[A cura di: Giuseppe Bica – presidente nazionale Anammi] Dare centralità al ruolo delle associazioni. È questa l’ipotesi che abbiamo presentato al sottosegretario alla Giustizia, on. Jacopo Morrone, in occasione dei recenti scambi di idee sul Registro degli amministratori di condominio, e che intendiamo portare avanti nella discussione sul tema.
Lo abbiamo detto più volte: la nostra categoria ha bisogno di una seria valorizzazione. L’impegno della nostra associazione, in questi trent’anni di lavoro nel settore, si è concentrato sulla definizione di un nuovo tipo di amministratore, competente e credibile. Ed è su questo principio che si basa anche la nostra posizione sul Registro.
Siamo da sempre contrari all’albo professionale, non soltanto perché Antitrust e giurisprudenza ce lo confermano, ma perché riteniamo che la nostra professione abbia bisogno di ben altro. Per l’Anammi qualsiasi decisione non può prescindere dal ruolo delle associazioni, che hanno lavorato per professionalizzare e rafforzare la figura del professionista. In altre parole, se Registro deve essere, occorre che, a certificare i requisiti professionali degli amministratori, siano quelle stesse associazioni che lavorano seriamente sulla formazione e sull’aggiornamento dei professionisti. In pratica, chi rappresenta la categoria è in grado di giudicare chi ne fa parte.
In altre parole, al Registro ci si potrà iscrivere, ma passando per le associazioni, che dovranno attestare se l’amministratore ha le carte in regola per lavorare. In pratica, si attribuirebbe una veste “istituzionale” a quell’attestazione dei requisiti del professionista che realtà come l’Anammi svolgono quotidianamente, provvedendo alla formazione di base e all’aggiornamento periodico.
È noto, infatti, quanto pesano sulla categoria le carenze, mai colmate, della precedente Legge 220 del 2012 e del DM 140 del 2013 che, dettando regole poco chiare sugli enti formatori degli amministratori condominiali, consentono sul web lo smercio di falsi attestati di formazione periodica, a danno degli operatori onesti. Un Registro, da solo, non può risolvere questo problema, limitandosi a creare una sorta di “anagrafe” degli operatori del settore. In questo modo, riusciremo a tutelare seriamente gli iscritti alle associazioni, che si sono sottoposti ad un percorso di “legittimazione” professionale attraverso la formazione di base e l’aggiornamento periodico, come imposto dalla riforma del condominio e dal DM 140.
Insomma, le associazioni di categoria diventerebbero, in maniera ufficiale, i “controllori” della professionalità nella categoria. Questo nostro coinvolgimento ci consentirebbe di porre un freno alla concorrenza sleale di chi ottiene attestati “tarocchi” grazie a finti corsi sul web, venduti da associazioni altrettanto finte. Siamo quindi disponibili a collaborare e dialogare con il Ministero della Giustizia, ma a condizione di introdurre ufficialmente il ruolo delle associazioni come enti di attestazione dei requisiti professionali.