[A cura di: Achille Colombo Clerici – presidente Assoedilizia] Secondo Agenzia delle Entrate e Abi nel 2018 sono stati registrati 1.377.000 contratti di locazione residenziale, suddivisi in quattro tipologie. Le più adottate sono il contratto a canone libero e il contratto a canone concordato che in alcune città ad alta tensione abitativa, tra cui Milano, viene applicato in un numero relativamente limitato di casi (vedi anche articolo sulle locazioni agli studenti fuori sede).
Un importante quotidiano attribuisce ciò al fatto secondo il quale i proprietari di casa milanesi “snobbano” la formula del contratto a canone concordato, in ciò assecondati dai sindacati di categoria (degli inquilini e dei proprietari ). In qualità di presidente di Assoedilizia, la più rappresentativa delle associazioni dei proprietari immobiliari, posso affermare che si tratta di una interpretazione qualunquistica che non tiene conto della reale funzione sociale ed economica di questa forma contrattuale.
La verità è che i milanesi la considerano per quella che è: non la via maestra per dare una risposta alla domanda abitativa, ma una via cui ricorrere se non vi è alternativa, e sempre tenuto conto del rapporto tra qualità, prezzo e domanda di mercato.
Ritenere l’inverso non facilita la soluzione del problema abitativo, a Milano come in Italia; perché porta a gravi distorsioni, quali ad esempio il proporre una recrudescenza in termini di carico fiscale sui contratti liberi, per dissuadere da questa forma contrattuale. Dunque, agevolare sì, ma non con il prevalente intento di utilizzare questo strumento in via di supplenza, a fronte di una carenza di offerta pubblica”.