[A cura di: Alessandro Di Francesco, Centro Studi Anaip – nazionale.anaip.it]
Come certamente ben saprete, la Legge 220/2012 (c.d. “Riforma del Condominio”) ha espressamente sancito che l’incarico di amministratore possa essere svolto, oltre che dalle persone fisiche, anche dalle società di cui al titolo V del libro V del Codice Civile (si veda l’art. 71 bis delle Disposizioni per l’attuazione del Codice Civile).
Per comprendere, dunque, se e come il proprio compenso debba essere assoggettato a ritenuta, occorre preliminarmente considerare la natura del proprio reddito (reddito da lavoro autonomo = persona fisica; oppure reddito d’impresa = persona giuridica) e successivamente il regime fiscale adottato.
In funzione di quanto sin qui detto, quindi, l’incarico di amministratore di condominio può essere esercitato sia nella tradizionale forma di persona fisica professionista autonomo titolare di partita Iva, che in quella di persona giuridica (società di persone o di capitali).
Nel primo caso, il professionista svolge la propria attività scegliendo il regime fiscale con il quale operare tra le possibili forme a disposizione:
Se il professionista opta per il regime ordinario o per il semplificato, all’atto dell’emissione della fattura relativa al proprio compenso sarà soggetto all’applicazione della ritenuta Irpef del 20% da parte del condominio sostituto d’imposta. Si ricorda, a tal proposito, come cambi la base imponibile su cui applicare la detta ritenuta, a seconda che il professionista sia iscritto alla gestione separata dell’Inps oppure ad una cassa di previdenza professionale; nel primo caso, infatti, il contributo (eventuale) di rivalsa del 4% costituirà base imponibile insieme al compenso netto su cui calcolare la ritenuta del 20%, mentre nel caso di professionisti iscritti ad una cassa di previdenza professionale, quali ad esempio geometri, avvocati, commercialisti, etc., la ritenuta sarà calcolata solo sul compenso netto, non considerando il contributo previdenziale che non costituisce base imponibile ai fini Irpef.
Se il professionista opta, invece, per il regime agevolato, non subirà alcuna ritenuta dal condominio, a condizione che l’adesione al regime agevolato sia ben evidenziata (con apposita dicitura) nella fattura emessa.
Nella seconda ipotesi (società di persone o di capitali) saremo in presenza di reddito d’impresa e non di lavoro autonomo: se l’amministrazione del condominio sarà affidata ad una società, quest’ultima non subirà, all’atto di emissione della fattura, alcuna ritenuta dal condominio. Ciò in quanto la prestazione esercitata dalla società avviene nell’ambito di un rapporto di mandato di rappresentanza che, per espressa previsione, normativa non è riconducibile ad un contratto di appalto di opere o servizi. Infatti, il contratto di mandato di cui all’art. 1703 c.c. si contraddistingue per il compimento di atti giuridici, a differenza del contratto d’opera, di cui all’art. 2222 c.c., che ha invece per oggetto lo svolgimento di un’attività materiale.
La risoluzione n. 99/E del 15 maggio 2007 dell’Agenzia delle Entrate recita testualmente a tal proposito: “… In merito all’applicazione della ritenuta d’acconto ai compensi spettanti all’amministratore di condominio, nelle ipotesi in cui il predetto incarico sia assunto da una società, si evidenzia che l’articolo 25, primo comma, del DPR n. 600 del 1973, dopo aver stabilito – nel secondo periodo – che la ritenuta d’acconto del 20% prevista per i redditi di lavoro autonomo deve essere operata dal condominio in qualità di sostituto d’imposta anche sui compensi percepiti dall’amministratore di condominio, precisa – nell’ultimo periodo – che la ritenuta non deve essere operata per le prestazioni effettuate nell’esercizio di imprese. La ritenuta in esame pertanto non deve essere operata sui compensi spettanti alle società di persone commerciali ed alle società di capitali per l’attività di amministratore di condominio, atteso che i redditi conseguiti dalle predette società sono considerati redditi d’impresa da qualsiasi fonte provengano, in applicazione rispettivamente dell’articolo 6, comma 3 e dell’articolo 81, comma 1 del TUIR…”.
Ne consegue che certamente non è applicabile nemmeno la ritenuta del 4% che, ai sensi dell’articolo 25 ter del DPR 600/1973, va operata esclusivamente sui corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi.
Diversamente, “la ritenuta (del 20%) deve invece applicarsi nell’ipotesi in cui il compenso sia corrisposto ad una società tra professionisti (studi associati/associazioni tra professionisti) di cui al decreto legislativo n. 96 del 2001 (e successive modifiche ed integrazioni), i cui redditi – come chiarito con risoluzione n. 118/E del 2002 – costituiscono redditi di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 53 del TUIR”.
Rimane ovviamente sottinteso che se l’amministratore professionista, per motivi propri, dovesse avvalersi dell’opera di altri professionisti, assumerebbe nei confronti di questi ultimi il ruolo di sostituto d’imposta; così non è per il professionista in regime forfettario che non è sostituto d’imposta (si veda l’articolo 69 della L. 190/2014, Legge di stabilità 2015).), ma che rimane comunque soggetto a particolari obblighi informativi (comunicazione del codice fiscale dei percipienti ed ammontare dei redditi loro corrisposti).