sia stata la levata di protesto.
L’iscrizione alle centrali rischi, invece, si discosta dalle altre due procedure visto che riguarda esclusivamente mancati o ritardati pagamenti di rate di finanziamenti, che solo raramente avvengono con assegni o cambiali.
RICORSO A GARANTE
Come già visto, i soggetti iscritti al CAI possono esercitare tutti i diritti previsti dalla legge sulla privacy (legge 196/03), ovvero accedere ai dati o chiederne la modifica/cancellazione, rivolgendosi direttamente all’ente che ha fatto la segnalazione o alla Banca d’Italia. La modifica o cancellazione dei dati può, tuttavia, avvenire anche attraverso l’intervento di un giudice (in casi estremi) o del garante della Privacy. In caso di mancata o insoddisfacente risposta da parte dell’ente segnalante e/o della Banca d’Italia, l’interessato può infatti ricorrere al garante della privacy chiedendone l’intervento. Se contestualmente alla richiesta di cancellazione/modifica si intendesse ottenere un risarcimento del danno, all’invio della messa in mora dovrà seguire una causa giudiziale, ovviamente preceduta da un tentativo di conciliazione.