[A cura di: avv. Lorenzo Cottignoli – Presidente LAIC, Lega Amministratori Immobiliari Condominiali – Nota a Ord. Cass. Civ. n. 16341 del 30.7.2020] La tematica dell’anticipazione delle spese c.d. urgenti da parte di un condomino si scontra quotidianamente con casistiche di pratica applicazione, divenendo di non semplice fruizione nell’ambito del diritto condominiale, nonostante una interpretazione uniforme e pacifica della norma fornita dalla Corte di Cassazione. Le criticità, inoltre, aumentano, laddove ci si trovi nell’ambito di un condominio c.d. “minimo”, ovvero composto da due soli condòmini.
In tale contesto è frequente, quanto forte, la tentazione, da parte di uno dei due condòmini, di procedere unilateralmente all’anticipazione di spese che si ritengono urgenti, senza sottoporsi al vaglio dell’assemblea condominiale, e dunque all’interlocuzione con l’altro condòmino, nei confronti del quale, verosimilmente e – purtroppo – sovente, corrono ragioni di lite.
È questo il caso che ha interessato la Sesta Sezione della Suprema Corte, la quale, nella pronuncia decisamente estiva che stiamo qui analizzando, affronta il caso della anticipazione di spese sostenute da uno dei due condòmini di un condominio minimo, per spese di natura ordinaria ma asseritamente urgente, in quanto “essenziali soprattutto a preservare la sicurezza dell’immobile in comunione ed anche ad a prevenire rischi per i proprietari e per i terzi che transitassero al suo interno”.
Il requisito dell’urgenza, in verità, veniva riconosciuto nel duplice grado di merito, sia dal Giudice di Pace adito per competenza valoriale del modesto importo richiesto, sia dal Tribunale, quale giudice d’appello. Entrambi riconoscevano il diritto del condominio che aveva anticipato le somme al loro rimborso, sulla base della qualificazione dell’urgenza di tali spese. Tale definizione veniva ascritta meramente alla natura delle spese, laddove esse “non possono essere rimandate senza arrecare maggior danno o provocare maggiori costi” al Condominio.
Invero, l’art. 1134 c.c., nel testo novellato dalla Riforma del 2012, dispone che “Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente.”.
Dunque il punto nodale riposa sulla definizione di urgenza della spesa anticipata.
Da un lato, la giurisprudenza di merito afferma che essa è tale se non è rimandabile senza arrecare maggior danno o provocare maggiori costi. Dall’altro lato, invece, la Suprema Corte cassa con rinvio tali pronunce affermando che va “considerata ‘urgente’ non solo la spesa che sia giustificata dall’esigenza di manutenzione, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l’amministratore o l’assemblea dei condòmini possano utilmente provvedere al riguardo.”.
Precisa la Suprema Corte come spetterà, naturalmente, al “singolo condomino che agisca per il rimborso dare dimostrazione che le spese anticipate fossero indispensabili per evitare un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, e dovessero essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condòmini, sulla base di accertamento di fatto spettante al giudice del merito.”.
L’applicazione di tale principio di diritto appare più complicata laddove ci si trovi nell’ambito di un condominio minimo. Purtroppo è facile, in tal caso, cadere nell’errore di applicare al condominio minimo le norme sulla comunione, ed in specie l’art. 1110 c.c., il quale dispone che “il partecipante [alla comunione] che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell’amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso”. Noterà l’attento lettore che tale norma non prevede il requisito dell’urgenza, contemplato, invece, dall’art. 1134 c.c..
Tuttavia, la disposizione in questione non è applicabile al condominio, il quale, come noto, costituisce una forma speciale di comunione le cui disposizioni speciali derogano, ove non diversamente previsto, a quelle generali sulla comunione.
Ne discende che, anche in tema di condominio minimo, devono applicarsi le norme sull’assemblea condominiale. Nell’ipotesi di una compagine condominiale composta da soli due condòmini, insegna la Suprema Corte, “si costituisce validamente con la presenza di tutti e due i condòmini e all’unanimità decide validamente.”.
Laddove, per il contrasto che dovesse nascere tra divergenti opinioni, non raggiungendo la – ancorchè minima ma indispensabile – unanimità, l’assemblea non potesse deliberare e dunque non si potesse raggiungere una maggioranza in concreto, ricorda il Supremo Collegio, “diventa necessario ricorrere all’autorità giudiziaria, come previsto dagli artt. 1139 e 1105 c.c.”. A mente di tali disposizioni, sorte appositamente per ovviare al rischio della paralisi gestionale del complesso condominiale, “ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria nell’interesse della res, invocando l’intervento sostitutivo del giudice, anche nel senso di autorizzare riparazioni straordinarie, per ovviare all’incuria dei singoli comproprietari.”.
In conclusione, si deve ritenere che le norme sul rimborso delle spese urgenti anticipate dal singolo condòmino si applichino anche al condominio minimo, la cui assemblea deciderà solamente in caso di unanimità e, in difetto, potrà essere sostituita dall’autorità giudiziaria.
In ogni caso, non potranno essere ritenute urgenti – e dunque rimborsabili – quelle spese che il condòmino avesse anticipato pur potendo previamente ricorrere all’amministratore e, conseguentemente, all’assemblea condominiale perché vi deliberasse in merito.