[A cura di: avv. Francesco Saverio Del Buono] L’acquisto della prima casa gode di un particolare regime fiscale di favore che lo differenzia dalle altre tipologie di compravendita immobiliare. In questo articolo si approfondiranno alcuni aspetti salienti di questa operazione immobiliare (la versione integrale dell’articolo sarà pubblicata sul prossimo numero di Italia Casa – aprile 2019).
La compravendita di un immobile ad uso abitativo gode di numerose agevolazioni fiscali se l’immobile è da considerarsi per l’acquirente come prima casa. Infatti, in presenza di alcuni requisiti (categoria catastale dell’immobile, comune di ubicazione) vi sono delle riduzioni sulle imposte di registro e di bollo.
Nello specifico l’immobile deve:
Parimenti, è possibile usufruire dell’agevolazione:
Il requisito della residenza è fondamentale: proprio su questo aspetto, infatti, sia l’Agenzia delle Entrate con provvedimenti interpretativi, sia le commissione tributarie con diverse pronunce sono più volte intervenute.
Ad essere agevolati sono anche gli acquisti di pertinenze (classificate catastalmente come C2, C6, C7), ma non più di una per ogni categoria, e sempre che le medesime siano asservite all’immobile adibito a prima casa e questo sia stato acquistato con le relative agevolazioni. Scendendo nel dettaglio le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa sono diverse se il venditore è un soggetto IVA o meno. In questo ultimo caso (privati o impresa che agisce in esenzione IVA) le agevolazioni consisteranno in:
Nell’ipotesi, invece, di acquisto da impresa soggetta a Iva le imposte dovute saranno le seguenti:
Qualora sia già proprietario di immobile utilizzato quale prima casa, l’acquirente potrà usufruire delle agevolazioni:
I requisiti della residenza e della vendita del precedente immobile adibito a prima casa, ed in particolare il rispetto dei termini sono fondamentali: la loro non osservanza (basti pensare alla residenza non trasferita nel comune in cui è ubicato l’immobile entro 18 mesi dall’acquisto) comporta la revoca delle agevolazioni; in conseguenza di ciò, l’acquirente dovrà versare la differenza di imposta “risparmiata” in sede di registrazione dell’atto, gli interessi ed una sanzione pari al 30% della stessa imposta.
Altra ipotesi che può condurre alla revoca delle agevolazioni è la vendita o donazione dell’immobile entro 5 anni dall’acquisto, se entro un anno non si acquista altro immobile da adibire a propria abitazione.
Se l’immobile si trova in uno stabile condominiale, una questione a cui l’acquirente deve prestare molta attenzione è quella relativa ad eventuali situazioni debitorie pregresse rispetto alla compravendita. Il tema è molto dibattuto, ed è stato oggetto anche di pronunce della Corte di Cassazione.
Il dato da cui partire è il comma 4 dell’art. 63 delle disposizioni attuative del codice civile, il quale recita espressamente che “chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente”; il comma successivo vincola il venditore anche per gli oneri maturati successivamente, affermando che “chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”.
Il dato normativo parla di contributi, senza specificare se siano relativi alla gestione ordinaria, o ad interventi straordinari, che spesso avendo anche una certa rilevanza economica possono essere oggetto di contestazione tra le parti.
Come detto, la giurisprudenza si è occupata più volte del tema, e sembra un dato ormai acquisito l’imputazione delle spese straordinarie al venditore se deliberate precedentemente alla vendita.
In tal senso, infatti, si segnalano in particolare alcune recenti pronunce della Suprema Corte: l’ordinanza n. 15547 del 22.06.2017 dispone su spese relative alla straordinaria manutenzione dell’edificio, già deliberate al momento della stipula dell’atto: in questo caso gli oneri sono a carico del proprietario al momento della delibera, quindi il venditore dell’immobile.
Sulla scia di questo provvedimento, l’ordinanza n. 16640 del 5/7/2017 ha condannato il proprietario, che a conoscenza dell’approssimarsi dell’approvazione (dopo la vendita) di lavori da eseguirsi, nulla abbia comunicato al compratore; pertanto, secondo la Suprema Corte, si è realizzata una forma di responsabilità precontrattuale del venditore che ha sottaciuto un elemento importante quale l’esborso che avrebbe dovuto sostenere il nuovo proprietario.
Il principio è stato confermato dalla successiva sentenza n. 1847 del 25.01.2018 emessa dalla VI sezione, che anche se in relazione all’acquisto di immobile oggettivo di procedura esecutiva, espone una interessante definizione dei lavori di manutenzione straordinaria, affermando come non può essere obbligato chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l’obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali.
D’altro canto però il nuovo proprietario subentra come beneficiario delle detrazioni fiscali per interventi di recupero del patrimonio edilizio, riqualificazione energetica, interventi per la riduzione del rischio sismico per lavori pagati dal precedente proprietario, per la quota non ancora goduta da quest’ultimo, salvo diverso accordo tra le parti (detrazione che rimane in capo al venditore) che andrà espressamente menzionato nell’atto di compravendita.