[A cura di: ing. Deborah De Angelis – Cristoforetti Servizi Energia S.p.A.] Al termine della stagione termica, felici per l’approssimarsi del bel tempo, non dobbiamo dimenticare che una corretta messa a riposo degli impianti potrà garantire una ripartenza senza intoppi ma soprattutto in sicurezza. Ma cosa si intende con la locuzione “Messa a Riposo”? Se proviamo a ricercarla all’interno di prestigiosi vocabolari, scopriamo che non troviamo una definizione tecnica di “messa a riposo”, quanto piuttosto un generico riferimento ad un “non funzionamento”.
Possiamo però affermare tranquillamente che, tradizionalmente, con questo termine si intendono tutte quelle operazioni necessarie a garantire una corretta ripartenza dell’impianto all’inizio della successiva stagione termica.
La norma di riferimento per le operazioni da svolgere è la UNI 8364:2007 parte 3 – Controllo e Manutenzione. Si applica a centrali alimentate a combustibile con potenza >35 kW. Andremo ora ad evidenziare quelle che sono le operazioni consigliate dalla norma a fine stagione riscaldamento, integrate con quelle suggerite dalla buona tecnica.
Le operazioni da svolgere si dividono in tre categorie: operazioni di disattivazione, controllo e pulizia. La prima ha lo scopo di mettere in sicurezza l’impianto. La seconda di evidenziare guasti, difetti, corrosioni o comunque anomalie di stato. La terza, infine, mira a ricondurre i componenti dell’impianto ad uno stato di perfetta efficienza.
Menzione a parte meritano gli scambiatori di calore. Negli ultimi anni le installazioni di tali apparecchi hanno registrato un vistoso aumento. Infatti, vengono usualmente previsti a protezione delle caldaie a condensazione. Tuttavia, bisogna ricordare che le fanghiglie che non intaseranno la caldaia finiranno comunque per sporcare le piastre dello scambiatore, le incrostazioni sulle superfici metalliche diminuiranno lo scambio termico e potremo rendercene conto perché vedremo un aumento della differenza tra la temperatura di ingresso del primario e quella di uscita del secondario. In queste condizioni, il nostro sistema risulta decisamente meno efficiente: 1 mm di calcare depositato diminuisce l’efficienza di scambio e aumenta i consumi energetici del 10%.
La manutenzione degli scambiatori è quindi opportuna e va sicuramente programmata nel periodo estivo per evitare sospensioni prolungate di servizio durante la stagione termica. La frequenza dipenderà dalla qualità dell’acqua tecnica e dal numero di scarichi di impianto effettuati. La norma consiglia di ripetere le operazioni – mediamente – ogni 6 anni.
Le modalità di pulizia dipenderanno dal tipo di scambiatore installato.
Lo scambiatore a piastre è formato da una serie di piastre corrugate dello spessore di circa 0,5-3 mm, separate l’una dall’altra ad una distanza di circa 1,5-5 mm per mezzo di una guarnizione in gomma o in altro materiale, che assicura la tenuta idraulica verso l’esterno e intorno ai fori di passaggio.
La pulizia avviene mediante lo smontaggio dell’apparecchio, così da mettere a nudo i circuiti primario e secondario e provvedere alla disincrostazione e alla eliminazione di eventuali fanghiglie.
Lo scambiatore saldobrasato è uno scambiatore di calore a piastre nel quale le piastre sono saldate tra loro. Il coefficiente di sporcamente (fouling) di questi scambiatori è contenuto, in quanto la velocità e la turbolenza dei fluidi all’interno delle piastre contribuisce a mantenerne pulite le superfici di scambio. Tuttavia, l’uso all’interno di impianti vecchi e con acqua tecnica particolarmente sporca, ci costringe ad un lavaggio periodico per garantirne la funzionalità.
In questo caso non è possibile smontare l’apparecchio e la pulizia dovrà necessariamente avvenire mediante lavaggio chimico in controcorrente.
Durante il periodo estivo può capitare di dover scaricare l’impianto di riscaldamento. Come recita la UNI 8364-3 al capitolo 5.9.5: “l’impianto non deve mai essere scaricato se non per motivi importanti, quali riparazioni e modifiche, e, in tal caso, se possibile, si deve scaricare soltanto la parte interessata. L’impianto deve comunque essere riempito il più presto possibile.”.
Quello che si deduce dalle indicazioni della norma è che lo scarico non deve diventare una abitudine ma restare una eccezionalità. E questo per due motivi: l’introduzione di aria nell’impianto fa sì che vengano accelerati i processi di ossidazione delle tubazioni, con conseguente aumento del degrado dell’impianto e della qualità dell’acqua in circolo. In secondo luogo, le operazioni di ricarico – se non perfettamente eseguite – potranno generare discomfort all’interno degli alloggi e decadimento funzionale nell’impianto.
Cosa succede se l’impianto non è ben disareato?
La corretta Disareazione di un impianto a vaso chiuso