[A cura di: avv. Nunzio Costa]
La sentenza del Tar Lazio n. 1351 del 23 gennaio 2015 ha annullato alcune norme del decreto interministeriale n. 180/2010 in materia di mediazione delle liti civili e commerciali.
Nelle more di un appello al Consiglio di Stato da parte degli organismi, il Ministero della Giustizia ha diramato un comunicato del seguente tenore: “Si rende noto a tutti gli organismi di mediazione che a seguito della sentenza del Tar Lazio n. 1351/2015 del 23 gennaio 2015, che ha annullato l’articolo 16, comma 2 e 9 del Dm n. 180 del 18 ottobre 2010, immediatamente esecutiva, non è più possibile richiedere il pagamento di alcuna somma di denaro a titolo di spese di avvio – né a titolo di indennità – in sede di primo incontro. Le SS.VV. sono invitate ad adeguarsi immediatamente a tale decisione fino ad eventuali nuove comunicazioni”.
In particolare il Tar ha censurato tre norme: le prime due relative al versamento delle “spese di avvio” quando la mediazione è destinata ad arenarsi al primo incontro e la terza invece riguardante la formazione dei mediatori se riferita alla formazione degli avvocati-mediatori.
In questa sede ci occuperemo solo dei risvolti relativi alle spese di mediazione, per l’incidenza che può avere sulla tematica condominiale.
La dichiarazione di illegittimità annulla la previsione delle spese di avvio della procedura, in quanto ritenuta contrastante con la norma primaria secondo la quale non è dovuto il compenso all’organismo di mediazione “nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro” (art. 16, commi 2 e 9, D. M. 180/2010, in riferimento all’art. 17, comma 5-ter, D. lgs. 28/2010).
Il Tar non ha tenuto conto della diversa interpretazione fornita dal Ministero della Giustizia con la circolare del 27 novembre 2013 con la quale si era precisato che le “spese di avvio” non costituivano il compenso per la mediazione, bensì soltanto la determinazione forfetaria delle spese dell’organismo per la gestione dell’avvio della procedura.
A prescindere dalla correttezza o meno dell’interpretazione fornita, a noi interessa mettere in rilievo due aspetti.
LIMITI DELLA MEDIAZIONE
Il primo è che gli organismi di mediazione in tal modo vedono altamente compromessa la loro capacità di sopportare le spese iniziali. In verità la mediazione civile e commerciale stenta a decollare per una serie indefinita di fattori, quali la distanza concettuale dell’utenza dall’istituto, la diffidenza della classe forense. Non da ultimo l’introduzione di altri istituti che vanno ad invadere lo stesso campo di azione, quale la negoziazione assistita.
Ad oggi la percentuale degli accordi in mediazione è ancora bassa, perché i consumatori finali devono ancora abituarsi all’idea che la soluzione ai loro problemi può tranquillamente, e meglio, trovarsi al di fuori delle aule di tribunale.
Certo, poi le pronunzie delle Corti, che tolgono efficacia alla procedura, successivamente reintrodotta, non aiutano.
Insomma il percorso tortuoso che ha accompagnato l’introduzione di questo rimedio alternativo delle controversie genera un clima di sfiducia in quegli imprenditori che hanno creduto in tale procedura ed hanno investito tempo, professionalità e danaro per contribuire alla buona riuscita dell’istituto.
Ne deriva che le “spese di avvio” costituivano il minimo per sostenere la struttura necessaria a garantire l’efficienza di un servizio pubblico svolto da enti di diritto privato.
Ne consegue anche che in futuro gli imprenditori spariranno dal mercato e rimarranno solo gli organismi istituiti presso le camere di commercio o gli ordini professionali.
Infatti quegli organismi non dovranno pagare fitti per le sedi, non avranno spese di personale, concessi dal consiglio di appartenenza, non dovranno avere necessariamente almeno una sede secondaria in un’altra città (anzi è vietato).
La considerazione che ne deriva è che ciò metterà ancora più in evidenza l’aberrazione in cui incorre lo Stato italiano nel momento in cui tratta in maniera uguale enti di natura diversa, perpetrando in tal modo la lesione dell’art. 3 Cost. ed incorrendo, sicuramente, in una lesione del Trattato europeo sulla libera concorrenza, cosa per la quale verrà certamente sanzionato.
IL RUOLO DELL’AMMINISTRATORE
Per venire al secondo aspetto, ci riferiamo alla posizione dell’amministratore in mediazione.
Ragionando analogicamente a quanto accade per la legittimazione a stare in giudizio, si è ritenuto che l’amministratore possa partecipare legittimamente alla mediazione solo se si è fatto preventivamente autorizzare dall’assemblea in tal senso.
Anzi, per tale via qualche organismo non accetta la costituzione dell’amministratore se non contestualmente alla presentazione della copia del verbale assembleare con cui si autorizza l’amministratore alla partecipazione. Tale prassi è di per se non condivisibile perché, ricordiamo, si tratta di una funzione pubblica e la mancata accettazione della costituzione dell’amministratore, carente di autorizzazione, integra una omissione gravissima quale l’ostacolo al legittimo esercizio del diritto di difesa (art. 24 Cost.). nfatti i giudici di merito hanno ritenuto non soddisfatta la condizione di procedibilità in assenza di una effettiva partecipazione all’incontro di mediazione. Quindi la partecipazione per l’amministratore (rectius: il condominio) è un obbligo e non la si può ostacolare.
L’interpretazione corretta è quella di farlo costituire e rinviare in attesa di ottenere l’autorizzazione assembleare.
Ma quid iuris se alla partecipazione dell’amministratore non consegue l’autorizzazione?
È principio ormai fermo nella giurisprudenza che gli effetti della costituzione ricadono sul soggetto sfornito di legittimazione e, per venire alla richiamata recente sentenza del Tar Lazio, le spese di avvio non possono essere richieste dall’amministratore al condominio che non l’ha autorizzato a partecipare neanche con una successiva ratifica.
Tale alea ha indotto gli amministratori a disertare il primo incontro, chiedendo continui differimenti, in attesa che l’autorizzazione arrivi.
Oggi, invece tale alea non sussiste, in quanto l’interpretazione dei giudici e la prassi indotta del Ministero non impongono più il pagamento in sede di primo incontro se la mediazione non va in porto, con la libertà da parte dell’amministratore di presentarsi senza versare nulla e a questo punto chiedere il differimento in attesa di autorizzazione senza il rischio che le somme depositate divengano irripetibili.
All’incontro successivo l’amministratore avrà sciolto la riserva e potrà:
a) presenziare , in quanto legittimato dall’assemblea, versare le spese e portare avanti la trattativa o declinare la mediazione;
b) ovvero disertare il successivo incontro, in quanto privo di autorizzazione. In tal caso nulla dovrà versare ed avrà evitato un esborso economico i cui effetti avrebbero potuto restare vincolati alla sua persona.