[A cura di: di Corrado Sforza Fogliani – presidente Centro studi Confedilizia] Dobbiamo porci, innanzi a qualsiasi fenomeno che interessi il comparto immobiliare, con uno spirito di osservazione curioso e nel contempo critico. Ciò, principalmente, per comprenderne la portata, l’eventuale utilità o danno per la proprietà immobiliare ed individuarne i punti di forza e quelli di debolezza. Con lo stesso atteggiamento ci si è posti anche dinanzi alla sharing economy, fenomeno ultimamente demonizzato da alcune categorie che, per paura di doversi confrontare con nuovi mercati e di perdere rendite di posizione acquisite, vorrebbero introdurre nell’ordinamento normative stringenti volte ad affossare tale economia.
È utile ricordare, tra le molte attività connesse alla sharing economy, l’opportunità per un proprietario di un immobile di ritrarre un reddito dallo stesso ponendolo sul mercato delle locazioni brevi. Quanto ricavato, sovente, viene utilizzato dal proprietario anche per pagare parte dell’imposizione sugli immobili e comunque per rimanere economicamente autonomo, senza dover gravare su altri o sullo Stato.
La sharing economy ha altresì introdotto una molteplicità di effetti collaterali positivi che si concretizzano in nuove tipologie di lavoro, prima sconosciute. Quanti hanno mai sentito parlare degli Homechecker? Sono coloro che agevolano i proprietari a rendere più facile e veloce la locazione di alloggi per soggiorni di medio-lungo periodo. Visitano personalmente gli immobili, controllano il corretto funzionamento degli impianti, degli elettrodomestici e delle altre dotazioni presenti nell’immobile, provvedendo anche a predisporre il materiale informativo (planimetria, fotografie, virtual tour, raccolta di informazioni sull’ubicazione e sui servizi presenti in zona eccetera).
Con queste righe si intende contribuire ad allontanare alcuni timori che contribuiscono ad ostacolare lo sviluppo della sharing economy e di nuove iniziative che, al contrario, potrebbero rivelarsi utili per il progresso della società.