[Intervista a cura di: Rebecca Genesio]
Catasto, emergenza abitativa, riforma del condominio, corsi di formazione per amministratori: ecco le tematiche principali dell’intervista a tutto tondo che Italia Casa e Quotidiano del Condominio hanno realizzato all’avvocato Gian Vincenzo Tortorici, direttore del Centro Studi Anaci.
Partiamo dal secondo decreto attuativo in materia di catasto che si attende con trepidazione e qualche timore. La domanda è: ci sarà o no quell’incremento spropositato dell’imposizione fiscale che i proprietari paventano?
Considerato che lo Stato Italiano ha bisogno di soldi, il timore c’è, in quanto l’individuazione del gettito fiscale sarà legata al valore commerciale del bene. Sotto certi punti di vista, la riforma del catasto può andare bene, perché ad oggi, calcolando la rendita catastale sui vani, si hanno delle sperequazioni: si pensi soltanto ad un appartamento di 100 mq con due locali e un altro di 100 mq ma con cinque locali, uno va a pagare di più dell’altro senza ben capire per quale motivo, mentre il calcolo sulla metratura quadrata, coadiuvato da un intervento omogeneo dei Comuni in modo tale da controllare la realtà degli appartamenti, potrà essere sicuramente più utile. Il problema è l’aliquota: se dovesse essere troppo alta, la tassazione aumenterebbe di gran lunga.
L’altra questione che potrebbe essere negativa riguarda l’eventuale adeguamento in negativo che dovrebbero fare i Comuni e l’Agenzia delle Entrate a seguito delle variazioni commerciali dell’OMI: ci si chiede se l’aliquota rimarrà uguale o se aumenterà solo nel caso ci saranno variazioni al rialzo. Sono tutti interrrogativi che affliggono la proprietà immobiliare e che il Governo dovrà fugare con il tempo.
D’altronde, la tassazione è quella che mortifica tutte le iniziative economiche in Italia; il Governo dovrebbe prendere atto che laddove è intervenuto con riduzioni fiscali, le persone hanno risposto positivamente. Si vedano, ad esempio, i contratti concertati con la cedolare secca: tantissimi cittadini hanno utilizzato questa soluzione contrattuale, proprio per avere delle agevolazioni fiscali; lo stesso vale per gli incentivi per gli interventi di ristrutturazione edilizia, la quale, si sa, fa girare il volano dell’economia, o comunque per buona parte.
Guardando anche a misure quali la mini-proroga degli sfratti e quella introdotta dalla legge 80/2014 dopo la sentenza di incostituzionalità della cosiddetta autodenuncia degli affitti in nero, quale voto dà all’operato del Governo Renzi nei confronti della proprietà immobiliare?
Il Governo Renzi sta movendosi con un’ottica di portata più generale, per cui secondo me la proprietà immobiliare non è stata ancora presa in seria considerazione. Dovrebbe invece pensare a istituire un sistema di equa ripartizione dei frutti economici del mondo immobiliare. Il continuo prorogare gli sfratti è negativo in quanto non vi è più certezza da parte del proprietario di ottenere la disponibilità della casa nel momento in cui ne ha bisogno, ovvero poterla tenere occupata senza rischiare che non gli renda nulla per via del fatto che il conduttore continua ad essere moroso e lo sfratto non viene eseguito, e questo non può essere messo a carico del proprietario. Inoltre, è da tenere in considerazione che, se mancano i soldi per il locatore che non percepisce l’affitto o comunque non riesce a destinare la proprietà immobiliare come meglio crede, verranno a mancare i quattrini da investire, e ciò si riversa sull’economia quotidiana, andando a generare conseguenze negative a catena per tutti.
L’edilizia residenziale pubblica è carente rispetto alle altre nazioni europee, però non sono particolarmente convinto che sia necessario costruire; sarebbe più logico recuperare il patrimonio immobiliare, e soprattutto far sì che le case popolari fossero destinate alle persone che veramente necessitano di aiuto. Oggigiorno, si vedono interi complessi popolari i cui parcheggi sono occupati da macchine di lusso: è necessario, invece, che queste persone si affidino al mercato libero e lascino il posto a chi ha davvero bisogno.
Cambiamo argomento e passiamo a parlare di riforma del condominio: a un anno e mezzo dalla sua entrata in vigore, qual è il suo bilancio?
Il mio bilancio è pessimo: questo perché il legislatore, nel 2012, ha emanato una normativa poco leggibile: dal punto di vista linguistico si capisce poco, così come dal punto di vista tecnico-giuridico. Addirittura, ha dimostrato una totale incapacità nel rileggere l’intero pacchetto della riforma tenendo conto delle novità introdotte, in modo tale che un articolo non si scontrasse con un altro, oppure eliminare alcune strutture. Ad esempio, l’articolo 1117 ha abolito l’espressione piano o porzione di piano introducendo quella di unità immobiliare, però se si va a vedere l’articolo 61 delle disposizioni attuative, si trova ancora la vecchia dicitura, per cui non c’è stata uniformità di espressione, generando invece confusione.
Per quanto riguarda la personalità giuridica del condominio, diciamo che il legislatore era partito con l’idea di affermarla, e lo si vede soprattutto nell’articolo 1117-ter e anche nel 1130-bis in cui si parla di patrominio del condominio; ma poi non l’ha fatto nel concreto. In special modo, non ha detto che cos’è il condominio, e ciò comporta il permanere di interpretazioni che affermano che è una collettività organizzata, che ha una seppur limitata soggettività giuridica perché spende denaro e quindi una forma di soggettività bisogna comunque riconoscergliela. La riforma ha preso molto dalla Cassazione, a volte anche inutilmente, come nel caso dei sottotetti, in cui è stata recuperata quasi per intero una sentenza, senza un bisogno effettivo, visto che c’era già per l’appunto la sentenza a regolamentare la situazione. Ci troviamo di fronte, quindi, ad un modo di legiferare piuttosto superficiale, con l’obiettivo di emanare una legge a tutti i costi.
Cosa pensa dei corsi di formazione e del modo in cui sono stati disciplinati?
Direi che il DM 140 va bene, ma non sono per niente d’accordo con il sottosegretario Ferri, il quale sostiene che il responsabile scientifico del corso non può essere anche il docente del corso stesso. La legge, in realtà, non dice nulla di tutto ciò, e soprattutto non vi è nessun conflitto di interesse tra responsabile scientifico e l’essere docente: se il primo ha qualità superiori al secondo, a maggior ragione dovrebbe poter tenere il corso, deve essere semplicemente cosciente del fatto di avere le capacità per insegnare, per cui a mio parere, non c’è alcuna difficoltà. Per il resto, io sono favorevole al decreto, anche se forse sono state indicate poche ore sia per il corso di formazione base sia per il corso di aggiornamento; si è evitato di incorrere nell’errore di indicare come dovrebbero essere svolti gli esami. Il fatto che non ci sia riferimento alcuno alla legge 4 del 2013, che riguardava il riconoscimento delle professioni non ordinistiche, è un passo significativo perché vuol dire che si ritiene che l’amministratore di condominio debba avere determinate qualità che sono differenti da qualsiasi altro tipo di professione, in quanto deve conoscere un po’ di tutto, e quindi non averla richiamata vuol dire che tutti coloro che vogliono fare l’amministratore di condominio devono soggiacere alle disposizione del DM 140.