[A cura di: Corrado Sforza Fogliani – pres. Centro studi Confedilizia] Con la sentenza n. 30163 del 15.12.2017 la Cassazione ha ribadito un importante principio in sede di ricorso di un contribuente avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale che aveva valutato positivamente (e in contrasto con il giudice di prime cure) un accertamento fiscale dell’Agenzia delle entrate, di rettifica dei valori dichiarati in sede di compravendita (e non sulla base delle stime Omi), con conseguente liquidazione dell’imposta ritenuta dovuta.
I giudici di legittimità, infatti, cassando la decisione impugnata, hanno sottolineato che “il riferimento alle stime effettuate sulla base dei valori Omi per aree edificabili site nel medesimo Comune non è idoneo e sufficiente a certificare il valore dell’immobile, tenuto conto che tale valore può variare in funzione di molteplici parametri quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico nonché lo stato delle opere di urbanizzazione (Cass. n. 20089 del 6.7.2017; Cass. n. 18651/2016)”. Tutti elementi che nella fattispecie in questione non erano stati considerati, pur in presenza di perizie dettagliate allegate ai contratti di compravendita e determinanti per valutare la natura ed il valore dei beni compravenduti.
È particolarmente importante a proposito di questa sentenza, ricordare, in primo luogo, che l’Agenzia delle entrate (di per sé, non un organo “terzo”) pubblica i suoi dati Omi facendoli precedere da un’avvertenza, che dice che i dati non sono stime, ma “valori di larga massima”. In secondo luogo va invece ricordato che è davvero incongruo oltre che assurdo, che una Regione come l’Emilia-Romagna voglia fissare i costi di costruzione e gli oneri di urbanizzazione con riferimento ai valori Omi anziché ai valori/costi dell’edilizia economico-popolare, come prescrive la legge (anche per uniformità sul territorio nazionale, per evidenti ragioni di opportunità).