[A cura di: Anna Maria Badiali – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]
È sottoposta a tassazione la registrazione della sentenza con cui il tribunale condanna il coerede al pagamento dell’eccedenza ereditaria, emersa a seguito di collazione per imputazione di un immobile donato in vita dal de cuius al figlio. Irrilevante l’esenzione del trasferimento di tali valori nella massa da suddividere ai fini della successione.
È stato respinto, con la sentenza 20817 del 6 settembre 2017, il ricorso con cui una contribuente chiedeva la cassazione dell’avviso di liquidazione e irrogazione di sanzioni emesso dall’Agenzia delle Entrate, per il mancato pagamento dell’imposta di registro sulla pronuncia che imponeva al coerede di pareggiare i conti, rimettendo in gioco, ai fini del calcolo delle quote spettanti agli eventi diritto alla suddivisione dell’eredità, il valore dell’immobile ricevuto dal padre prima del decesso, e di pagare l’indennità per l’occupazione dell’immobile stesso.
La ricorrente opponeva alla pretesa del Fisco la tesi secondo cui la sentenza contestata non disponeva un pagamento di somme, ma la collazione per imputazione del bene. L’istituto in discussione, previsto dall’articolo 737 del codice civile, stabilisce che confluiscano nella massa ereditaria, ai fini della suddivisione, anche le donazioni ante mortem; il testo recita infatti, che
I figli e i loro discendenti ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati.
Le modalità percorribili sono due. Il donatario può scegliere se restituire direttamente il bene (collazione per natura o in senso stretto) o imputare alla propria quota il valore della donazione (collazione per imputazione). In quest’ultima ipotesi, l’interessato, a ripartizione avvenuta, nel caso in cui la sua quota superi, tra il valore del bene e quanto assegnato a seguito della successione, la parte a lui spettante, dovrà versare il relativo surplus alla massa ereditaria.
La ricorrente, nella decisione in esame, contesta l’avviso di liquidazione ricevuto dal Fisco rifacendosi alla disciplina che regola la successione e la collazione per imputazione, tralasciando l’oggetto vero della pretesa dell’ufficio e, cioè, la registrazione della sentenza che obbliga il coerede al versamento dell’eccedenza della sua parte di eredità.
In particolare, la contribuente lamenta la violazione, in base all’articolo 360, comma 1, numero 3, cpc, degli articoli 7 del Dpr 637/1972, 8 e 34 del Dpr 131/86, e ritiene il tributo non dovuto perché il debito del coerede, derivante dalla collazione, rileva esclusivamente per la determinazione delle aliquote dell’imposta di successione e non concorre alla formazione della base imponibile.
La Corte di cassazione mette subito in chiaro che la materia del contendere è la registrazione di una decisione del tribunale riguardante una controversia civile e che, di conseguenza, le ragioni della ricorrente devono essere messe a confronto con quanto previsto dall’articolo 37 del Dpr 131/1986, il Testo unico dell’imposta di registro (Tur), secondo cui sono soggetti a tassazione le pronunce dell’autorità giudiziaria riguardanti cause civili “che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere”. E inoltre, l’articolo 8, lettera b, della Tariffa, parte prima, allegata al Tur, prevede che “le sentenze recanti condanna al pagamento di somme o valori sono assoggettate al pagamento dell’imposta di registro con l’aliquota del 3%“.
Tornando alla vicenda sottoposta ai giudici di legittimità, nessun dubbio sulla natura della sentenza registrata che condannava a un pagamento in denaro e, quindi, nessuna incertezza sull’esito della decisione: il ricorso è infondato e l’imposta di registro è dovuta.
Arbitrario, infatti, tirare in ballo l’iter seguito per la successione e, in particolare, l’esenzione, ai fini dell’imposta di successione, del trasferimento del valore dell’immobile ricevuto prima della morte nell’insieme dei beni e dei lasciti da suddividere.
In conclusione, impossibile affiancare il Registro sulle sentenze all’imposta di successione, perché diversi i presupposti dei due tributi: il primo intende ripagare l’amministrazione per le spese di giustizia, il secondo è connesso al trasferimento di ricchezza a beneficio dell’erede.
Di conseguenza, ricorrendone le condizioni, entrambe le tassazioni sono applicabili senza rischio di doppia imposizione.