[A cura di: Andrea Tolomelli – pres. naz Abi Conf, Amministratori beni immobili Confcommercio] La materia della ripartizione ed imputazione delle spese condominiali ai singoli condòmini, come noto, è disciplinata dagli articoli 1123, 1124, 1125 e 1126 c.c..
Nell’ambito dell’articolo 1123 c.c., norma generale e rispetto alla quale gli articoli successivi rappresentano delle specialità, si rinvengono quelli che possiamo definire come i criteri legali d’imputazione delle spese. Ovverosia:
Tra l’altro, il criterio di proporzionalità è sancito nell’ambito dell’articolo 1118 c.c. che ribadisce come il diritto dei singoli condòmini sulle cose comuni è proporzionale al valore delle rispettive unità immobiliari. Di qui, una stretta colleganza tra quota di comproprietà, bene comune e dovere di mantenimento della stessa, nell’ambito di una comunione obbligata, quale è il condominio, che fa classificare le spese condominiali quali obbligazioni propter rem, nelle quali il nesso tra l’obbligo e la res non può essere modificato dall’interferenza di elementi soggettivi, restando per conseguenza tali spese sempre dovute in proporzione alla quota che esprime la misura di proprietà del bene comune che abbisogna di manutenzioni.
L’articolo 1138 c.c. riconosce la facoltà all’assemblea dei condòmini di prevedere (in regolamento e/o delibera) delle casistiche di applicazione concreta dei criteri di riparto delle spese legali, decidendo a maggioranza dei condòmini che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio (ex art. 1136 c.c., ammettendosi però la deroga solo per convenzione unanime espressa da tutti i condòmini. Così, in giurisprudenza, la delibera che vada a modificare i criteri legali di ripartizione delle spese è ritenuta radicalmente nulla; vedasi in tal senso la Cassazione civile, sez. II, 23/03/2016, n. 5814 a mente della quale: “Le attribuzioni dell’assemblea condominiale, previste dall’art. 1135 c.c., sono circoscritte alla verifica e all’applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge, e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri legali di riparto delle spese, con la conseguenza che deve ritenersi nulla e non meramente annullabile, anche se assunta all’unanimità, la delibera che modifichi il criterio legale di ripartizione delle spese di riparazione del lastrico solare stabilito dall’art. 1126 c.c., senza che i conòomini abbiano manifestato l’espressa volontà di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti in tal senso. La predetta nullità può essere fatta valere, a norma dell’art. 1421 c.c., anche dal condomino che abbia partecipato all’assemblea esprimendo voto conforme alla deliberazione stessa, purché alleghi e dimostri di avervi interesse, giacché non opera nel campo del diritto sostanziale la regola propria della materia processuale secondo cui chi ha concorso a dare causa alla nullità non può farla valere”.
Si veda anche la Cassazione civile, sez. II, 04/08/2017, n. 19651: “È imposta a pena di nullità l’approvazione di tutti i condòmini per le delibere dell’assemblea di condominio con le quali siano stabiliti i criteri di ripartizione delle spese in deroga a quelli dettati dall’articolo 1123 del Cc, oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza in un regolamento contrattuale“.
Spesso, nei condomini sorge il problema della ripartizione tra i condòmini delle spese necessarie per l’adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi. Trattasi di casi di non facile ed univoca soluzione, in quanto vanno analizzate le varie voci di spesa e di conseguenza ripartite tra i condòmini. La problematica maggiore è che la valutazione della prevenzione incendi prende in considerazione il fabbricato nel suo complesso indipendentemente da quelle che sono le suddivisioni materiali tra proprietà esclusive e comuni nell’ambito del medesimo. Così, potrà accadere che occorre eseguire delle opere nell’ambito di proprietà esclusive per realizzare la finalità di prevenzione incendi dell’intero complesso e dunque si pone il problema sul come attribuire queste spese che avvengono in proprietà private o su beni tipicamente privati ma con beneficio della collettività dei condòmini. Si pensi ad esempio alla necessità di sostituire o modificare porte o infissi di autorimesse private per garantire l’aerazione del fabbricato.
Si pone così, in maniera ricorrente il dubbio se nell’attribuire le spese occorra riferirsi al bene in quanto tale oppure alla “fonte” che ha determinato la necessità dell’intervento. Ciò spesso accade per tutti quei casi ove ci siano beni di comproprietà di diversi gruppi di condòmini come proprietari delle autorimesse, appartamenti serviti dal riscaldamento centralizzato ed altri no, proprietari di magazzini e altri immobili che richiedono accorgimenti particolari per la prevenzione incendi e altrettanto diverse tabelle di ripartizione delle spese. È così palese la mancanza di norme specifiche per la ripartizione di tali spese non potendosi far altro che applicare e combinare i criteri generali di cui all’articolo 1123 c.c..
Ad avviso dello scrivente, per una corretta suddivisione delle spese per la realizzazione di progetti antincendio ci si deve necessariamente rifare anche alla fonte da cui nasce la necessità delle stesse indipendentemente dal dove queste devono essere eseguite.
Così, se alcune opere avvengono per adeguare alle norme di prevenzione incendi la sola autorimessa dovranno corrispondere le spese i soli proprietari della medesima esclusi quei condòini che non ne sono comproprietari.
Non esistono, dunque, soluzioni univoche in considerazione delle diverse tipologie di fabbricati, opere necessarie ed eventuali disposizioni contenute nei regolamenti di condominio. Sarà compito dell’asemblea dei condòini, consigliata dall’aministratore, determinare l’effettiva suddivisione delle spese nel rispetto dei principi di cui all’articolo 1123 c.c.. A tal fine potrà essere utile la conoscenza della poca giurisprudenza pubblicata in materia ed in particolare:
Il Tribunale ha osservato come, nel caso sottopostogli, norme per la prevenzione incendi sono entrate in vigore vari anni dopo la costruzione del fabbricato dunque la necessità di adeguamento delle strutture portanti alla normativa antincendio è stata determinata dalla successiva entrata in vigore delle suddette norme che hanno imposto: da un lato, di proteggere le parti strutturali, di cui all’art. 1117 n. 1 c.c. (muri maestri, pilastri, travi portanti), appartenenti a tutti i condòmini, per renderle idonee alla resistenza al fuoco mediante le opere di “protezione passiva”; dall’altro, di proteggere le persone che utilizzano i locali adibiti ad autorimessa, mediante le opere di “protezione attiva” delle parti di pertinenza delle stesse (impianti elettrici a norma, impianti di spegnimento antincendio – sprinkler, idranti, estintori, sistemi di ventilazione). Dunque, in considerazione delle differenti opere imposte dalla normativa antincendio, riguardanti rispettivamente le parti strutturali comuni (opere di protezione passiva) e le autorimesse di proprietà esclusiva (opere di protezione attiva) l’assemblea ha, in applicazione dell’art. 1123 comma 1° e 3° c.c., correttamente attribuito le spese per le opere relative alla protezione passiva delle parti strutturali comuni a tutti i condòmini in base alle tabelle millesimali, e le spese per la protezione attiva delle parti di pertinenza delle autorimesse solo ai proprietari delle stesse. In alcun modo può essere richiamato il disposto dell’art. 1123 comma 2 c.c., a sostegno della pretesa nullità della delibera, in quanto, ad avviso del Tribunale, le spese di conservazione delle parti strutturali dell’edificio comuni per legge, appartenenti in comproprietà a tutti i condòmini, devono essere addebitate a ciascun condomino in misura proporzionale al valore della proprietà, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 1117 comma 1 n. 1 c.c. e 1123 comma 1 c.c. I proprietari delle autorimesse, come i proprietari degli appartamenti, sono comproprietari pro quota delle parti comuni per legge e per destinazione.
Come sancito dall’ultimo comma dell’articolo 1118 c.c., il singolo condomino ha diritto di distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento, purché dall’operazione non ne derivi uno squilibrio di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini. In tal caso, il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
Di qui la più recente giurisprudenza in materia ha affermato da un lato la legittimità della delibera con la quale il condominio addebiti le spese di manutenzione straordinaria e di messa a norma dell’impianto anche al condomino distaccatosi (Cassazione civile, sez. II, 22/11/2016 n. 23756) e dall’altro la nullità della clausola che pone a carico del condomino distaccatosi spese di gestione dell’impianto (Cassazione civile, sez. II, 12/05/2017, n. 11970).