[A cura di: avvocato Emanuele Bruno – www.studiobruno.info]
A seguito di impugnazione di delibera, il tribunale annulla le tabelle millesimali approvate dall’assemblea. Quali conseguenze? Cosa dovrà fare l’amministratore? Come si ripartiscono le spese?
L’art. 2377 comma 7 c.c. chiarisce che “L’annullamento della deliberazione ha effetto rispetto a tutti i soci ed obbliga gli amministratori, il consiglio di sorveglianza e il consiglio di gestione a prendere i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione”.
La norma si applica anche in materia condominiale: “In tema di delibere assembleari, l’art. 2377 (…) benché dettato con riferimento alle società per azioni, ha carattere generale e perciò è applicabile anche alle assemblee dei condomini edilizi (Tribunale di Macerata, 06.03.2018 – Cass. civ. Sez. VI – 2 ord., 11/08/2017, n. 2007).
La prima considerazione da fare è che, se mai occorresse specificare, tocca all’amministratore e all’assemblea prendere i necessari provvedimenti.
L’amministratore, ex art. 1130 comma 7 c.c., dovrà aggiornare il registro dei verbali segnalando, in corrispondenza del verbale interessato, la pronuncia di annullamento che corrisponde alla sopravvenuta impossibilità di eseguire il verbale il cui dispositivo deve essere disapplicato; inoltre, dovrà informare i condòmini e valutare (anche in autonomia) l’eventuale impugnazione della decisione del tribunale.
L’art. 1131 c.c. attribuisce all’amministratore il compito di valutare l’opportunità di impugnare la sentenza che dispone l’annullamento della delibera pur dovendo sottoporre l’eventuale decisione positiva alla discussione e ratifica assembleare. L’autonoma iniziativa è giustificata dal rispetto dei termini, spesso ristretti, per attivare il giudizio di opposizione, mentre, la ratifica assembleare richiama l’operato dell’amministratore ad una approfondita valutazione circa l’opportunità di attivare appello: “È sufficiente la ratifica perché l’atto di costituzione in giudizio o di impugnazione presentato dall’amministratore di condominio non sia inammissibile. In altri termini, non è indispensabile l’autorizzazione dell’assemblea affinché l’amministratore possa costituirsi in giudizio o impugnare una sentenza sfavorevole. Infatti, il legame tra il potere gestorio dell’assemblea e l’attività esecutoria dell’amministrazione deve essere raccordato con la legittimazione passiva generale attribuita all’amministratore dall’art. 1131, secondo comma, c.c.. Questa legittimazione bilancia l’esigenza di agevolare i terzi e la necessità di tempestiva difesa dei diritti inerenti le parti comuni dell’edificio e deve ritenersi immanente al complessivo assetto normativo condominiale. La ratifica vale a sanare l’operato “d’urgenza” dell’amministratore (Cass. SS.UU. n. 18331/2010).
Il passaggio assembleare, oltre ad essere un obbligo è anche una opportunità per l’amministratore, sia che si attivi il giudizio di opposizione, sia che non attivi l’appello e occorra provvedere alla semplice gestione di quanto consegue all’annullamento della delibera. In riferimento alla seconda possibilità, il professionista che gestisce il condominio tenga a mente che l’art. 2377 c.c. prescrive di “prendere i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità”.
L’annullamento-non eseguibilità della delibera, produce effetto nei confronti di tutti i condòmini e dello stesso amministratore cui spetta il compito di guidare il condominio nella gestione; quindi, essendo stata annullata la delibera che approvava l’adozione di nuove tabelle millesimali, quale sarà il criterio di riparto applicabile? E con quale efficacia?
La sentenza che pronuncia l’annullamento della delibera condominiale ha efficacia retroattiva a decorrere dalla data di approvazione della delibera, tuttavia, tale effetto si produce dal momento in cui la sentenza è passata in giudicato (spirati i termini per proporre impugnazione), salva l’ipotesi in cui il giudice abbia disposto la sospensione della delibera (circostanza che impedisce alla delibera di produrre alcun effetto). La delibera impugnata e non sospesa mantiene la sua efficacia esecutiva, quindi, dalla data della delibera sino all’accoglimento dell’impugnazione avrà prodotto effetti che devono essere annullati.
Se viene impugnata la delibera che approva le tabelle millesimali nell’anno N, se non è disposta la sospensione della stessa delibera, se nei successivi anni N1, N2 ed N3 l’assemblea approva i bilanci consuntivi e le delibere non vengono impugnate e nell’anno N4 il giudice accoglie l’impugnazione e annulla la delibera dell’anno N, che cosa accade ai bilanci N1, N2 ed N3? Nulla. Infatti, la giurisprudenza esclude l’effetto a cascata della impugnazione della delibera avente ad oggetto l’approvazione delle tabelle millesimali, spiegando che per far valere l’assunta errata applicazione delle tabelle millesimali e la conseguente errata liquidazione dei contributi a carico dei condòmini, il condomino interessato deve impugnare la relativa delibera nei termini di cui all’art.1137 c.c. pena l’inoppugnabilità della decisione (C.A. Lecce Taranto del 11.01.2017). Il principio è stato ribadito da Cass. n. 4675/2017: “L’annullamento delle tabelle non ha infatti un effetto automatico sulla nullità della delibera di spesa non impugnata e tanto meno sulla ingiunzione conseguente a questa ultima”.
Tuttavia, ove il vizio rilevato riportasse a difetti sanzionati con nullità della delibera, l’orientamento appena richiamato potrebbe incontrare alcune difficoltà; infatti, saremmo dinanzi ad un vizio (nullità) rilevabile senza limiti temporali. Dunque, che senso avrebbe applicare le tabelle annullate anche per i bilanci non impugnati ma impugnabili senza limiti temporali?
Annullata la delibera ed esclusa l’applicazione delle tabelle con essa approvate, quale regola si applica al riparto? Le situazioni possibili sono due.
Primo caso. Il condominio disponeva di tabelle millesimali precedenti rispetto a quelle annullate. Le vecchie tabelle troveranno applicazione. Ove l’assemblea non condividesse l’utilizzo delle vecchie tabelle, si può decidere l’applicazione temporanea delle vecchie tabelle con conguaglio da effettuarsi all’esito delle nuove che l’assemblea riterrà approvare.
Secondo caso. Il condominio non disponeva di tabelle precedenti e quelle annullate erano le uniche. L’assemblea potrà adottare (con voto unanime) l’applicazione di un criterio di riparto “convenzionale”, oppure, in assenza di unanimità, toccherà all’amministratore effettuare un riparto proporzionale (art. 1123 c.c.) in attesa di approvazione di tabelle millesimali che consentiranno di effettuare una gestione a consuntivo-conguaglio.
In entrambi i casi, è chiaro che l’assenza di tabelle non può impedire il funzionamento del condominio che, con i dovuti passaggi assembleari, opererà secondo il principio di proporzionalità salvo successivo conguaglio.
Si ricordi che l’iniziativa per l’approvazione di nuove tabelle millesimali può provenire dall’assemblea o anche dal singolo condomino e dovrà rispettare il disposto di cui all’art. 69 dis. att. c.c.: I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo 68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità. Tali valori possono essere rettificati o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma, del codice, nei seguenti casi:
Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio ai sensi dell’articolo 68, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condòmini. L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni.
Le norme di cui al presente articolo si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali.