[A cura di: Germana Granirei – segr. naz. ANAIP (www.anaip.it)]
Esaminiamo, di seguito, le diverse tipologie di regolamento condominiale.
Di solito, l’originario proprietario del bene, molto spesso il costruttore, fa sottoscrivere ed accettare a tutti i condòmini, in presenza di un notaio, un regolamento di condominio che fa parte integrante degli atti di acquisto e che, il più delle volte, viene depositato nel pubblico registro immobiliare, perché sia opponibile ai terzi in qualsiasi momento. Questo tipo di regolamento può fare acquisire diritti e doveri diversi ai singoli condòmini. La parola contratto, sta infatti a significare, accordo unanime fra tutte le parti (nella fattispecie, venditore ed acquirente).
Per modificare questa tipologia di regolamento, è indispensabile il consenso unanime della totalità dei condòmini e, se registrato, anche la presenza di un notaio che provveda alla sostituzione nel pubblico registro immobiliare, sempre perché sia opponibile ai terzi. Non tutti sanno, però, che il regolamento di condominio è di natura contrattuale anche se accettato e sottoscritto da tutti i condòmini, ma non registrato. Naturalmente, esso ha valore solo per coloro i quali lo hanno sottoscritto e non per gli aventi causa se questi, a propria volta, non esprimono il loro assenso, non essendo, questo tipo di regolamento, opponibile.
Il legislatore, con l’art. 1137, norma inderogabile, del Cod. Civ., ha equiparato le delibere contrarie alla legge a quelle contrarie a quanto disposto dal regolamento di condominio. Quindi, è prevista la stessa procedura per l’impugnazione. Il legislatore, ha dato inoltre ai condòmini, attraverso i tecnici, la facoltà di fornire ad ogni condominio una propria legge, con la possibilità di derogare dalle norme derogabili nello stilare il regolamento che può porre diritti e doveri anche solo ad alcuni condòmini o a singole unità immobiliari, con regole diverse in base ai titoli di proprietà.
I tecnici, preposti a stilare i regolamenti, molto spesso però riprendono in toto gli articoli del codice civile non cucendo quel famoso “vestito su misura”. Invece, solo derogando dalle norme derogabili e stilando più specifiche tabelle millesimali per la ripartizione delle spese potrebbero dotare il condominio di un regolamento perfetto.
Ci troviamo, sempre più spesso, a leggere, per esempio, che la spesa del lastrico solare di uso esclusivo (non si sa di chi) va ripartita per 1/3 a carico del condomino che ne ha l’uso e per i restanti 2/3 per i condòmini sottostanti in base ad i loro millesimi di proprietà. Il fabbricato ha però un tetto a falde e non un lastrico solare.
A volte, invece, si leggono regolamenti che vanno a variare norme inderogabili del codice, come quella in cui, ad esempio, il costruttore di un edificio in condominio ha fatto sottoscrivere a tutti i condòmini, unitamente agli atti di acquisto, un regolamento di condominio nel quale è precisato che sarà un suo incaricato a gestire il condominio per i primi 3 anni. Questa clausola del regolamento è nulla, in quanto contraria all’art. 1129, norma inderogabile del Cod. Civ. che legittima solo l’assemblea o l’autorità giudiziaria alla nomina dell’amministratore, che dura in carica un anno e si intende rinnovato per egual periodo e non per 2 anni. La norma è riportata nell’elenco delle norme inderogabili citate nel penultimo comma dell’art. 1138 del Cod. Civ.
É indispensabile pertanto, leggere bene il regolamento di condominio e confrontare che le clausole in esso riportate non siano vessatorie, perché contrarie alle norme inderogabili del Cod. Civ. In questi casi il regolamento va disatteso in quanto prevale la norma.
Uno dei più importanti articoli del Cod. Civ., che disciplina la materia condominiale, è l’art. 1138 che recita al primo comma: “Quando in un edificio il numero dei condòmini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione”. Con questo articolo il legislatore ha voluto dare, a tutti i condòmini, una indicazione ben precisa: l’obbligatorietà di un regolamento di condominio, sia esso di natura contrattuale o assembleare, quando i condòmini raggiungono il numero minimo di undici.
Il regolamento di natura assembleare può solo disciplinare l’uso delle cose comuni, secondo i diritti e gli obblighi spettanti ai condòmini stessi, e precisamente può disciplinare solo le modalità di ripartizione delle spese, l’amministrazione della cosa comune e le norme che regolano il decoro architettonico dell’immobile. Nient’altro. Quindi, a differenza di quello contrattuale, non può porre pesi o dare diritti solo ad alcuni condòmini o ad alcune unità immobiliari.
Nel secondo comma, l’articolo prevede che ciascun condomino possa prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento o per il rifacimento di quello già esistente. Per fare ciò, anche un solo condomino può chiedere all’amministratore di porre all’ordine del giorno dell’assemblea la stesura di un regolamento di condominio e magari anche delle tabelle millesimali, dando mandato ad un tecnico e determinando anche la parcella da liquidare allo stesso.
È precisato, inoltre, (nel terzo comma) che il regolamento deve essere approvato con il secondo comma dell’art. 1136 del Cod. Civ. che prevede, sia in prima e sia in seconda convocazione, sempre la maggioranza degli intervenuti e la metà del valore dell’edificio. (esempio: in un condominio di 30 condòmini, il regolamento di condominio può essere approvato in prima convocazione con un numero di condòmini che oscilla da un minimo di 9 ad un massimo di 30 e 500 millesimi; in seconda convocazione, essendo l’assemblea costituita con 1/3 dei condòmini ed 1/3 dei millesimi, si può approvare il regolamento solo se sono presenti più di 500 millesimi ed il numero delle teste oscilla da 6 a 30). Si evidenzia che un regolamento di natura assembleare, anche se approvato dalla totalità dei condòmini, può essere poi modificato con le maggioranze di cui sopra.
Infine nell’articolo si sancisce che: “Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare dalle disposizioni degli articoli 1118 secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.”
Nell’art. 1138 del Cod. Civ., e nell’art. 72 delle Disp. di Att., il legislatore ha elencate le norme inderogabili che disciplinano la materia condominiale. Se su alcuni regolamenti dovesse essere disattesa una qualsiasi di tali norme, la clausola in essa contenuta è nulla perché andrebbe a variare una norma inderogabile che, come dice il termine stesso, non può in alcun modo essere variata. (Esempio: il tecnico ha previsto, nella stesura del regolamento di natura assembleare, che l’avviso di convocazione dell’assemblea pervenga ai condòmini almeno 10 giorni prima dell’adunanza di prima convocazione e magari, anche con modalità diverse di spedizione da quelle indicate nell’art. 66 delle Disp. di Att. del Cod. Civ., norma inderogabile, che prevede che la convocazione pervenga agli interessati almeno 5 giorni prima).
L’art. 1130 “Attribuzioni dell’amministratore”, al punto 2) del suo unico comma, attribuisce all’amministratore il diritto di “disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi, nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condòmini”. Da quest’articolo scaturisce, dunque, il potere dell’amministratore, di regolamentare sia l’utilizzo delle cose comuni, sia la fruizione dei servizi, ma solo per garantire agli stessi condòmini, un miglior godimento del bene comune.
È indispensabile che l’amministratore comunichi ai condòmini, con data certa, la stesura del suo regolamento, per dare agli stessi, la possibilità d’impugnarlo. L’amministratore non ha bisogno di sottoporre all’approvazione dell’assemblea, il suo regolamento, perché, come recita l’art. 1133 del Cod. Civ.: “I provvedimenti presi dall’amministratore nell’ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i condòmini. Contro i provvedimenti dell’amministratore è ammesso ricorso all’assemblea, senza pregiudizio del ricorso all’autorità giudiziaria nei casi e nei termini previsti dall’art. 1137”.
Ebbene, quali sono i poteri dell’amministratore se non le sue attribuzioni? In questo articolo il legislatore ha celato un altro articolo del Cod. Civ.: il 66 delle disposizioni di attuazione, che permette ad almeno 2 condòmini che rappresentano un sesto del valore dell’edificio di richiedere all’amministratore la convocazione di un’assemblea che porti in discussione, nel suo ordine del giorno: “il regolamento emanato dall’amministratore” e fatto pervenire ai condomini. Si rammenta che l’art. 66 delle Disp. Att. Cod. Civ. è una norma inderogabile, pertanto non può in alcun modo, essere variata.
Se l’amministratore non dovesse convocare l’assemblea richiesta, i suddetti condòmini possono sostituirsi a lui per la convocazione. Qualora, la maggioranza dei condòmini che rappresenta la metà del valore dell’edificio, dovesse ratificare il regolamento emanato dall’amministratore, il o i condòmini che hanno richiesto la convocazione, possono rivolgersi all’autorità giudiziaria nei modi e nei termini previsti dall’art. 1137 del Cod. Civ. per impugnare la delibera assunta in assemblea e quindi il regolamento.
Concludendo, in uno stesso condominio possono sussistere sia il regolamento di natura contrattuale, sia quello assembleare e sia quello emanato dall’amministratore con la gerarchia elencata. È indispensabile, però, che i regolamenti non vadano a sovrapporsi l’uno all’altro, ma che disciplinino, sempre, materie diverse o ciò che non è stato già regolamentato in quello gerarchicamente più importante. (Esempio: il regolamento di natura contrattuale prevede che tutti i condòmini possano usufruire del campo da tennis; quello assembleare che il campo da tennis è aperto dalle ore 9,00 alle ore 13,00 e dalle ore 17,00 alle ore 21,00; quello emanato dall’amministratore prevede che i bambini fino a 13 anni possano usare il campo da tennis solo se accompagnati da un adulto).
Auspico che queste mie considerazioni vi facciano riflettere ed inducano tutti non dico a studiare ma, almeno, a leggere il proprio regolamento di condominio.