[A cura di: Marcello Maiorino – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate] Con la pronuncia n. 29643 del 14 novembre 2019, la Corte di cassazione fornisce chiarimenti in relazione al criterio di calcolo della superficie utile per determinare la qualifica di lusso di un immobile, che preclude la fruibilità dei benefici fiscali per l’acquisto della prima casa.
Innanzitutto osserviamo che la pronuncia della suprema Corte interviene su una fattispecie soggetta alla disciplina vigente ratione temporis, anteriormente all’entrata in vigore dell’articolo 10 del Dlgs n. 23/2011 (cioè il 1° gennaio 2014) che ha riformato il regime di tassazione dei trasferimenti immobiliari ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale e con essa la disciplina prevista per l’applicazione delle agevolazioni prima casa.
A tal proposito, ricordiamo che in base alla disciplina in vigore oggi, l’agevolazione prima casa (che prevede la corresponsione dell’imposta di registro al 2% e delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50 euro ciascuna) si applica con riferimento ai trasferimenti di case di abitazione, fatta eccezione per quelle rientranti nelle categorie catastali A1, A8 e A9.
Pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2014, come precisato con la circolare n. 2/2014, l’applicabilità delle agevolazioni prima casa risulta vincolata alla categoria catastale in cui è classificato l’immobile e non più alle caratteristiche individuate dal Dm 2 agosto 1969.
Tale Dm, cui rinvia l’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al Testo unico dell’imposta di registro, nella versione in vigore fino al 31 dicembre 2013, trova invece applicazione anche nella controversia approdata in Corte di cassazione, nella pronuncia in commento.
Il Dm 2 agosto 1969 individua le caratteristiche che qualificano come “di lusso” le abitazioni. In particolare, gli articoli da 1 a 7 individuano come “di lusso” alcune tipologie di unità immobiliari che presentano specifici requisiti (ad esempio, superficie superiore a 240 mq – esclusi balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posti macchina – piscina superiore a 80 mq, eccetera) mentre l’articolo 8 del decreto stabilisce che sono considerate “di lusso” le case e le singole unità immobiliari che presentano più di 4 delle caratteristiche indicate nella Tabella allegata al decreto (superficie superiore a 160 mq – esclusi balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posti macchina – presenza di più di un ascensore per scala, scala di servizio eccetera).
Nel caso in esame, secondo il ricorrente la competente Ctr non ha ritenuto, erroneamente, di equiparare il soppalco alle soffitte, in modo da escluderlo dal calcolo della superficie utile, per difetto di idoneità alla funzione abitativa.
La Corte ha respinto il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni. In tema di agevolazioni prima casa, al fine di stabilire se un’abitazione sia di lusso e come tale esclusa dai benefici, occorre fare riferimento alla nozione di superficie utile complessiva prevista dall’articolo 6 del Dm dei Lavori pubblici n. 1072 del 2 agosto 1969, per il quale viene in rilievo la sola utilizzabilità e non anche l’effettiva abitabilità degli ambienti.
Tale superficie deve essere determinata escludendo dall’estensione globale riportata nell’atto di acquisto sottoposto all’imposta, quella di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina. Pertanto, costituendo parametro idoneo l’utilizzabilità degli ambienti (a prescindere dalla loro effettiva abitabilità), ad esempio, i vani, pur qualificati come cantina e soffitta ma con accesso dall’interno dell’abitazione (e, quindi, assimilabili a un soppalco) e a essa indissolubilmente legati, sono computabili nella superficie utile complessiva. Analogamente, rientra nella superficie utile il sottotetto, trattandosi di locale non compreso nella predetta elencazione tassativa.
La Corte quindi riconosce rilevanza, in coerenza con l’apprezzamento dello stesso mercato immobiliare, alla marcata potenzialità abitativa e, in particolare, all’idoneità di fatto degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana. Non ritiene pertanto possibile aderire alla soluzione estensiva prospettata dal soggetto ricorrente, dato che le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in materia fiscale non sono passibili di interpretazione analogica e, quindi, questi non possono essere riconosciuti nelle ipotesi in cui non siano espressamente previsti.
Il Dm 2 agosto 1969 specifica che sono considerate abitazioni di lusso “le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)”. La Corte afferma che il Dm va interpretato nel senso di dover escludere dal dato quantitativo globale della superficie dell’immobile indicata nell’atto di acquisto (in essa compresi, dunque, i muri perimetrali e quelli divisori) solo, i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine e non l’intera superficie non calpestatile. A conferma di tale orientamento si evidenzia che, nella formula “superficie utile complessiva” menzionata nell’articolo 6 del Dm manca l’aggettivo “netta” che, invece, era presente nel testo (“superficie utile netta complessiva”) della disposizione che dettava la previgente definizione delle caratteristiche delle abitazioni di lusso. Pertanto, la superficie utile va considerata escludendo, dal computo metrico, solo i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine e, in particolare, includendo nella metratura i soppalchi. Inoltre, al fine di individuare la superficie utile per identificare le abitazioni di lusso, è irrilevante la calpestabilità dell’area in questione, per quanto, nel caso concreto, l’altezza media del vano (2,35 m.) deporrebbe senz’altro nel senso della sussistenza di tale caratteristica.
Ciò premesso, la Corte di cassazione perviene alle seguenti conclusioni condensate nella formulazione del seguente principio di diritto: ai fini dell’individuazione di un’abitazione di lusso, e pertanto dell’esclusione del beneficio prima casa, la superficie utile deve essere determinata considerando l’utilizzabilità degli ambienti a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituendo tale requisito, il parametro idoneo a esprimere il carattere “lussuoso” di una abitazione. Da ciò deriva che il concetto di superficie utile non può restrittivamente identificarsi con la sola “superficie abitabile”, dovendo il Dm 2 agosto 1969 essere interpretato nel senso che risulta “utile” tutta la superficie dell’unità immobiliare diversa dai balconi, dalle terrazze, dalle cantine, dalle soffitte, dalle scale e dal posto macchine e che nel calcolo dei 240 mq rientrano anche i soppalchi.