[A cura di: Studio Santi Bognanni – Moncalieri (TO)] La tassazione cedolare per le locazioni, introdotta dal 2011 per i soli fabbricati a destinazione abitativa, viene estesa alle locazioni che interessano una tipologia di immobili strumentali, i negozi: anche per i canoni provenienti da tali immobili è quindi possibile evitare la tassazione Irpef progressiva in favore della tassazione proporzionale nella misura fissa del 21%.
Si tratta comunque di una possibilità limitata ai nuovi contratti sottoscritti a decorrere dal 1° gennaio 2019, senza che sia possibile applicare il medesimo beneficio ai contratti già in corso, la cui tassazione dovrà continuare con le regole ordinarie.
La Legge di Bilancio per il 2019 stabilisce che “il canone di locazione relativo ai contratti stipulati nell’anno 2019, aventi ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 metri quadrati, escluse le pertinenze, e le relative pertinenze locate congiuntamente, può, in alternativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, essere assoggettato al regime della cedolare secca”.
Pertanto, la possibilità di tassare i canoni al 21% è piuttosto ristretta:
Si evidenzia che la cedolare secca, oltre a rappresentare una modalità alternativa di tassazione rispetto al regime ordinario dell’Irpef, più gravosa soprattutto per chi dichiara redditi elevati, consente di evitare il pagamento delle imposte indirette a cui sono soggetti i contratti di locazione, ossia l’imposta di registro e l’imposta di bollo. D’altro canto, optando per l’imposta sostitutiva il contribuente rinuncia all’aggiornamento Istat del canone annuo di locazione.
Evidentemente, trattandosi di una tassazione alternativa del reddito fondiario, essa riguarda unicamente immobili che siano detenuti da persone fisiche “private”, ossia al di fuori dell’esercizio dell’attività d’impresa.
La medesima Legge di Bilancio precisa anche come tale nuovo regime può riguardare solo i nuovi contratti, facendo riferimento ai contratti stipulati “nell’anno 2019” (allo stato attuale si tratta di una disposizione transitoria, in quanto parrebbe riguardare solo i contratti stipulati quest’anno).
Ma la norma contiene anche una previsione antielusiva: “Tale regime non è applicabile ai contratti stipulati nell’anno 2019, qualora alla data del 15 ottobre 2018 risulti in corso un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale”.
In particolare, quest’ultimo passaggio serve ad evitare comportamenti elusivi di coloro che, avendo un contratto in corso, intendessero risolverlo per stipularne un altro da assoggettare a cedolare (a meno che la risoluzione non fosse intervenuta prima del 15 ottobre 2018).
Ovviamente, se il contratto fosse risolto e ne fosse stipulato uno diverso con diverse parti contrattuali, detto contratto potrebbe essere assoggettato a cedolare.