«L’U.P.P.I. apprende con sconcerto che, nel D.L. “Rilancio”, il Governo Conte non ha previsto alcuna correzione al decreto “Milleproroghe”, approvato prima della pandemia del Covid-19, che aveva ristretto, nell’anno 2020, l’applicazione della cedolare secca al 10% ai soli Comuni calamitosi con popolazione sotto i 10.000 abitanti. Tale restrizione, relativa unicamente al 2020, già priva di ogni ragionevolezza prima dell’emergenza sanitaria è ora tanto più fuori luogo, a maggior ragione se si pensa che, dal 2021, così come fino al 2019, anche i comuni calamitosi sopra i 10.000 abitanti potranno beneficiare della cedolare secca al 10%».
È quanto denunciano Gabriele Bruyère, Jean-Claude Mochet e Andrea Casarini, rispettivamente presidente, vice presidente e segretario dell’Uppi, invitando «il Parlamento, in sede di conversione del D.L. Rilancio, a cancellare per il 2020 la discriminazione basata sul numero di abitanti».
Ma non è tutto: l’Uppi chiede infatti che, sempre in sede di conversione del D.L. Rilancio, il Parlamento introduca la cedolare secca al 10% a tutti i contratti di locazione ad uso abitativo a canone concordato, stipulati in ogni comune, essendo stati tutti travolti da una profonda crisi economica che ha tolto a migliaia di famiglie la possibilità di pagare i canoni di locazione.
Per i dirigenti dell’associazione, «l’unica soluzione per ridurre le morosità e contrastare la grave crisi che sta colpendo il settore immobiliare e locatizio è il potenziamento dei contratti a canone concordato, con canoni inferiori a quelli di mercato, con un’estensione generalizzata della cedolare secca al 10%, in tutti gli oltre ottomila comuni italiani».
Secondo Bruyère, Mochet e Casarini, infatti, «la semplice introduzione di detrazioni fiscali non sarà sufficiente per la ripresa e solo un alleggerimento della tassazione sulla proprietà immobiliare consentirà al settore di riacquistare spinta e di giovare all’economia del Paese intero permettendo al PIL di ricominciare a crescere».