[A cura di: Prof. Avv. Rodolfo Cusano] Tra i casi maggiormente frequenti di richieste di risarcimento del danno nei confronti del condominio troviamo certamente quelle relative alle cadute dei condomini o di terzi all’interno delle parti comuni del fabbricato condominiale. Il condominio in questi casi è sempre responsabile? E, se si,come?
Il fondamento normativo della responsabilità del condominio per le cadute all’interno dello stesso è certamente rinvenibile nell’art. 2051 c.c.: “Danno cagionato da cose in custodia”: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo caso fortuito”.
Preliminarmente, occorre premettere che quando si parla di responsabilità per danni cagionati da cose in custodia parliamo di danni conseguenti al dinamismo proprio ed intrinseco della cosa, ovvero, dipendenti dall’insorgere nella stessa di un processo dannoso anche se provocato da elementi esterni.
Nei casi in cui invece “detta cosa” sia azionata e/o manovrata dall’uomo ci troveremmo di fronte ad un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c..
Infatti, l’azione di responsabilità per custodia ex art. 2051 c.c. presuppone sul piano eziologico e probatorio accertamenti diversi rispetto all’azione di responsabilità per danni ex art. 2043 c.c..
In quest’ultimo caso bisognerà accertare se il pregiudizio a terzi sia derivato da un comportamento commissivo od omissivo dell’agente.
Invece, nel caso di responsabilità per danni da cosa in custodia che non dipendano da fortuito, si prescinderà dal comportamento del custode che è elemento estraneo alla struttura normativa di cui all’art. 2051 c.c.
Noi parleremo esclusivamente delle ipotesi di responsabilità da cose in custodia.
Cosa significa custodire il bene? Secondo la giurisprudenza pressoché unanime custodire un bene significa avere un effettivo potere fisico sulla cosa. Il custode è presunto responsabile dei danni provocati dalla cosa custodita.
Tale presunzione grava su colui che esercita un potere fisico sulla cosa stessa e costituisce estrinsecazione del dovere di vigilare e di tenere la cosa sotto controllo in modo da impedire che produca danni a terzi.
In altri termini, il custode è il presunto responsabile dei danni provocati dalla cosa custodita anche se essa non è intrinsecamente pericolosa , ma diviene nociva in conseguenza di un processo dannoso provocato da elementi esterni; ciò a meno che il custode non dimostri che il danno è derivato da caso fortuito, ivi compreso il fatto del terzo o dello stesso danneggiato.
Ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c. è sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia della cosa con l’evento lesivo , rapporto che postula l’effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale del bene che comporti il dovere di intervento su di essa, che compete al proprietario o anche al possessore o detentore.
La disponibilità che della cosa ha l’utilizzatore non comporta invece, necessariamente, il trasferimento in capo a questi della custodia che è da escludere in tutti i casi in cui, per specifico accordo tra le parti, per la natura del rapporto, ovvero per la situazione fattuale determinatasi, chi ha l’effettivo potere di ingerenza, gestione ed intervento sulla cosa, nel conferire all’utilizzatore il potere di utilizzazione della stessa, ne abbia conservato la custodia (Cass. Civ. 15096/2013).
Nell’ambito del condominio l’ente, quale custode dei beni e servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, rispondendo dei danni da queste cagionate,sia ai condomini che a terzi.
Pertanto, il condominio può essere chiamato a rispondere ex art. 2051 c.c. in conseguenza dei danni provocati dalla difettosità od omessa manutenzione della cosa comune. Grava, infatti, sull’ente, in qualità di custode, l’obbligo di mantenerla e conservarla in maniera tale da evitare danni a terzi (Trib. Bari III Sez. Civ. 30/08/2013 n.2489).
Lo stesso Tribunale di Bari precisa che ai fini del riconoscimento della responsabilità del custode non è necessario che la cosa sia intrinsecamente pericolosa, ma è sufficiente perché possa essere riscontrato il rapporto di causalità fra la cosa ed il danno, che la cosa abbia una concreta potenzialità dannosa per la sua connaturale forza dinamica o anche statica o per effetto di concause umane o naturali.
La Cassazione (sent. n. 15042/2008) precisa che se il custode dimostra che il danno è determinato da cause estrinseche ed estemporanee ingenerate da terzi, non conoscibili né eliminabili repentinamente, neppure con la più diligente attività di manutenzione, esso è liberato dalla responsabilità per cose in custodia.
Invece, nel caso in cui il danno sia determinato da cause intrinseche della cosa, tali da costituire fattori di rischio conosciuti o conoscibili a priori dal custode, questi ne risponderà ex art. 2051 c.c..
In altri termini, se gli obblighi di custodia si spingono sino a ricomprendere quei fattori esterni che determinano la nocività della cosa, nessun addebito al custode potrà essere fatto qualora questi fattori esterni alterino la cosa in maniera imprevedibile e non tempestivamente eliminabile e/o segnalabile nemmeno con una normale diligenza (Trib. Bari II Sez. Civ. 27/02/2014).
Secondo l’interpretazione prevalente della norma, nel senso che la responsabilità per cosa in custodia sia una responsabilità oggettiva, il danneggiato deve provare un’oggettiva relazione tra la cosa in custodia e l’evento dannoso (ex multis Cass. n.n. 16607/08,22882/07,43080/07 e 548/019).
Precisamente, la responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. per danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa ed una relazione di fatto di un soggetto e la cosa stessa, tale di consentire di controllarla , di eliminare situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa stessa. Detta norma non esonera il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione potenzialmente lesiva della cosa, mentre resta a carico del custode la prova contraria del caso fortuito avente impulso causale autonomo, imprevedibile ed eccezionale.
La presunzione di responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. presuppone la prova del rapporto causale tra il danno e la violazione di specifici obblighi di custodia e di controllo dello stato di conservazione (Cass. 1157/2013).
Il danneggiante, nel nostro caso il condominio, per esonerarsi da responsabilità deve provare che il danno sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi che nemmeno con l’ordinaria diligenza potevano essere tempestivamente rimosse, così integrando il caso fortuito previsto dalla norma quale scriminante della responsabilità del custode (Cass. 20427/08).
Nel caso in cui l’evento sia da ascriversi esclusivamente alla condotta del danneggiato, il quale abbia interrotto il nesso causale tra cosa in custodia e il danno, si verifica una ipotesi di caso fortuito che libera il custode dalla responsabilità di cui all’art. 2051 c.c..
Il giudizio in ordine all’autonomia causale del fattore esterno ed estraneo deve essere adeguato alla natura ed alla pericolosità della cosa, sicché quanto meno essa è intrinsecamente pericolosa e quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a interrompere il nesso eziologico tra cosa e danno e a escludere, pertanto, la responsabilità del custode.
Pertanto, il dovere del custode di segnalare il pericolo connesso all’uso della cosa si arresta di fronte ad una ipotesi di utilizzazione impropria la cui pericolosità è talmente evidente e immediatamente apprezzabile da chiunque, tale da renderla del tutto imprevedibile, sicché l’imprudenza del danneggiato abbia riportato un danno a seguito di siffatta impropria utilizzazione , integra un caso fortuito (Cass. Sez III 4279/08).
In linea con detto ultimo orientamento è la precitata sentenza del Tribunale di Bari (Sez. Civ. II del 27/02/2014) che ribadisce che il caso fortuito può consistere sia in una alterazione dello stato dei luoghi imprevista, imprevedibile e non tempestivamente eliminabile ovvero non segnalabile nemmeno con la normale diligenza, sia nella condotta del danneggiato, ricollegabile all’omissione delle normali cautele esigibili in situazione analoghe.
Lo stesso Tribunale precisa che, nel determinare i limiti della diligenza e della prudenza, non si può pretendere più di quanto nella pratica ordinaria della vita, la logica, attingendo al brocardo latino del “id quod plerumque accidit”, ritiene doveroso (tra molte App. Milano 1836/74).
Alla luce di quanto sopra riportato sarà il comportamento stesso del danneggiato a mitigare la responsabilità oggettiva del custode (Cass. III Sez Civ. n.25584/2013).
Detta Corte afferma che “potrà escludersi che il danno sia cagionato dalla cosa, ridotta a mera occasione dell’evento, e ritenersi il caso fortuito”, quando anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa, la situazione di pericolo comunque venutasi a creare “si sarebbe potuta evitare attraverso un comportamento ordinariamente cauto”.
Ancora la Cassazione (Cass. 22882/07) nel riconoscere un onere di custodia in capo al condominio, nell’escludere che possa farsi riferimento all’art. 2043 c.c., qualifica la responsabilità del custode come una responsabilità “qualificata” derivante dalla funzione stessa del condominio riconoscendo un onere di custodia in capo al condominio che sarà esclusa solo nel caso di avvenuta prova caso del fortuito. Precisa la stessa che il comportamento del danneggiato potrà in caso contrario essere valutato eventualmente in sede di quantum ex art. 1227 I comma c.c..
Se questo è l’orientamento prevalentemente assunto dalla giurisprudenza, occorre precisare la sussistenza di altro orientamento basato su recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione ( Cass. n.n. 11592/10 e 25772/09) secondo cui la responsabilità da cose in custodia ex art 2051 , sussiste essenzialmente sulla base di due presupposti: un’alterazione della cosa che per le sue intrinseche caratteristiche determina la configurazione nel caso concreto della cosiddetta insidia o trabocchetto , e l’imprevedibilità ed invisibilità di tale alterazione per il soggetto che, in conseguenza di tale situazione di pericolo subisce il danno .
Vediamo come la giurisprudenza ha applicato ai casi più ricorrenti di danni da caduta nel condominio i principi espressi dalla giurisprudenza sopra riportata.
Conforme a quest’ultimo orientamento giurisprudenziale appare la sentenza del 3/07/2013 del Tribunale di Savona che attribuisce al condominio la qualità di custode delle cose individuate ai sensi dell’art. 1117 c.c.. Detta sentenza afferma che il condominio, quale custode dei beni comuni, è responsabile dei danni derivanti da insidie e trabocchetti. In particolare il Tribunale ligure ha ritenuto il Condominio responsabile ex art 2051 c.c. per i danni subiti da una persona inciampata in una buca presente nel cortile condominiale non adeguatamente segnalata , visibile o comunque conosciuta dal danneggiato.
In tal senso si è espressa anche la Suprema Corte di Cassazione III Sez. Civ. con la sentenza 25772/09 che ha ritenuto sussistere una situazione oggettiva di pericolo tale da configurare una responsabilità ex recepto quando un’insidia non sia superabile con l’ordinaria diligenza e prudenza , ovvero suscettibile di essere prevista e superata con l’adozione delle normali cautele da parte del danneggiato.
Sul punto appare opportuno richiamare la sent. n. 454/12 della Corte di Appello di Trieste che ha escluso la responsabilità del condominio per i danni subiti da una signora scivolata sulle scale condominiali .
Nel caso sottoposto alla Corte di Trieste si discuteva della responsabilità del condominio per le lesioni subite da una signora che assumeva essere caduta mentre scendeva le scale condominiali bagnate e prive di illuminazione anche di emergenza. La Corte , confermando la decisione di merito, ha precisato che la responsabilità da cose in custodia ex art.2051 c.c. sussiste qualora ricorrano due presupposti: un’alterazione della cosa che, per le sue intrinseche caratteristiche, determina la configurazione nel caso concreto della cosiddetta insidia e trabocchetto e la imprevedibilità e l’invisibilità di tale “alterazione” per il soggetto che, in conseguenza di questa situazione di pericolo , subisce un danno ( Cass. 11592/10). In considerazione di ciò la Corte escludeva che nel caso di specie sottopostale si potesse discorrersi di responsabilità a norma dell’art. 2051 c.c. in quanto l’eventuale alterazione della cosa ( la mancanza di illuminazione) era pienamente percepibile dall’attrice e tale da porre in allarme ed attenzione la stessa. La stessa Curia affermava che la scelta dell’attrice di scendere le scale, nonostante la mancanza di illuminazione, doveva essere ricondotta ad un’iniziativa consapevole e volontaria della stessa, nonostante la presenza di un ascensore all’altezza del piano ove la stessa si era recata.
Conforme a tale orientamento è la più risalente decisione della Cassazione del 13.05.2010 n. 11592 che ha escluso il risarcimento del danno subito da un’inquilina di un edificio a seguito di una caduta causata da acqua piovana infiltratasi dalla finestra , ritenendo prevedibile l’evento , in quanto si era verificato in condominio e aveva coinvolto un’inquilina ivi abitante da anni e, quindi, a conoscenza di tutte le caratteristiche dell’immobile.
Di segno opposto è la sentenza della Cass. Sez VI n. 5977/12 che ha escluso il risarcimento dei danni che asseriva aver subito una signora anziana a seguito di una caduta causata da una grata sporgente dal livello stradale. In detta sentenza la Suprema Corte ha ribadito che la responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia ex art 2051 c.c. individua una ipotesi di responsabilità oggettiva essendo sufficiente per l’applicazione della stessa del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo. Pertanto, non assume rilievo in sé la violazione dell’obbligo di custodia della cosa da parte del custode che è esclusa solo dal caso fortuito , fattore questo che non attiene al comportamento del responsabile , ma al profilo causale dell’evento riconducibile non alla cosa immediata , ma ad un elemento esterno. Conseguenza di ciò è l’inversione dell’onere della prova in ordine al nesso causale , incombendo comunque sull’attore la prova del nesso causale tra la cosa e l’evento lesivo e sul convenuto la prova del caso fortuito. Nel caso di specie la Cassazione confermava la decisione di merito in quanto parte attrice non provava il nesso eziologico tra la grata e la caduta.
Coerente con detto orientamento è la più recente decisione della Cass. III Sez. n. 4277/14 che si è pronunciata sul caso di un soggetto caduto accidentalmente in un condominio a causa della cera sul pavimento. Con detta sentenza la Corte ha confermato la natura oggettiva della responsabilità da cose in custodia precisando che la stessa non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra le cose in custodia ed il danno,ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione,potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa. Principio questo enunciato ai sensi dell’art. 360-bis,n.1 c.p.c..
Infatti, secondo l’orientamento prevalente non un qualsiasi uso improprio o anomalo della cosa in custodia rispetto alla sua destinazione funzionale configura il caso fortuito,perché se invece la condotta concorrente del terzo nella causazione dell’evento non è assolutamente imprevedibile ex ante, persiste il nesso di causalità tra la cosa e la sua funzione (Cass. 2563/07), salva la limitazione del risarcimento del danno per gli effetti dell’art. 1227 c.c. demandato al giudice del merito (Cass. 11227/08.). Quindi, poiché la funzione dell’art. 2051 c.c. è quella di imputare la responsabilità di chi si trova nelle condizioni controllare i rischi ad essa inerenti, il dovere del custode di segnalare il pericolo connesso all’uso improprio, da parte del terzo e/o del danneggiato, della cosa si arresta soltanto nel caso in cui la pericolosità dell’utilizzazione di essa sia talmente evidente ed immediatamente apprezzabile e tale da renderla totalmente imprevedibile, evitabile e tale da essere un fattore causale esterno.