[A cura: Chiara Braccini – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate] La variazione della rendita può essere attivata solo mediante Docfa e non in sede di impugnazione dell’avviso di accertamento catastale. Il procedimento da seguire è previsto dal decreto ministeriale n. 701/1994, la cui azione si limita alla verifica dei vizi dell’atto impugnato, cioè l’accertamento catastale, e non può estendersi ad atti a esso prodromici, vale a dire la denuncia Docfa (Ctp Prato, sentenza n. 3/02/20)
La Commissione tributaria provinciale di Prato con sentenza n. 3/02/20 ha ricordato che in sede giudiziale non può essere pretesa una riduzione della rendita spontaneamente dichiarata in Docfa, poiché la “determinazione della rendita catastale presuppone l’iniziativa del titolare del bene, che si attivi con le modalità indicate” dal Dm n. 701/1994.
Nel giudizio che ha dato luogo alla pronuncia, il contribuente tentava in via principale di lucrare il dimezzamento della rendita denunciata mediante Docfa, chiedendo soltanto in via subordinata l’annullamento dell’avviso.
Si costituiva in giudizio l’ufficio, invocando l’inammissibilità della pretesa e sottolineando come la parte pretendesse non una semplice riduzione della rendita spontaneamente dichiarata, ma addirittura la riduzione alla metà della stessa; delle due, l’una: o il Docfa presentato due anni prima conteneva errori a dir poco grossolani, o il contribuente intendeva approfittare dell’accertamento per ottenere un beneficio non spettante.
Ebbene, ricorda la Ctp, la variazione della rendita può essere ottenuta solo mediante il procedimento previsto dal Dm n. 701/1994.
Tale specifico procedimento amministrativo:
Tale conformazione del procedimento, dettagliatamente disciplinata dalla legge, esclude che si possa ammettere una ulteriore e diversa modalità di attribuzione della rendita, segnatamente mediante richiesta formulata con ricorso giudiziale.
Il contribuente, infatti, non ha alcun diritto, in assenza del mutamento dell’immobile, a una variazione della rendita; e tale variazione deve sempre conseguire all’attivazione del procedimento amministrativo di classamento.
La riduzione della rendita proposta in Docfa mediante ricorso giudiziale, oltre a non avere alcun fondamento normativo, è anche intrinsecamente contraddittoria e abdicativa delle potestà tipiche dell’amministrazione fiscale.
Infatti, il procedimento di formazione della rendita attiene alla cognizione amministrativa, la quale non tollera – pena la sua negazione – limitazioni da parte dell’organo giudicante, se non laddove si tratti di contestare l’accertamento e di ripristinare i valori indicati in Docfa. Ciò in quanto “soltanto con l’attivazione della procedura Docfa … si pone l’amministrazione in condizione di verificare l’effettiva ed attuale rispondenza dell’immobile al classamento ed alla rendita proposta ovvero accertata i contenziosi aventi ad oggetto le stesse rendite” (cfr da ultimo, Cassazione n. 21097/2019).
A escludere la possibilità di ridurre in sede giudiziale la rendita dichiarata si pone una ulteriore, dirimente, circostanza: la cognizione del giudice tributario è limitata ai vizi dell’atto impugnato (l’accertamento catastale) e non può estendersi ad atti a esso prodromici (la denuncia Docfa), vieppiù laddove siano stati presentati dal contribuente stesso.