Il domicilio fiscale del contribuente, così come indicato nell’ultima dichiarazione dei redditi, rappresenta il luogo in cui vanno eseguite le notificazioni degli atti. È questa la sostanza di una recente sentenza di Cassazione cui FiscoOggi, l’organo ufficiale d’informazione dell’Agenzia delle Entrate, ha dedicato un approfondimento a firma di Massimo Cancedda, che riportiamo di seguito.
Il domicilio fiscale del soggetto passivo d’imposta determina la competenza dell’ufficio finanziario e la sua variazione, comunicata con la dichiarazione annuale all’Amministrazione, è idonea a radicare la competenza in capo all’Agenzia delle entrate nella cui circoscrizione l’interessato ha indicato il nuovo domicilio.
Detta facoltà di variazione va esercitata in buona fede e, pertanto, il contribuente che abbia indicato in dichiarazione un domicilio fiscale diverso da quello precedente non può successivamente invocare il difetto di competenza e, quindi, l’invalidità dell’atto emesso dall’ufficio del domicilio da lui stesso dichiarato.
Questi, in breve, i principi confermati dalla V sezione della Cassazione con l’ordinanza n. 23362 dello scorso 23 ottobre, ove si ribadisce altresì che, laddove non consti un recapito attuale del contribuente, la potestà impositiva spetta all’Ufficio dell’ultimo domicilio fiscale noto.
La direzione provinciale II di Milano emetteva quattro avvisi di accertamento, per gli anni 2005, 2006, 2007 e 2009, nei confronti di una persona fisica che non aveva presentato le dichiarazioni dei redditi per tali annualità e la cui ultima dichiarazione, relativa all’anno 1999, evidenziava quale domicilio fiscale dell’interessato il comune di Segrate.
La pronuncia di primo grado, che aveva accolto parzialmente il ricorso, veniva riformata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia la quale, con sentenza n. 68/49/2013 del 17 maggio 2013, accoglieva l’appello della parte privata ritenendo, per quanto di interesse, il difetto di competenza territoriale dell’ufficio che aveva emesso gli atti.
A parere del giudice di seconde cure, la competenza andava radicata in capo all’Agenzia delle entrate di Savona, avendo l’interessato la propria dimora nel comune di Andora, ricompreso nella medesima provincia.
Tale conclusione, secondo la Ctr era supportata, tra l’altro, dalla circostanza che il Comune di Andora aveva richiesto alla Guardia di finanza di Albenga di eseguire indagini patrimoniali e reddituali nei confronti dell’istante; che le Fiamme gialle, nello stilare il rapporto, avevano fatto riferimento a soggetto “con domicilio fiscale (abitazione) Andora (SV)”; che il Tar Liguria aveva obbligato il medesimo Comune alle prestazioni sociali agevolate a favore del ricorrente.
In particolare, poi, secondo il giudice di appello era irrilevante che dall’anagrafe tributaria risultasse che i dati anagrafici del soggetto accertato erano risultati “validati” dal Comune di Segrate il 17 luglio 2002, perché il Comune stesso, con certificato del luglio 2009, aveva rilevato che il contribuente era stato cancellato dal registro della popolazione a decorrere dal 10 marzo 2003.
Nel ricorso di legittimità, l’Agenzia deduceva che, non avendo il contribuente mai comunicato alcuna variazione della residenza o del proprio domicilio fiscale, rispetto a quelle, nel Comune di Segrate, risultanti dall’ultima dichiarazione risalente al 1999, l’ultimo recapito noto doveva considerarsi idoneo a radicare la competenza in capo all’ufficio di Milano, anche per il principio di buona fede e di affidamento.
La Corte ha accolto il ricorso ricordando in primis che, in base all’articolo 31 del Dpr n. 600/1973, la competenza dell’ufficio finanziario va individuata in ragione del domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata e che, ai sensi del successivo articolo 58, le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel Comune nella cui anagrafe sono iscritte, “con obbligo di comunicare formalmente all’Amministrazione ogni successiva variazione, non avendo alcuna rilevanza altri elementi fattuali”.
Inoltre, spiegano ancora i giudici di piazza Cavour, l’eventuale variazione del domicilio fiscale comunicata nella dichiarazione annuale dei redditi è atto idoneo a rendere noto all’Amministrazione il nuovo domicilio “anche ai fini della legittimazione a procedere, che spetta all’ufficio nella cui circoscrizione il contribuente ha indicato il nuovo domicilio”.
Detta facoltà di variazione, conclude la Cassazione, deve essere esercitata in buona fede, nel rispetto del principio dell’affidamento che deve informare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario: di conseguenza, il contribuente che abbia indicato nella dichiarazione dei redditi il domicilio fiscale in un luogo diverso da quello precedente non può invocare detta difformità, sfruttando a suo vantaggio anche un eventuale errore, al fine di eccepire, sotto il profilo dell’incompetenza per territorio, l’invalidità dell’atto di accertamento compiuto dall’ufficio del domicilio da lui stesso dichiarato
Nel sistema giuridico tributario assume un rilievo essenziale la nozione di “domicilio fiscale”, concetto che trova esclusiva cittadinanza in materia fiscale e che riassume l’imprescindibile relazione spaziale tra il contribuente e l’ufficio finanziario, predeterminata dalla legge (Cassazione, n. 23334/2017), con riguardo a qualunque possibile soggetto passivo d’imposta.
In particolare, il domicilio fiscale, oltre a individuare il luogo in cui devono essere eseguite le notificazioni degli atti tributari (articolo 60, primo comma, lettera c), Dpr n. 600/1973), fissa anche la competenza territoriale dell’Agenzia delle entrate, che ha titolo per l’esercizio della potestà impositiva.
Per quanto attiene a questo secondo profilo e relativamente alle persone fisiche, anche da ultimo è stato ribadito che il legislatore tributario “colloca ex lege ogni contribuente nel proprio Comune di residenza, a meno che questi non abbia indicato il domicilio fiscale in un altro luogo al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi” (Cassazione, n. 21399/2020); e, inoltre, che “la variazione di domicilio regolarmente notificata radica la competenza territoriale a decorrere dalla dichiarazione contenente la variazione di domicilio e non è ‘retroattiva’” (Cassazione, n. 18391/2020).
In definitiva, l’ordinanza in commento consolida un quadro interpretativo stratificato e, nel ribadire il ruolo che deve essere riconosciuto in ambito tributario ai canoni della buona fede e della tutela dell’affidamento nei rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria, (articolo 10 dello Statuto del contribuente), conferma che detti principi generali assumono un rilievo decisivo anche quando si tratta di dirimere problematiche quali quella affrontata nella fattispecie.