[A cura di: Marcello Cardone – FiscoOggi] Il contribuente che trasferisce, prima del decorso di cinque anni dall’acquisto, l’immobile precedentemente comprato con i benefici “prima casa”, per evitare la decadenza dall’agevolazione deve acquistare, entro un anno dall’alienazione, un altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
Questo principio è stato confermato dalla Corte di cassazione con la recente ordinanza n. 29392 del 13 novembre 2019.
Al riguardo, occorre precisare che la disciplina sull’agevolazione “prima casa”, ai fini dell’imposta di registro, è contenuta, principalmente, nella nota II bis dell’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al Testo unico sull’imposta di registro, Dpr n. 131/1986. Il legislatore ha subordinato l’applicazione del beneficio fiscale (attualmente l’aliquota dell’imposta di registro ridotta è del 2% in luogo di quella ordinaria del 9%) alla ricorrenza di determinate condizioni oggettive e soggettive.
Per quanto riguarda l’ubicazione dell’immobile acquistato con le agevolazioni, il primo comma, lettera a) della citata nota II bis, prevede alcuni criteri particolari (relativi all’acquirente che svolge attività nel Comune in cui si trova l’immobile acquistato con le agevolazioni, all’acquirente trasferito all’estero per ragioni di lavoro e al cittadino italiano emigrato all’estero) e un criterio generale, legato alla residenza dell’acquirente. In base a questo criterio generale, al beneficiario spetta l’agevolazione “prima casa” a condizione che l’immobile sia ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca, entro diciotto mesi dall’acquisto, la propria residenza.
Il quarto comma della stessa nota II bis indica alcune ipotesi, ricorrendo le quali si verifica la decadenza dalle agevolazioni. Tra queste ipotesi è previsto il caso in cui l’acquirente trasferisce, per atto a titolo oneroso o gratuito, l’immobile acquistato con le agevolazioni, prima del decorso di cinque anni dalla data dell’acquisto.
Lo stesso comma, però, precisa che il trasferimento infraquinquennale non determina la perdita delle agevolazioni se il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquisito con i benefici “prima casa”, acquista un altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
Come si può facilmente notare, il legislatore ha disciplinato in maniera diversa le seguenti fattispecie:
Il caso esaminato dalla Corte di cassazione con l’ordinanza in commento, ha riguardato un contribuente che:
In base alla normativa sopra richiamata, al fine di evitare la decadenza a causa dell’alienazione infraquinquennale, il contribuente avrebbe dovuto adibire ad abitazione principale l’immobile oggetto del “riacquisto”. Nel caso di specie, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate presso il quale era stato registrato l’atto, ha disposto la revoca delle agevolazioni in quanto il contribuente non aveva adibito tale immobile ad abitazione principale.
A seguito del ricorso presentato dal contribuente le Commissioni tributarie, sia di primo che di secondo grado, hanno riconosciuto la legittimità dell’avviso relativo alla decadenza delle agevolazioni fiscali.
Nello stesso senso si è espressa la Corte di cassazione, con la pronuncia in esame. I giudici, dopo aver richiamato numerosi precedenti giurisprudenziali della stessa Corte (cfr sentenze nn. 13343/2016, 17148/2018, 18211/2016, 24253/2015, 2266/2014, 13291/2011 e ordinanza n. 3713/2017) hanno evidenziato che la destinazione ad abitazione principale del secondo appartamento acquistato, entro l’alienazione del primo, deve essere attestata dalle risultanze anagrafiche, mentre sono irrilevanti situazioni di fatto che non coincidono con quanto risulta dagli atti dello stato civile.
Occorre evidenziare che in passato era stata sollevata una questione di legittimità costituzionale proprio con riferimento alla nota II bis, nella parte in cui prevede che:
Mediante la questione di legittimità costituzionale si era dubitato che tale normativa violasse il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione. La Corte costituzionale ha, invece, negato la violazione del principio di uguaglianza, ritenendo che la situazione di chi effettua il “primo acquisto” non è identica a quella del soggetto che effettua il “riacquisto”.
I giudici della Consulta hanno evidenziato che l’intento del legislatore è quello di agevolare, soprattutto, l’accesso alla “prima casa” e non i successivi riacquisti. Pertanto il legislatore può prevedere requisiti diversi, e anche più restrittivi, nel caso in cui il contribuente, che ha già goduto delle agevolazioni “prima casa” vende l’immobile agevolato e ne riacquista un altro entro l’anno dalla vendita.