Sicurezza del fabbricato e responsabilità dell’amministratore condominiale
[A cura di: avvocato Gian Vincenzo Tortorici – pres. Centro studi Anaci] L’amministratore di condominio, quale rappresentante dell’ente, deve osservare la normativa, in genere, inerente sia al codice civile sia al codice penale. L’inosservanza delle obbligazioni, di natura contrattuale ed extracontrattuale, comporta non solo, responsabilità economiche, ma anche sanzioni penali se l’attività, posta in essere, o l’omissione siano configurate come reati. È necessario, conseguentemente, l’osservanza degli obblighi, disposti a suo carico dalle varie leggi, in primis, i codici di diritto sostanziale, con cura, diligenza e perizia.
Per quanto attiene alla responsabilità penale, l’art. 40 cod. pen., prescrive la punibilità del soggetto che, con il suo comportamento o la sua omissione, dolosi o colposi, abbia cagionato un danno a terzi, che la legge prevede quale reato. Si può escludere che l’amministratore abbia previsto e accettato l’evento dannoso, ma questo può essersi determinato per negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza di leggi e di regolamenti.
Il secondo comma dell’articolo de quo, recita: “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”; l’amministratore si ritrova in questa fattispecie considerati gli obblighi che gli derivano, in particolare, dagli artt. 1130 e 1135, comma II, cod. civ. (Cass. pen., Sez. IV, 23 settembre 2009, n. 39959). Non solo, il reato non deve verificarsi neppure per violazione di una regola precauzionale notoria, soprattutto allorché l’evento sia prevedibile ed evitabile.
Anche la previsione di reato, ora derubricata a violazione amministrativa, di cui all’art. 677 cod. pen., coinvolge l’amministratore nell’ipotesi di omissioni di lavori in edifici che minacciano rovina; per esempio, lo stesso amministratore può verificare la presenza di rilevanti crepe nella facciata dello stabile condominiale, ovvero può essergli notificata un’ordinanza sindacale di risanamento del tetto. È sempre necessario, però, che il danno subito dal terzo sia concreto ed economicamente valutabile e che sussista il nesso causale tra il comportamento o l’omissione e l’evento dannoso; nel caso specifico previsto dalla legge come delitto o, comunque, come contravvenzione.
Esimente della responsabilità è rappresentata dalla mancanza di fondi per attuare l’intervento necessario a eliminare il pericolo; sussiste questo caso qualora l’assemblea, appositamente e tempestivamente convocata dall’amministratore, non deliberi la manutenzione o la ristrutturazione della parte pericolante e la mancata delibera sia specificatamente riportata a verbale (Cass. pen., Sez. I, 4 agosto 2015, n. 34096, in tema di comunione).
Non si devono, neppure, dimenticare gli artt. 589 cod. pen. (omicidio colposo) e 590 cod. pen. (lesioni personali colpose), sempre che la morte o le lesioni della vittima non siano derivate da un suo comportamento anomalo (Cass. pen., Sez. IV, 26 novembre 2015, n. 48269). L’esistenza nel nesso causale, tra il comportamento attivo od omissivo del soggetto obbligato e l’evento dannoso, deve sempre essere provato e si deve escludere quando questo si sarebbe ugualmente verificato anche qualora la condotta antigiuridica non fosse stata posta in essere. Questi articoli, tra l’altro, prevedono un inasprimento di pena se il fatto è connesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Particolare cura devono prestare gli amministratori che gestiscono condomini dotati di piscina, affinché sia fisicamente e materialmente impedito a chiunque di accedervi nelle ore durante le quali non sia attiva la balneazione e, soprattutto, non sia presenziata da un bagnino abilitato. In questo ambito è opportuno rammentare le disposizioni del d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81 che, all’art. 2, definisce il datore di lavoro il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore e che ha la responsabilità dell’organizzazione del lavoro con poteri decisionali e di spesa (Cass. pen., Sez. IV, 5 maggio 2011, n. 22239); non solo, il comma nono dell’articolo 3 individua i lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati.
L’articolo 26 disciplina la figura del datore di lavoro, committente di un contratto di appalto, e l’art. 90 quella del committente nei cantieri temporanei, che è il soggetto per il quale l’opera viene realizzata. Anche in questo caso deve sussistere il nesso eziologico tra l’infortunio e la condotta omissiva del datore di lavoro; questo impone la sicura esclusione di fattori causali alternativi, potendosi solo attribuire a un fattore causale, statisticamente poco incidente, il rango di elevata probabilità logica (Cass. pen., Sez. IV, 9 marzo 2016, n. 13138).
Ai sensi dell’articolo 16, del decreto di cui si tratta, il datore di lavoro può delegare i suoi obblighi con un atto espresso, effettivo e non equivoco, purché la delega investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza (Cass. pen., Sez. IV, 16 dicembre 2015, n. 4350).
Da ultimo si rammenta che l’art. 131-bis cod. pen. recita: ”Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale”; è opportuno riportare il principio stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione penale del 6 aprile 2016, n. 13681, in forza del quale il comportamento abituale dell’autore del reato esclude l’applicabilità del precitato articolo che inerisce a ogni fattispecie criminosa.
L’amministratore deve prestare particolare attenzione, nella malaugurata ipotesi incorra in un reato, per esempio, per un infortunio sul lavoro del portiere, a non trovarsi in identica circostanza.