[A cura di: Marcello Cardone – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate] Il contribuente, che acquista un’abitazione con le agevolazioni “prima casa” e non trasferisce la residenza nel Comune in cui si trova l’immobile entro 18 mesi dall’acquisto, perde il beneficio fiscale, anche se il tardivo trasferimento della residenza è dovuto al mancato rilascio dell’abitazione da parte dell’inquilino e al prolungarsi dei lavori di ristrutturazione.
Il principio è stato sancito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 10719 del 5 giugno 2020.
Prima di esaminare la vicenda concreta, premettiamo che, ai fini dell’imposta di registro, la disciplina in tema di agevolazione “prima casa” è contenuta nella nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al testo unico sul Registro (Dpr n. 131/1986). La richiesta dell’agevolazione consente di applicare l’imposta di registro con l’aliquota del 2% in luogo di quella ordinaria del 9 per cento.
Questa nota, ai fini della concessione dell’agevolazione prevede la sussistenza di alcuni requisiti, sia oggettivi che soggettivi. Tra i requisiti oggettivi vi è quello inerente all’ubicazione dell’immobile. Salvo il ricorrere di ipotesi particolari, il legislatore ha previsto che l’agevolazione può essere concessa se l’acquirente è residente, già al momento della stipula dell’atto, nel Comune in cui è situata l’abitazione oggetto dell’acquisto agevolato. Qualora tale requisito non sia sussistente, il contribuente, nell’atto di acquisto deve rilasciare un’espressa dichiarazione, con la quale si impegna a spostare la propria residenza nel Comune di riferimento, entro 18 mesi dall’acquisto. Se questo impegno non viene mantenuto, si verificherà la decadenza dai benefici fiscali, con conseguente recupero dell’imposta ordinaria oltre agli interessi di mora e alle sanzioni.
Nel caso in esame, due contribuenti avevano acquistato un’abitazione in forma agevolata obbligandosi a spostare la residenza nel Comune in cui si trovava l’immobile, entro 18 mesi dalla stipula dell’atto. In sede di registrazione dello stesso, considerata la richiesta del trattamento di favore e l’impegno assunto dalle contribuenti in merito allo spostamento della residenza, l’ufficio aveva applicato l’imposta di registro in misura ridotta.
Dopo la scadenza del termine di 18 mesi dalla stipula dell’atto, l’ufficio, nel verificare la spettanza dell’agevolazione, aveva constatato che non era stato rispettato l’impegno inerente al cambio di residenza e, pertanto, aveva revocato le agevolazioni fiscali notificando apposito avviso di liquidazione nei confronti delle contribuenti.
Queste ultime avevano presentato ricorso presso la Commissione tributaria provinciale, ritenendo illegittima la decadenza dall’agevolazione, considerato che il mancato trasferimento della residenza era dovuto alle seguenti circostanze:
Il ricorso delle contribuenti era stato respinto in primo grado e accolto in secondo (sentenza della Ctr Campania n. 9700/2014). In seguito all’impugnazione proposta dall’ufficio si è pronunciata la Corte di cassazione con l’ordinanza in commento, osservando che la norma, ai fini del cambio di residenza, in relazione alla descritta fattispecie, prevede un termine di 18 mesi che deve essere rispettato dalle parti, salvo ricorrano cause di forza maggiore che abbiano impedito il rispetto del termine stesso.
I giudici hanno, innanzitutto, evidenziato che il legislatore, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione “prima casa”, salvo ipotesi particolari, ha richiesto che l’acquirente abbia la residenza nel Comune in cui si trova l’immobile oggetto dell’acquisto agevolato: non è necessario avere (o spostare) la residenza proprio nel fabbricato acquistato. Pertanto, hanno ritenuto che il mancato rilascio dell’abitazione da parte del conduttore non può concretizzare una causa di forza maggiore, in quanto le contribuenti avrebbero comunque potuto trasferire la residenza presso un’altra abitazione situata nello stesso Comune. Quindi, hanno affermato che “… possono assumere rilevanza, al fine della configurabilità della forza maggiore, solo fatti che abbiano impedito il trasferimento della residenza nel comune (Cass. N. 13346 del 2016)”.
Inoltre, sempre in merito alla sussistenza della causa di forza maggiore, i giudici della Corte di cassazione, richiamando la sentenza n. 28838/2019, hanno ribadito che l’esimente della causa di forza maggiore può essere invocata soltanto se sopraggiunge un “… impedimento oggettivo caratterizzato dalla non imputabilità, anche a titolo di colpa, inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento”.
La tesi dell’amministrazione finanziaria è stata, quindi, accolta, anche perché il mancato completamento dei lavori di ristrutturazione, nel termine di 18 mesi dall’acquisto, non costituisce un evento inevitabile o imprevedibile e assolutamente non imputabile alle parti.
In merito alla definizione delle cause di forza maggiore è opportuno richiamare anche: