[A cura di: Fabrizio Mario Vinardi, Segretario Ordine degli Ingegneri della Provincia di Torino] Quali responsabilità può avere l’amministratore condominiale per i cantieri interrotti a causa dell’emergenza Covid-19 Analizziamo insieme un caso studio.
Da tempo i condòmini lamentavano la precarietà della facciata lato strada, sia per motivi di decoro sia di sicurezza, ma i preventivi presentati in assemblea non erano mai stati approvati in quanto l’uno era troppo costoso, l’altro era di un’impresa che non dava fiducia, quell’altro ancora era di un’azienda che in passato aveva lavorato male e il condominio non voleva incappare di nuovo in problemi…
Finalmente, a inizio febbraio viene trovata un’impresa di fiducia, che formula un preventivo ritenuto economicamente vantaggioso e le si affidano i lavori.
L’amministratore, però, non attiva immediatamente il contratto di appalto, che viene firmato a fine febbraio, proprio pochi giorni prima dell’emergenza Covid-19 e del conseguente lockdown, senza che l’impresa abbia potuto anche solo depositare presso i competenti uffici comunali la richiesta per l’utilizzo del suolo pubblico.
Impresa e amministratore concordano di utilizzare il periodo della c.d. “Fase 1” (che in quel momento si pensava avrebbe avuto una durata inferiore a quella che poi è accaduto nella realtà) per svolgere le pratiche burocratiche e concordare il nolo della piattaforma, per poi attivarsi immediatamente alla ripresa.
Senonché, a metà marzo – in piena Fase 1 – l’amministratore riceve una telefonata di primo mattino da un condomino che, uscendo per portare il cane a effettuare i bisogni, trova un calcinaccio proprio davanti al portone condominiale e, guardando in alto, identifica che il pezzo si è staccato dal frontalino del balcone del secondo piano.
Guardando meglio, nota anche che un secondo calcinaccio, fortunatamente più piccolo, ha colpito il tettuccio di un’auto in sosta, ammaccandolo in modo piuttosto consistente.
L’amministratore, preoccupato, chiama immediatamente l’impresa cui erano stati affidati i lavori e, al tempo stesso, un professionista esperto in materia di Ingegneria Forense (chi scrive), sia per far eseguire un rilievo degli eventuali danni sia per identificare da subito un protocollo di azioni per fronteggiare l’emergenza.
Nel volgere di poche ore eseguo un rilievo della facciata con laser scanner 3D, mentre per i danni causati dai calcinacci è sufficiente un rilievo fotografico da un balcone alto, senza dover ricorrere ai droni (rilievo molto utile, perché ho appurato che anche una seconda auto è stata colpita, anche se in modo lievissimo). Nel frattempo, l’impresa predispone opere provvisionali a sicurezza dei passanti, consistenti nel transennare la zona dei marciapiedi potenzialmente pericolosa e un impalcato a protezione di chi entra/esce dal condominio.
Il mattino dopo, con una PLE – Piattaforma Elevabile di Lavoro, familiarmente nota come “cestello”, l’impresa esegue la verifica della facciata, battendo con una mazzetta tutti i punti che all’esame visivo si presentano ammalorati e facendo precipitare sul marciapiede (opportunamente segregato, per ovvi motivi di sicurezza, dal passaggio pedonale e al tempo stesso proteggendo con lamierati le auto parcheggiate in strada) un po’ di altri calcinacci.
La cosa interessante è che un condomino, particolarmente tignoso, scrive subito una PEC all’amministratore, mettendo in copia conoscenza tutti gli altri condòmini, in cui preavvisa che il danno provocato alle auto in sosta è dovuto a “colpevole inerzia nell’attivare l’impresa designata” e che il risarcimento di questi danni “deve tenere indenne il condomino”, non solo, ma anche l’attivazione della polizza condominiale, che ovviamente manleva il condominio, non deve avere conseguenze né in quanto franchigia a carico del condominio, né in quanto aumento del premio assicurativo al prossimo rinnovo. Anche il costo del professionista deve essere a carico dell’amministratore, così come eventuali costi dell’impresa legati all’urgenza.
Nonostante il caso non abbia avuto grandi rilevanze economiche (i danni alle auto, i maggiori costi dell’impresa – sostanzialmente legati all’aver dovuto noleggiare una PLE più grande di quella realmente utile, dovendo scegliere il primo mezzo disponibile – e quelli dell’intervento professionale sia per rilievo e messa in sicurezza non superano i 4.000 euro iva compresa), si presenta tuttavia di grande interesse per le tematiche sottese.
Qual è il tempo ragionevole che può intercorrere per attivare lavori deliberati ed erroneamente (ma in questo caso lo si può dire col senno del poi) ritenuti non particolarmente urgenti?
Se nel frattempo sono accaduti fatti particolari, anche meno impattanti dell’emergenza Covid-19, l’amministratore deve attivarsi per “superare” queste problematiche o può invocare il famoso “caso di forza maggiore”?
E se il problema avesse avuto una rilevanza penale, ad esempio se il calcinaccio avesse ferito o, peggio, causato il decesso di un passante?
Per avere una risposta “definitiva” occorrerebbe che il caso si trasformasse in una vertenza giudiziaria e attendere la relativa sentenza, ma – ove possibile – è bene evitare che le piccole liti superino i confini extragiudiziari per approdare dal Giudice di Pace (o in Tribunale, se l’importo è più consistente).
Ed è proprio quello che è stato fatto in questo caso: la polizza assicurativa ha refuso integralmente i danni alle auto, l’amministratore pro bono pacis ha assorbito il costo della franchigia (200 euro), l’impresa ha accordato uno sconto pari agli extra-costi affrontati e anche il “tignoso” condòmino ha alfine concordato che l’intervento del Professionista era legato anche a tutelare il condominio da richieste danni inesistenti e, pertanto, è stato ratificato come spesa condominiale.
Questo caso studio permette di sottolineare: