Si fa spesso un gran parlare dei benefici apportati sia al patrimonio edilizio, sia – per esteso – all’intera economia nazionale, dall’efficientamento energetico degli immobili residenziali, per primi, ovviamente, quelli di ambito condominiale.
Non a caso, il rinnovo delle detrazioni fiscali – appena confermate, nelle proporzioni già in essere, dalla Legge di Bilancio – è sempre un tema particolarmente dibattuto, dagli operatori di settore come dalle rappresentanze dell’amministrazione condominiale e della proprietà edilizia, nonché dal mondo politico.
Ma in effetti, a far data dalla loro introduzione, quale peso hanno avuto, i bonus fiscali, nello stimolare gli investimenti nel comparto delle ristrutturazioni immobiliari? È quanto ha indagato a 360 gradi il report dal titolo “Il recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio: una stima dell’impatto delle misure di incentivazione”, realizzato dal servizio studi della Camera dei Deputati (Dipartimenti Ambiente e Finanze) e dal Cresme e diffuso le scorse settimane.
Riportiamo, di seguito, proprio un estratto della sezione curata dal Cresme.
[A cura di: CRESME] Nel 2017 il valore della produzione nel mercato delle costruzioni è rappresentato per il 74% da interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio edilizio e delle infrastrutture esistenti. Si tratta di 123,7 miliardi di euro su un totale di 167,1. La manutenzione straordinaria registra un valore della produzione di 87,3 miliardi di euro, dei quali 50,4 miliardi sono relativi all’edilizia residenziale. Sulla base di questi dati si può sostenere che oggi il mercato delle costruzioni italiano è costituito principalmente da interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio esistente.
I lavori di recupero edilizio e di riqualificazione energetica attivati con gli incentivi fiscali nel 2017 sono stati pari a 28,1 miliardi di euro, il 55,7% del valore della produzione degli interventi di manutenzione straordinaria del comparto residenziale e il 28% di tutti gli investimenti in manutenzione straordinaria, compresi quelli delle infrastrutture a rete.
Il settore delle costruzioni ha vissuto negli ultimi dieci anni la più grave crisi della sua storia. Tra il 2007 e il 2017 il valore della produzione del settore è diminuito nel complesso di 11,9 punti percentuali (la crisi è stata particolarmente pesante dal 2007 al 2014, mentre a partire dal 2015 è iniziata una lenta inversione di tendenza che nel 2017 ha portato in terreno positivo sia le nuove costruzioni sia l’attività di recupero); ma mentre le nuove costruzioni hanno registrato una drammatica contrazione del 51,3%, l’attività di rinnovo del patrimonio edilizio è cresciuta del 12,4%. Se prendiamo in esame le abitazioni, le nuove costruzioni hanno registrato una pesantissima caduta degli investimenti del 64,4%, mentre gli interventi di manutenzione straordinaria sul patrimonio esistente sono cresciuti del 25,9%.
La crescita dell’attività di riqualificazione del patrimonio esistente negli anni di crisi è dovuta a diversi fattori: l’obsolescenza di materiali, sistemi e componenti delle abitazioni e degli edifici che con il passare del tempo si manifesta con maggiore intensità e rende necessario intervenire per mantenere gli standard funzionali; l’evolvere di norme, di tecnologie e di modelli abitativi che producono una spinta qualitativa a interventi di riqualificazione per migliorare la condizione esistente; il fatto che in periodi di crisi la spinta al miglioramento delle condizioni abitative avviene meno con il ricorso alla nuova costruzione e più intervenendo sull’abitazione esistente (invece di acquistare una nuova abitazione si ristruttura quella esistente); il fatto che il mercato immobiliare vede oggi la prevalenza di compravendite di abitazioni usate, condizione che nel passaggio di proprietà alimenta gli interventi di ristrutturazione (non è così con una nuova costruzione).
Ma certo una componente importante per la crescita degli investimenti in recupero, riqualificazione, ristrutturazione, efficientamento energetico del patrimonio esistente, è rappresentata dagli incentivi fiscali attivati in questi anni, in particolare da quelli attivati con una maggiorazione delle aliquote a partire dal 2013. Come vedremo più avanti questi interventi hanno svolto un’azione anticiclica, anche se non risolutiva, rispetto alla forte crisi che ha interessato il mercato delle nuove costruzioni.
Entrando con maggior dettaglio nell’analisi dei dati relativi all’edilizia residenziale, settore che più di altri è stato oggetto degli interventi di rinnovo, possiamo notare – dal 1982 al 2017 – il ruolo anticiclico rispetto alla crisi dell’attività di manutenzione straordinaria dell’esistente. In particolare, l’attività di rinnovo in una prima fase – che va dal 1982 al 1997 – è stata caratterizzata da una crescita continua, frutto di una domanda che potremmo definire di base, legata al ciclo di obsolescenza del patrimonio edilizio e condizionata dalle epoche di costruzione di questo patrimonio (le onde della nuova costruzione con il passare del tempo diventano mercato del rinnovo e questo avviene considerando le epoche di costruzione del patrimonio edilizio italiano e i cicli di vita dei componenti del prodotto edilizio); dal 1998 al 2000 si assiste a una forte impennata della crescita dovuta in buona parte all’avvio di una politica di incentivazione dei lavori di riqualificazione.
Tra 2000 e 2012 il valore della produzione dell’attività di recupero si stabilizza (mentre si assiste sino al 2007 a una fortissima crescita della produzione di nuove abitazioni, che a partire dal 2008 iniziano una ripida fase recessiva che si prolunga sino al 2015); dal 2013 al 2017 si assiste a un potenziamento delle aliquote di incentivo fiscale, e di conseguenza si registra una nuova accelerazione nella spesa per riqualificazione, mentre la nuova produzione di edilizia residenziale vive la sua più grande crisi dal secondo dopoguerra.
La crescita dell’attività di rinnovo del patrimonio esistente interessa anche l’attività di riqualificazione energetica e grazie alle misure di incentivazione è documentata nei rapporti annuali di ENEA. I dati dell’ultimo rapporto 2018, integrati con quelli dei precedenti rapporti, indicano che dall’avvio degli incentivi nel 2007 sono state trasmesse, sino al 2017, ben 3,7 milioni di richieste di detrazione fiscale per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, di cui circa 422.000 nel solo 2017
Secondo le proiezioni del CRESME elaborate sulla base dei dati disponibili per i primi 8 mesi dell’anno, nel 2018 gli incentivi fiscali per il rinnovo del patrimonio edilizio attiveranno quasi 28,6 miliardi di euro di investimenti. Si tratta del valore più alto della serie storica avviata dal 1998. Da allora 17,8 milioni di contribuenti, per quasi 293 miliardi di euro di lavori, hanno utilizzato gli incentivi fiscali.
Considerando che in Italia secondo il censimento dell’Istat del 2011 vi sono 31.208.161 abitazioni e considerando che le abitazioni sono il principale oggetto degli interventi di rinnovo, si può affermare che nei venti anni che vanno dal 1998 al 2018, il 57,2% delle abitazioni potrebbe aver beneficiato di un incentivo fiscale (si tratta di una stima ipotetica perché alcune abitazioni potrebbero nell’arco di tempo considerato aver utilizzato più volte gli incentivi). La media annuale ci porta a dire che sono quasi 900.000 ogni anno le richieste di incentivo, ma l’analisi più dettagliata ci mostra come le domande siano state poco più di 240.000 nel 1998, mentre hanno superato il 1.757.000 nel 2018.
Si tratta di valori rilevanti per il settore delle costruzioni e per lo stock immobiliare che sono cresciuti nel tempo: l’incidenza degli investimenti incentivati sul totale degli investimenti in rinnovo nel comparto residenziale passa infatti, dal 13% dei primi anni di attivazione, a oltre il 60% nel 2013 e nel 2014, per assestarsi al 55,7% nel 2017 e nel 2018. L’analisi del quadro degli investimenti attivati evidenzia, come accennato in precedenza, il fatto che l’incremento delle aliquote ha svolto un’azione particolarmente importante sul mercato negli anni della crisi, dato che, a partire dal 2013, con la parziale eccezione del 2015, l’ammontare dei lavori incentivati si è stabilizzato su valori annui di circa 28 miliardi di euro.
Si può sostenere che con l’incremento dell’aliquota degli incentivi dal 36% al 50% per il recupero edilizio, avvenuta nel giugno 20127, e dal 55% al 65% per interventi di efficienza energetica avvenuta nel mese di giugno 2013, si sia avviata una nuova stagione per il sostegno dell’attività di riqualificazione del patrimonio esistente. Peraltro, una nuova importante fase di investimento potrebbe essere in corso di avvio, una fase sulla quale per ora non è ancora possibile disporre di dati, che riguarda le nuove agevolazioni per la riduzione del rischio sismico introdotte nel 2017 e nel 2018. Si tratta di interventi con un livello dimensionale maggiore di quello interessante le sole finiture o i soli impianti o le opere murarie interne, dato che dovrebbe interessare l’intero edificio e la sua struttura portante.
Nel 2017 gli investimenti in recupero edilizio sono stati pari a 24,382 miliardi di euro, frutto di 1.319.147 domande; si tratta di un livello di poco inferiore a quello del 2016, quando gli investimenti sono stati pari a 24,934 miliardi di euro, sulla base di 1.349.546 domande. La proiezione per l’intero anno 2018 dell’attività di rinnovo incentivata fiscalmente porterebbe la stima complessiva degli investimenti a superare i 25 miliardi di euro e le domande a superare la quota di 1.355.000. Il 2018 dovrebbe confermarsi come il secondo anno dal 2013 per dimensione degli investimenti in recupero edilizio.
Dal 2013, anno in cui la revisione delle aliquote ha operato sull’intero anno, si è assistito a un livello delle attività collocato tra i 24 e i 25 miliardi di euro di investimenti, con l’eccezione del 2015 dove il livello di spesa è sceso a 22 miliardi di euro. Si tratta di un vero e proprio salto di scala rispetto ai valori degli anni precedenti.
Per quanto riguarda gli interventi di riqualificazione energetica il 2017 ha registrato 421.991 domande e 3,7 miliardi di euro di investimenti, in crescita del 7,3% rispetto alle 393.357 domande del 2016 e del 12,5% rispetto ai 3,3 miliardi del 2016. La proiezione al 2018 del CRESME porta gli interventi di riqualificazione energetica intorno a 3,5 miliardi di euro con una leggera riduzione rispetto al 2017, anno che ha rappresentato la seconda performance dal 2007, dopo il picco toccato nel 2010.
Secondo l’ENEA, a partire dall’avvio del meccanismo di incentivazione nel 2007, il risparmio energetico cumulato dal 2014 al 2017, generato annualmente dagli interventi di riqualificazione energetica, è pari a oltre 15.000 GWh/anno (1,31 Mtep/anno).
I risparmi ottenuti nel 2017 sono associati a:
La stima relativa al 2018 dei lavori incentivati, è stata effettuata applicando ai mesi da stimare (settembre – dicembre) il tasso medio di variazione 2018/2017 riscontrato nel periodo gennaio -agosto 2018, con riguardo alle ritenute operate sui bonifici bancari disposti attraverso gli Istituti di Credito e Banco Posta per il pagamento degli interventi di recupero edilizio e riqualificazione energetica. Sulla base della metodologia applicata, la variazione del 2018 rispetto al 2017 è stimata pari al +1,7%.
L’aggiornamento dell’analisi dell’andamento della spesa mensile per investimenti dal 2010 al 2018 mostra con chiarezza l’incremento degli investimenti determinato dal passaggio dalle aliquote del 36% al 50%, e dal 55% al 65%, mentre non sono ancora visibili gli effetti dell’introduzione del 65% per le misure di riduzione del rischio sismico e per l’ampliamento all’edilizia residenziale pubblica delle agevolazioni per l’efficienza energetica. L’analisi mostra invece con evidenza la stabilizzazione degli investimenti incentivati: come già accennato in precedenza il livello annuo degli investimenti incentivati dal 2013, con l’unica eccezione del 2015, si attesta nel complesso tra recupero energetico e riqualificazione energetica su 28 miliardi di euro. Si tratta di un valore particolarmente importante.
L’analisi della distribuzione territoriale degli incentivi è condotta non sui bonifici bancari relativi ai pagamenti effettuati, ma mediante l’utilizzo di un’altra fonte informativa: gli importi portati in detrazione dai contribuenti nelle dichiarazioni dei redditi dal 2011 al 2017 riguardanti il periodo d’imposta 2010-2016. L’analisi conferma il maggior ricorso agli incentivi da parte delle regioni del Nord-ovest, dove si concentra il 38% degli importi in detrazione per quanto riguarda il recupero edilizio e il 42% degli interventi finalizzati alla riqualificazione energetica; nel Nord-est si concentra il 28% degli interventi di recupero edilizio, ma ben il 34% degli interventi per la riqualificazione energetica. Emerge in questo quadro il basso ricorso agli incentivi del Sud e delle Isole; infatti sommando le due aree geografiche, solo il 14% degli importi portati in detrazione per gli interventi di recupero edilizio su base nazionale riguarda il Mezzogiorno, mentre per la riqualificazione energetica si scende al 10%. Si ricorda che nel Mezzogiorno risiede il 34,6% delle abitazioni italiane.
Nel biennio 2015-2016 sono stati portati in detrazione per il recupero edilizio poco più di 10 miliardi di euro, dei quali circa 3,8 nel Nord-ovest, 2,7 nel Nord-est, 2 nel Centro, e solo 1,4 nel Mezzogiorno; mentre dei 2,3 miliardi di euro di interventi per la riqualificazione energetica portati in detrazione, poco meno di 1 miliardo è stato portato in detrazione nel Nord-ovest e 756 milioni di euro sono stati portati in detrazione nel Nord-est; sono solo 258 i milioni portati in detrazione nel Mezzogiorno. Va anche detto però che dal biennio 2010-2011 l’incremento degli importi portato in detrazione è stato del 136% su base nazionale, con un Sud a + 165%, le Isole a + 180% e il Nord-ovest a +129%; mentre per quanto riguarda la riqualificazione energetica la crescita è stata dell’85% su base nazionale, trainata anche in questo caso dalle Isole con un +126% e con il Nord-est a + 69%.
Passiamo ora ad osservare il dettaglio regionale degli importi portati in detrazione nei sette anni del periodo di analisi 2011-2016, un periodo nel quale sono stati portati in detrazione 27,5 miliardi di euro, dei quali 19,8 miliardi per interventi di recupero edilizio e 7,7 per interventi di risparmio energetico. Il dettaglio mostra che l’area geografica che fa registrare il maggior ricorso agli incentivi risulta essere la Lombardia con 8,2 miliardi di euro portati in detrazione, seguita da Emilia Romagna (4,1 miliardi), Piemonte e Veneto (3,5 miliardi di euro ognuna).
Misurando gli incentivi in relazione al parco abitativo, si conferma invece che la regione con il maggior livello di detrazioni “pro-abitazione” è il Trentino-Alto Adige, che in sette anni riporta una detrazione per abitazione pari 2.357 euro; seguita dall’Emilia–Romagna (1.717 euro per abitazione), dalla Lombardia (1.700 euro), dal Friuli Venezia Giulia (1.478 euro) e dal Veneto (1.468 euro). Le regioni del Sud e delle Isole si collocano nei punti bassi della classifica: la Calabria si colloca all’ultimo posto con 232 euro per abitazione; mentre in Sicilia si superano di poco i 300 euro (309) e in Campania ci si attesta ai 419. Appare evidente dall’analisi il diverso utilizzo degli incentivi che avviene nel Paese.
Secondo le stime, gli investimenti attivati attraverso gli incentivi nel periodo 2011-2018 avrebbero generato un assorbimento di 2.014.500 occupati diretti, corrispondenti a una media annua nel periodo di oltre 251.813 occupati. La media annua degli occupati, considerando anche gli occupati dell’indotto delle costruzioni, sarebbe pari a circa 378.000 occupati.
Si tratta di un dato di grande importanza se si considera che, in dieci anni, tra il secondo trimestre 2008 e il secondo trimestre del 2018, il settore delle costruzioni, secondo l’Istat, ha registrato una perdita pari a 555.000 occupati. Tale dato è ancor più rilevante se si considera che il totale delle attività economiche, nello stesso periodo, ha registrato un incremento di 205.000 addetti, risultato oltreché del calo delle costruzioni, del calo di 280.000 occupati nell’industria, di una crescita di 81.000 occupati nell’agricoltura e di quella di 960.000 occupati nei servizi. Se si prende in esame il periodo che va dal secondo semestre 2011 al secondo semestre 2018, vale a dire dall’inizio della seconda fase della crisi dell’economia italiana a oggi, le costruzioni restano il solo settore con dati sull’occupazione negativi: infatti, in questo periodo più recente, le costruzioni perdono 465.000 occupati, mentre l’agricoltura ne acquista 82.000, l’industria 120.000 e i servizi 1.026.000. La crisi occupazionale italiana sembra essere ora tutta sulle spalle delle costruzioni.
In questo caso, la valutazione dell’impatto economico è effettuata sulla spesa sostenuta stimata per gli anni 1998-2018, utilizzando il procedimento di stima per l’intera durata degli incentivi fiscali in termini di defiscalizzazione, vale a dire dal 1998 al 2028. Sulla base di tale modello, emerge che:
Considerando però che lo Stato incassa i proventi spettanti nell’anno di esecuzione dei lavori, e ripartisce il mancato gettito nell’arco di tempo di dieci anni, l’introduzione nella riflessione di elementi di natura finanziaria ed attuariale, basati sull’attualizzazione dei valori precedentemente esposti, modificherebbe il saldo determinando un risultato negativo più contenuto (-2,56 miliardi di euro.
Ma sono possibili anche ulteriori stime dell’impatto economico-finanziario degli incentivi all’attività di recupero edilizio ed efficienza energetica, ad esempio prendendo in esame, in termini di gettito, non solo l’IVA, l’IRPEF, l’IRAP e gli oneri sociali, ma anche l’impatto che gli investimenti possono generare in termini di matrice di contabilità sociale sull’economia del nostro Paese e – riguardo alle uscite – non solo il minor gettito dell’IRPEF, ma anche il minor gettito sui consumi energetici derivanti dal relativo risparmio generato dagli incentivi per la riqualificazione energetica. Sulla base di tali ulteriori variabili, positive e negative, il saldo risulterebbe positivo per poco meno di 8,8 miliardi di euro.
Parametrando i dati anche per attori coinvolti, in sintesi, nel quadro degli investimenti attivati dagli incentivi fiscali per il recupero edilizio e per la riqualificazione energetica nel periodo 1998-2018, il saldo per il sistema economico del Paese risulterebbe positivo per quasi 23,5 miliardi di euro. Peraltro, nella stima dell’impatto delle detrazioni andrebbero considerati ulteriori aspetti importanti, che allo stato attuale appare complesso quantificare, quali la valorizzazione del patrimonio immobiliare, in termini di decoro, prestazioni funzionali e prevenzione dei rischi sismici.