[A cura di: Maurizio Zichella – membro Acap e vice presidente nazionale ARCO, Associazione revisori contabili condominiali]
La domanda che viene fatta da molti amministratori se riportare i saldi delle gestioni precedenti nel rendiconto di gestione, scaturisce da alcune sentenze che sono state pubblicate sulla stampa specializzata in materia condominiale. In particolare si cita la sentenza della Cassazione n. 8521/2017, dove il condomino contestava il pagamento di una quota del suo saldo passivo che si riferiva al 2004 ed inserito nel rendiconto approvato nell’anno 2008.
Ma anche Cassazione n. 4489/2014, nella quale si scrive che “i saldi contabili delle gestioni condominialistiche precedenti vanno riferiti al momento dell’approvazione del rendiconto, il cui termine prescrizionale di 5 anni decorre dal giorno in cui viene approvato il bilancio. Quanto ai piani di riparto, nonostante essi vengono riportati anche nei rendiconti successivi sino al soddisfacimento, è da escludersi che delibere successive riguardanti i crediti del condominio, per successivi periodi di gestione e diversi titoli di spesa possono costituire un nuovo fatto costitutivo del credito”.
A parere di chi scrive le letture di queste sentenze vanno contestualizzate e non ci deve far perdere di vista il significato del rendiconto contabile e la correttezza della sua redazione. In particolare, si vuole sottolineare che occorre fare una distinzione fra quello che è l’aspetto tecnico e quello che è l’aspetto giuridico.
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, che più interessa l’attività dell’amministratore di condominio, redigere il rendiconto di gestione significa applicare alcuni principi contabili che, anche se non codificati ed espressamente previsti dal codice, non impediscono all’amministratore di utilizzarli nella tenuta della contabilità condominiale. Ci riferiamo in particolare al principio della continuità e della congruità. Il rendiconto condominiale riferito ad un anno di gestione non può prescindere dai saldi della gestione precedente per consentire all’amministratore di predisporre un documento contabile allineato e quindi effettuare quella serie di operazioni contabili che consentono di collegare un nuovo esercizio finanziario alle annualità precedenti, contestualizzando il tutto in un unicum contabile privo di soluzioni di continuità, adeguando anche (e necessariamente) lo stato patrimoniale.
In sostanza, si tratta di “riallacciare” la contabilità riguardante la propria gestione a quella relativa al passato, in modo da riprendere tutte le posizioni precedenti e riporle in continuità. Predisporre documenti contabili non allineati farebbe venir meno i principi della chiarezza, della rappresentazione veritiera e corretta della gestione contabile del condominio, che vengono più volte citati dalla stessa Corte di Cassazione nelle motivazione delle sentenze che hanno come oggetto il rendiconto condominiale.
Anche se la stessa Corte ha più volte sottolineato che l’amministratore non è tenuto ha rispettare le rigide regole della contabilità tipica aziendale, ciò non significa autorizzarlo a predisporre un documento contabile che non rispetti le pur minime regole contabili che devono rappresentare i fatti di gestione tipici della realtà condominiale.
Per rispondere alla domanda posta all’inizio dell’articolo, la risposta da dare, a parere di chi scrive, è che occorre tenere ben distinti l’aspetto tecnico contabile da quello giuridico. Da un punto di vista tecnico-contabile i saldi delle gestioni precedenti vanno riportati nei rendiconti successivi, per le motivazioni prima menzionate; per quanto riguarda, invece, l’aspetto giuridico, questo sarà via via valutato nelle controversie che si andranno a formare.