Quale posizione porteranno al tavolo tecnico convocato per il 2 maggio, a Roma, dal sottosegretario alla Giustizia, Jacopo Morrone, le 21 associazioni dell’amministrazione condominiale (Abiconf, Acap, Aiac, Aima, Alac, Anaci, Anai, Anapi, Ap, Apac, Arai, Arco, Aap, Assiac, Confai, Fna, Gesticond, Mapi, Revcond, Sesamo, Unai), chiamate a prendervi parte? Qual è il loro giudizio in merito alla possibilità istituire un registro degli amministratori condominiali? E come si pongono di fronte alle altre tematiche calde del settore (dalla maggiore apertura del comparto agli agenti immobiliari, che sarà a breve ratificata con l’approvazione in vigore della legge europea, fino all’annosa diatriba sull’equo compenso agli amministratori condominiali)?
Iniziamo oggi questa ampia carrellata di pareri, auspici, istanze, con l’intervento del vice-presidente Alac, Mauro Simone.
[A cura di: Mauro Simone – vice presidente nazionale Alac]
I temi che toccano la professione sono molteplici. Si vedrà se le soluzioni ai problemi più discussi troveranno piena condivisione tra gli addetti ai lavori. Sullo stato dell’arte della categoria si potrebbe dire con un battuta che indubbiamente “non è oro, né diamante, né brillante”. Un po’ tutti noi abbiamo l’idea che i colleghi di altri Paesi europei stiano meglio di noi e traggano una maggiore gratificazione dal proprio lavoro. Ma non è tutto oro quel che luccica. È vero, infatti, che anche i colleghi spagnoli, francesi, e tedeschi soffrono gli effetti della libera concorrenza del mercato professionale. Insomma, un tema centrale è la labile “risposta economica” riconosciuta dai condòmini al lavoro dell’amministratore.
Il principio della libertà professionale previsto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea va pure bene, purché venga declinato l’obiettivo di un mercato delle professioni intellettuali inquadrato in un sistema di regole certe, con la rimozione degli ostacoli che non permettono agli amministratori di condominio il riconoscimento di compensi proporzionati e dignitosi in condizioni operative soddisfacenti. La congruità dei compensi è un tema sensibile per gli amministratori. La misera retribuzione riconosciuta agli amministratori di condominio è la madre di tutti i problemi, o perlomeno il primo di due problemi della categoria da affrontare e risolvere al più presto. Non si può ancora per altro tempo lasciare a quella mano invisibile che Adam Smith aveva evocato – ovvero alla libera concorrenza del mercato la liberalizzazione estrema, con compensi quasi sempre irrisori – la capacità di muovere e regolare il mercato, orientando domanda e offerta, senza però la garanzia della dignità economica del professionista e nel contempo pretendere qualità e garanzia del servizio offerto. Quindi è dirimente risolvere la questione dell’equo compenso e dopo o contestualmente aprire la discussione sull’altro tema del riconoscimento del ruolo alle associazioni di categoria, ovvero la rilevanza pubblica alle Associazioni ai fini dell’iscrizione degli amministratori al pubblico registro.
Si potrebbe ipotizzare di stabilire compensi in quota percentuale variabile dal 20 al 30 per cento del costo annuale di gestione ordinaria e del 2 o 3 per cento del costo di gestione straordinaria condominiale definiti da contrattazione delle associazioni più rappresentative e associazioni della proprietà edilizia tra quelle abilitate alla contrattazione concordata.
La figura degli operatori delle amministrazioni di condominio espressa nel corso degli ultimi 6 anni è sempre più specifica e tecnicamente qualificata eppure oggi nel nostro sistema la figura è priva di regole che tutelino il ruolo e la funzione dell’amministratore. Il legislatore delega all’amministratore compiti pubblicistici e sociali, gli attribuisce non poche responsabilità ma non gli riconosce meriti di alcun tipo. Il legislatore si è dimenticato colpevolmente di tutelare una categoria non rappresentata da nessuno, e che sconta il peccato originale di essere nata un secolo fa in casa, non nelle aule universitarie, sicché principalmente per questo motivo la professione non è annoverata tra quelle riconosciute. L’amministratore ante litteram di un secolo fa non era l’amministratore come lo conosciamo oggi; aveva compiti limitatissimi, gestiva stabili a 1 o 2 piani, a volte di 3 piani, c’era poco da manutenere e da gestire, oltre alla riscossione dei fitti dagli inquilini per conto dei grandi proprietari di case.
Come si è soliti dire, è passata tanta acqua sotto i ponti, eppure in un’epoca di veloce evoluzione tecnologica, che comporterà tra non molto un cambio di mentalità in molte attività lavorative e con un impatto probabilmente impressionante, è prioritario affrontare il tema dell’equo compenso dei professionisti e il riconoscimento del ruolo alle associazioni più rappresentative.
È ineludibile, pertanto, che le associazioni affrontino con urgenza questi temi proponendo al tavolo di poter stabilire i parametri per compensi professionali degli amministratori proporzionati alla qualità delle prestazioni e di riconoscere rilevanza pubblica alle associazioni. Occorre creare una condivisione e una prospettive comune fra le associazioni anche su questi temi e non presentarsi divisi al tavolo per non perdere una occasione propizia e forse irripetibile.