[A cura di: Eleonora Angelotti – Anaip]
Ancora una volta per il condominio si prendono decisioni senza tenere conto delle situazioni esistenti e del Covid-19.
In una fase di emergenza come quella attuale è sicuramente meritevole che anche i medici di base ed i pediatri si rendano disponibili, su base volontaria, ad effettuare i tamponi rapidi.
Qualcuno si è posto la domanda di dove siano ubicati questi studi medici?
Probabilmente si è pensato a quelli nei piccoli paesi, dimenticando che molti studi ed ambulatori, soprattutto nelle grandi città, si trovano in condominio.
I tamponi per il Covid-19 al momento si effettuano presso strutture che adottano rigidi protocolli per far accedere i pazienti che devono fare il test, con percorsi e sale di attesa dedicate, personale specializzato adeguatamente formato ed in possesso di tutti i presidi per prevenire il contagio, non certo in condominio. Sarà sufficiente fornire ai medici di base ed ai pediatri i dispositivi di sicurezza da indossare ogni volta che entreranno in contatto con un caso sospetto di Covid-19?
Come potranno essere garantiti percorsi dedicati all’interno dei condomini, dove spesso gli studi si trovano ai piani alti e raramente hanno ingresso autonomo da strada?
Come si potranno prevenire i possibili contagi, quando sappiamo bene che il COVID è un virus respiratorio che si diffonde principalmente attraverso le goccioline del respiro delle persone infette (droplets)?
Come farà l’amministratore a garantire l’igiene dei luoghi, ascensore, pulsantiere, corrimano, scale, pianerottoli, androne e parti comuni in genere?
Sappiamo, grazie ad alcune ricerche scientifiche al momento disponibili, che il tempo di sopravvivenza del virus sulle superfici varia in relazione al tipo di superficie considerata.
Infatti, un recente Rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità riguardo le raccomandazioni sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19 (superfici, ambienti interni e abbigliamento) e la Circolare del 22 maggio 2020 del Ministero della Salute, riportano i tempi di rilevazione di particelle virali sulle superfici più comuni, variabili da alcune ore (come ad es. sulla carta) fino a diversi giorni (come sulla plastica e l’acciaio inossidabile).
Per l’igienizzazione invece sappiano che l’utilizzo di semplici disinfettanti, come ad esempio disinfettanti contenenti alcol (etanolo) o ipoclorito di sodio (candeggina/varechina), sono in grado di uccidere il virus, annullandone la capacità di contagiosità.
Quali possono essere invece le responsabilità dell’amministratore se all’interno delle parti comuni si prospettano assembramenti?
Prepariamoci ad una rivoluzione all’interno dei condomini dove, da una parte ci sarà il medico che dovrà svolgere la propria attività e dall’altra i condòmini che metteranno a dura prova l’amministratore affinché intervenga.
In alcuni casi potrebbe venire in soccorso il regolamento di condominio se al suo interno risultassero inseriti divieti per l’utilizzo degli immobili a studi medici a uso sanitario, ambulatorio o gabinetto di cura per malattie infettive o contagiose. Ed il coronavirus rientra in questa fattispecie: è una malattia infettiva e contagiosa.
Pertanto l’amministratore cosa potrà fare?
Lì dove c’è uno studio medico che effettua tamponi rapidi dovrà prevedere anche la presenza fissa di un’impresa che igienizzi, ogni qual volta un paziente transita, le parti condominiali?
A carico di chi sarà la spesa?
Gli amministratori non vengono informati dei casi positivi e quindi: come potranno venire a conoscenza che lo studio medico effettua anche i tamponi e come potrà difendersi?
Alle tante domande coloro che emanano leggi, ordinanze, circolari dovrebbero rispondere, quantomeno conoscere l’impatto che queste potrebbero avere sulla popolazione; non dimentichiamoci che circa il 90% degli italiani vive in condominio e forse gli amministratori dovrebbero essere interpellati ed ascoltati di più perché sono poi loro ad essere sul campo, nonché responsabili.
Un altro aspetto non trascurabile è che il condominio, considerato come “luogo di lavoro”, vede l’amministratore responsabile, in qualità di “Datore di Lavoro” ai sensi del D.Lgs. 81/08.
Dato che l’INAIL si è espressa palesemente in tal senso, asserendo che il covid-19 è una malattia professionale, si lascia quindi la responsabilità della valutazione del rischio al “Datore di Lavoro”, ovvero all’amministratore.
Come farà l’amministratore a valutare il rischio covid-19 se non è in grado di valutare il quantitativo di persone infette che accedono al condominio?
Questa situazione, palesa la totale mancanza di cognizione delle istituzioni nel gestire uno stato di emergenza condotto a colpi di emendamenti e DPCM, nei quali viene inserita qualunque cosa solo per complicare la vita di chi lavora.