[A cura di: FiscoOggi – Agenzia delle Entrate] La somma una tantum con funzione indennitaria corrisposta, in base a uno specifico accordo, dal locatario al locatore per la rinuncia all’aumento del canone è esclusa dall’ambito di applicazione dell’Iva per mancanza del presupposto oggettivo; di conseguenza, essa è assoggettata all’imposta di registro con aliquota del 3%. Inoltre, in quanto componente negativo di reddito, è fiscalmente deducibile ai fini Ires e Irap nel periodo d’imposta in cui sorge l’obbligazione al pagamento. L’eventuale cessione del contratto non è esente Iva. Sono queste, in sintesi, le conclusioni a cui è giunta l’Agenzia nella risposta 16/2019 a seguito di un’istanza di interpello.
Il caso sottoposto all’attenzione dell’Amministrazione riguarda il trattamento fiscale (in ambito Iva, imposta di registro, Ires e Irap) di una somma una tantum (avente natura di indennizzo) che, nell’ambito di un rapporto di locazione tra due società, il locatore riceve dal locatario in considerazione della riduzione del canone accettata dal primo (rispetto a quanto da lui proposto) al momento della sottoscrizione di un nuovo contratto a seguito della disdetta di uno precedente tra le stesse parti.
Inoltre, la società istante (locataria) chiede anche se, qualora cedesse il contratto di locazione in cambio di un corrispettivo, la cessione deve essere assoggettata a Iva secondo il regime applicabile al contratto di locazione (esenzione ovvero imponibilità previa opzione del locatore) e se l’imposta di registro vada applicata nella misura fissa di 67 euro.
Nell’articolare il proprio parere, l’Agenzia, in primo luogo, precisa che la somma una tantum trova la sua fonte in una scrittura privata espressamente qualificata dalle parti come “scrittura indennitaria”, separata dal contratto di locazione; essa dà origine a un’obbligazione autonoma, non strettamente riconducibile al rapporto di locazione e trova la sua giustificazione causale nel “sacrificio” a cui la società locatrice è andata incontro per aver accettato una rilevante riduzione del canone inizialmente proposto. È previsto, inoltre e conseguentemente, che la somma non sia ripetibile anche in caso di cessazione anticipata del contratto. Essa, in conclusione, non può essere qualificata come canone di locazione, avendo le caratteristiche di un vero e proprio “indennizzo”.
Sulla base di queste considerazioni, l’Amministrazione trae le seguenti conclusioni.
L’indennità è esclusa dall’ambito di applicazione dell’Iva per mancanza del presupposto oggettivo: è del tutto assente, infatti, un nesso diretto e immediato tra la locazione dell’immobile e la corresponsione della somma a titolo di indennizzo.
L’esclusione della somma dal campo di applicazione dell’Iva comporta il suo assoggettamento all’imposta di registro con aliquota del 3% (cfr articolo 9, Tariffa Parte 1, Dpr 131/1986).
L’Agenzia sottolinea che, dal punto di vista contabile, il pagamento della somma, collegato a un’obbligazione autonoma con funzione indennitaria, rappresenta, per la società locatrice, un debito/passività di natura determinata ed esistenza certa, in quanto è rappresentato da un’obbligazione a pagare un ammontare fisso a una data stabilita. Dal punto di vista fiscale, quindi, il componente negativo di reddito rappresentato dall’indennizzo deve essere considerato fiscalmente deducibile, ai fini Ires e Irap, nel periodo d’imposta in cui sorge l’obbligazione al pagamento, trattandosi di un’obbligazione “istantanea” e non “di durata” (cfr articolo 109, comma 2, lettera b, ultimo periodo, Tuir).
In relazione all’eventuale cessione del contratto di locazione da parte del locatario, a fronte di un corrispettivo specifico, l’Agenzia innanzitutto osserva che, in linea generale, essa rileva ai fini Iva poiché, secondo quanto previsto dal Dpr 633/1972, costituiscono prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, le cessioni di contratti di ogni tipo e oggetto (cfr articolo 3, secondo comma, n. 5 e circolare n. 33/E del 16 novembre 2006, paragrafo 7.1).
Con specifico riguardo al caso in esame, anche alla luce del costante orientamento della Corte di giustizia Ue, l’eventuale cessione del contratto, che non costituisce, per sua natura, attività di locazione, non ricade nell’ambito di applicazione della disposizione di esenzione dall’Iva prevista dall’articolo 10, comma 1, n. 8), Dpr 633/1972. La giurisprudenza europea, infatti, ha evidenziato la non uniformità della disciplina applicabile alle cessioni di contratto e della disciplina applicabile alle prestazioni poste in essere in dipendenza del contratto ceduto (cfr sentenza 22 ottobre 2009, C-242/08). In altri termini, a prescindere dalla disciplina applicabile a tali prestazioni, le cessioni di contratto, rese verso corrispettivo, sono, quindi, operazioni imponibili Iva con applicazione dell’aliquota ordinaria.
Infine, conclude l’Agenzia, in virtù del principio di alternatività tra l’Iva e l’imposta di registro, la cessione sarà soggetta a imposta di registro in misura fissa.