[Avv. Silvio Rezzonico – presidente Confappi] È pacifico che l’amministratore di condominio uscente, quale che sia il motivo della cessazione (scadenza del mandato, revoca, dimissioni) rimanga in carica fino a quando non venga nominato un sostituto. L’assemblea, tuttavia, ha la possibilità di evitare la cosiddetta “prorogatio” dell’amministratore, ad esempio esonerandolo con una delibera specifica e dall’effetto immediato, da qualsiasi obbligo e responsabilità, fissando al contempo un termine ultimo per la consegna degli atti inerenti la gestione dello stabile.
Il principio che consente all’amministratore di conservare ed esercitare i suoi poteri fino a quando non avviene l’avvicendamento con un altro professionista si fonda su una presunzione di conformità della prorogatio all’interesse e alla volontà dei condòmini. Tale principio non si applica, però, qualora gli stessi condòmini, attraverso una delibera assembleare, esprimano la loro contrarietà alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell’amministratore cessato. E quindi si giustifica solo in ragione di una presunzione di conformità della prorogatio di poteri all’interesse e alla volontà dei condòmini.
È bene precisare che la prorogatio si applica nel caso in cui il condominio rimanga orfano dell’amministratore, non solo quando quest’ultimo ha terminato il mandato o ha rassegnato le dimissioni, ma anche in caso di revoca o di illegittimità della delibera di nomina. Sul punto, è curioso osservare come l’amministratore nominato con una delibera dichiarata invalida rimanga comunque al suo posto fino all’avvenuta sostituzione, conservando i poteri di rappresentanza, anche processuali.
L’articolo 1129, ottavo comma, del Codice civile, modificato dalla legge di riforma 220/2012, dispone che «alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condòmini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi». In base al contenuto della suddetta norma, per alcuni l’amministratore in regime di prorogatio non sarebbe più dotato di poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione e il suo ruolo dovrebbe limitarsi a compiere quelle attività da “buon padre di famiglia”, nello specifico preservare la conservazione delle parti comuni, in special modo se gli eventuali interventi hanno il carattere dell’urgenza. L’assemblea può sempre ratificare le attività dell’amministratore in prorogatio, ove abbia oltrepassato i poteri di urgenza che gli sono riconosciuti dall’articolo 1129, ottavo comma, del Codice civile.
Il principio della prorogatio è applicabile anche per il supercondominio, coma ha stabilito il Tribunale di Milano (sentenza n. 5602 del 4 maggio 2016), secondo cui è valido il voto favorevole espresso dal rappresentante di condominio, che in precedenza aveva rassegnato le dimissioni dalla carica di amministratore, per la nomina dell’amministratore del supercondominio. Il rappresentante, infatti, agisce in regime di prorogatio imperii, disciplina applicabile anche al supercondominio. Nel caso in questione, tre condòmini hanno impugnato la delibera di nomina dell’amministratore del supercondominio, votata in assemblea dall’ex amministratore, dimessosi poco prima. Per il supercondominio il voto era comunque valido, in quanto il rappresentante avrebbe agito in regime di prorogatio imperii. Diversamente, secondo gli attori trovava applicazione il disposto dell’articolo 67 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile, secondo cui la figura del rappresentante di condominio è soggetta alla disciplina del mandato, che non contempla la prorogatio. Di conseguenza, l’ex amministratore avrebbe agito in carenza di potere.
Il Tribunale ha citato la Corte di Cassazione (sentenza n. 18660 del 30 ottobre 2012), che già in precedenza aveva osservato come «in tema di condominio negli edifici, la prorogatio imperii dell’amministratore – che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condòmini e nell’interesse del condominio alla continuità dell’amministratore – si applica in ogni caso in cui il condominio rimanga privo dell’opera dell’amministratore e, quindi, non solo nelle ipotesi di scadenza del termine di cui all’art. 1129, secondo comma, cod. civ. o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca e annullamento per illegittimità della delibera di nomina».
Un principio valido anche per l’amministratore di condominio nominato con una delibera dichiarata invalida che «continua ad esercitare legittimamente, fino all’avvenuta sostituzione, i poteri di rappresentanza, anche processuale, dei comproprietari, rimanendo l’accertamento di detta prorogatio rimesso al controllo dell’ufficio del giudice e non soggetto ad eccezione di parte, in quanto sia interinale alla regolare costituzione del rapporto processuale».