[A cura di: Roimina Morrone – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate] È legittimo l’avviso di attribuzione di rendita catastale avente a oggetto un complesso immobiliare con destinazione speciale di villaggio turistico (categoria D/8) se è fondato sui corretti parametri di “stima diretta” adottati dall’ufficio, con diversificazione per singola categoria di cespite. Lo ha chiarito la Cassazione nella sentenza n. 12743 del 23 maggio.
La Ctr Campania, confermando la decisione di primo grado, ha ritenuto legittimi gli avvisi di attribuzione di rendita catastale notificati al contribuente, in procedura Docfa, dall’Agenzia delle entrate e aventi a oggetto un complesso immobiliare con destinazione speciale di villaggio turistico. La Commissione tributaria regionale, in particolare, ha affermato che gli avvisi erano adeguatamente motivati, come emergeva dal tenore dell’opposizione proposta dal contribuente, ed erano corretti i parametri di “stima diretta” adottati dall’ufficio, con diversificazione per singola categoria di cespite.
Il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra l’altro:
La Corte ha rigettato il ricorso e ha dato atto che “gli immobili… erano effettivamente stati sottoposti a valutazione mediante ‘adozione del metodo dell’attribuzione per stima diretta dei singoli valori’; ciò tenendo a mente che non di un singolo immobile si trattava, bensì di ‘un insieme di cespiti ognuno con le sue caratteristiche’…” (Cassazione n. 12743/2018).
I giudici di piazza Cavour hanno trattato unitariamente i tre motivi di ricorso per la stretta connessione delle questioni giuridiche dedotte. In particolare hanno sottolineato che gli avvisi di attribuzione della rendita catastale si erano fatti carico delle peculiarità di ogni “singola categoria di cespite (bungalow, lavanderia, deposito, corte, area a verde e recinzione)”, mediante considerazione dei relativi costi di costruzione per il biennio 1988/1989 e applicazione di una percentuale correttiva di maggiorazione per le unità di destinazione abitativa, alla luce del “maggior costo delle particolari dotazioni di servizi”.
Al riguardo, la Cassazione ha osservato che il giudice di merito aveva compiuto una valutazione logica e argomentata dell’attività dell’ufficio e, come tale non sindacabile in sede di legittimità. La circostanza che la Commissione regionale avesse richiamato l’effettuazione della stima diretta non costituiva un vizio sintomatico di contraddittorietà o illogicità della motivazione, bensì l’argomento fondamentale e ragionato di rigetto del motivo di appello. Ciò in quanto il contribuente, nei gradi di merito, aveva sostenuto che gli avvisi impugnati dovevano essere dichiarati illegittimi perché privi di stima e cioè perché privi dell’elemento che il giudice di merito ha ritenuto, invece, sussistente.
In particolare, la Ctr aveva esaminato l’attività con la quale l’ufficio aveva individuato la specificità e le peculiarità delle unità immobiliari anche tenendo conto dell’attribuzione, ad un cespite limitrofo, di una categoria diversa. A parere dei giudici di appello, infatti, la sola vicinanza dell’immobile limitrofo non costituiva motivo per giustificare la medesima attribuzione di valore di stima poiché quest’ultima dipendeva da elementi di fatto incidenti sull’attribuzione di valore (ad esempio, a parità di tipologie, le dimensioni dei singoli cespiti).
In generale, poi, con riferimento al tipo di metodo utilizzato dall’ufficio, la Corte ha evidenziato che gli avvisi emessi “a tavolino” si basavano su stima diretta, “… quale valutazione mirata sulle specifiche caratteristiche dei singoli immobili integranti il villaggio turistico, e senza automatica estensione di parametri standardizzati eventualmente riferibili ad altri immobili, ancorché limitrofi…”.
Tali avvisi erano legittimi anche se l’ufficio non aveva disposto alcun sopralluogo, così da poter prendere diretta contezza di ciascuna unità immobiliare. Al riguardo la Cassazione ha affermato che l’equivoca sovrapposizione di piani tra stima diretta e sopralluogo è stata correttamente disattesa dal giudice di merito. I giudici di legittimità, infatti, hanno precisato come il compendio normativo in materia di fabbricati a destinazione speciale deponesse per la necessità di attribuzione della rendita con “stima diretta”. Lo prevedeva sia l’articolo 10, Regio decreto n.652/1939, convertito in legge 1249/1939 (per ogni singola unità di opifici e, in genere, di fabbricati ex articolo 28, legge 1231/1936, costruiti per le speciali esigenze di una attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni), sia l’articolo 30, Dpr 1142/1949 per le unità immobiliari che non sono raggruppabili in categorie e classi, per la singolarità delle loro caratteristiche, sia, infine, l’articolo 37 del Tuir, secondo il quale, appunto, “il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato… per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta”. Stima diretta che, tuttavia, non presuppone necessariamente l’esecuzione del “sopralluogo”. La Cassazione ha chiarito che quest’ultimo non costituisce, in materia, un diritto del contribuente, né una condizione di legittimità dell’avviso attributivo di rendita, “quanto soltanto un ulteriore e concorrente strumento conoscitivo di verifica ed accertamento di cui l’amministrazione finanziaria può avvalersi per operare la valutazione”.
Di conseguenza, la sua mancanza non preclude, di per sé, la valutazione mediante “stima diretta”, quando l’ufficio sia comunque già in possesso di tutti gli elementi valutativi idonei allo scopo e cioè possa utilizzare dati ed elementi fattuali offerti dalla particolarità del caso di specie che permettano di individuare le caratteristiche di ciascuna unità immobiliare oggetto di classamento e di non applicare il metodo tariffario o statistico (Cassazione, n. 22886/2006 e n. 3525/2018). Del resto costituisce principio di legittimità consolidato che, ferma la necessità di stima diretta per l’attribuzione della rendita ai fabbricati con destinazione speciale, “… non è detto che tale stima diretta presupponga indefettibilmente l’accesso in loco per la disamina; potendo le caratteristiche del bene essere, allo scopo, ‘desunte anche dalle risultanze documentali a disposizione dell’Ufficio, senza necessità di sopralluogo’ (Cass. 3103/15) …” (Cassazione, sentenza n. 12743/2018).
Infine, la Cassazione ha sottolineato come onere del contribuente sarebbe stato dunque quello di confutare gli avvisi non perché emessi in assenza di sopralluogo, ma perché emessi in assenza degli elementi di stima diretta e mirata con riferimento alle caratteristiche dei singoli beni. Ha richiamato, quindi, i propri precedenti relativi al valore della relazione di stima prodotta dal tecnico senza effettuare alcun preventivo sopralluogo, ma secondo i dati emergenti relativi ad altri immobili. Al riguardo, ha affermato che l’ufficio ben può utilizzare “…le risultanze emergenti dalla perizia prodotta dalla parte interessata senza necessità di sopralluogo”. Quest’ultimo, ex articolo 11, Dl. n. 70/1988, può essere effettuato salvo successive verifiche a unità già censite aventi medesime caratteristiche, sicché in tale chiave il riferimento alle strutture analoghe ha solo valore rafforzativo e integrativo del metodo legale utilizzato, essendo idoneo a confermare l’adeguatezza della rendita attribuita sulla base della stima diretta (Cassazione, sentenze 7410/2005, 8423/2009 e 19215/2012). In conclusione la Cassazione ha sottolineato che (ancora una volta) è stato il giudice di merito a rilevare la genericità, e comunque l’infondatezza fattuale, delle contestazioni mosse dal contribuente.