[A cura di: dr. Jean-Claude Mochet – Commercialista, presidente Commissione fiscale Uppi] Il Decreto Crescita, recentemente convertito in legge, ha introdotto numerose novità in tema di fiscalità immobiliare. Tra le novità più significative vi è, per i soli contratti di affitto di immobili ad uso abitativo stipulati dal 1° gennaio 2020, la possibilità di detassare i canoni di locazione non percepiti. Per i suddetti contratti, infatti, sarà possibile essere esonerati dalla tassazione delle somme non corrisposte dal locatore senza dover attendere la conclusione del procedimento di convalida di sfratto, essendo sufficiente l’ingiunzione di pagamento o l’intimazione di sfratto per morosità. Fino ad allora, e per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore di tale novità, occorrerà attendere un procedimento per convalida di sfratto per morosità ovvero che il giudice confermi l’insolvenza dell’affittuario anche per periodi precedenti, facendo emergere un credito d’imposta di ammontare pari alle imposte pagate per effetto della concorrenza alla formazione del reddito complessivo dei canoni non riscossi.
Analizzando le coperture finanziarie previste nel decreto e relative a tale novità (9,1 milioni di euro, per l’anno 2020; 26,7 milioni di euro, per l’anno 2021; 39,3 milioni di euro per l’anno 2022; 28,5 milioni di euro, per l’anno 2023; 18,6 milioni di euro, per l’anno 2024) risulta, in tutta la sua evidenza, che lo Stato ha da anni fatto affidamento su entrate derivanti da redditi mai percepiti dai cittadini.
La nostra legislazione non prevede, invece, la possibilità, per i locatori, di non dichiarare i canoni non percepiti a causa della morosità dei conduttori per gli immobili locati ad uso diverso da quello di abitazione. L’Uppi, visto il numero crescente di sfratti per morosità di immobili locati ad uso diverso da quello di abitazione, auspica da tempo un intervento normativo che consenta ai locatori di tali unità immobiliari di non dichiarare il canone di locazione nel caso in cui vi sia una convalida di sfratto, al pari di quello che avviene oggi esclusivamente per le locazioni abitative. Attualmente sia la prassi (C.M. 150/1999, § 1.1) che la giurisprudenza (Cass. 11158 del 10 maggio 2013) sono concordi nel ritenere che, in assenza di procedimento giurisdizionale concluso, il canone di locazione vada comunque dichiarato ancorché non percepito. Sarebbe bastato estendere alle locazioni ad uso diverso dall’abitativo la disposizione di salvaguardia prevista dall’art. 26 del TUIR, invece i proprietari dovranno ancora attendere.
Tassare i canoni di locazione immobiliare a prescindere dalla loro effettiva percezione è evidentemente una violazione costituzionale; in particolare, tassare un reddito non percepito appare non degno di un moderno stato europeo.
In conclusione, possiamo affermare che solo un calo delle imposte sulla casa ed una estrema semplificazione della tassazione e delle procedure burocratiche del settore potranno rilanciare il comparto immobiliare e far ripartire l’intera economia italiana.