L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 15/E del 12 luglio 2018, chiarisce la disciplina dei “beni significativi” (articolo 7, comma 1, lettera b, legge 488/1999), quelli individuati dal decreto ministeriale 29 dicembre 1999, tenendo conto dell’interpretazione autentica di queste regole fornita dall’ultima legge di bilancio (articolo 1, comma 19, della legge 205/2017).
In linea generale, il documento di prassi ricorda che la categoria dei “beni significativi” incide sulle agevolazioni Iva previste per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio. In sintesi, la norma regolatrice degli sconti, contenuta nella Finanziaria 2000, ha previsto l’aliquota Iva ridotta del 10% per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria (articolo 3, primo comma, lettere a) e b) del Testo unico dell’edilizia, Dpr 380/2001), se eseguiti su immobili a prevalente destinazione abitativa.
L’agevolazione coinvolge le prestazioni di servizi complessivamente rese e quindi comprende anche le materie prime e semilavorate e gli altri beni necessari per realizzare l’intervento, a condizione che siano forniti da chi ha eseguito i lavori. Il valore di tali beni, in sostanza, confluisce nel valore della prestazione di servizi e, ai fini del bonus, non è necessaria una loro distinta indicazione.
Diverso è, invece, il trattamento fiscale dei “beni significativi” (Dm 29 dicembre 1999), cioè:
il cui valore, in linea di massima, assume una certa rilevanza rispetto a quello delle forniture effettuate nell’ambito degli interventi agevolati di recupero del patrimonio edilizio. Ebbene, prescrive la norma, in merito ai beni significativi, l’aliquota agevolata si applica soltanto sulla differenza tra il valore complessivo della prestazione e quello dei beni stessi.
Ipotizziamo, ad esempio, il rifacimento del bagno a un costo totale di 10.000 euro, di cui 3.000 per la manodopera e 7.000 per rubinetteria e sanitari: la manodopera va tutta al 10%, mentre, con riferimento ai 7.000 euro per i beni significativi, l’Iva al 10% è applicabile solo fino a 3.000 euro, cioè sulla differenza tra l’importo complessivo dell’intervento (10.000) e quello degli stessi beni significativi (7.000); sugli altri 4.000 euro, si applica l’aliquota ordinaria del 22%.
Su tale argomento è intervenuta, con una interpretazione autentica, l’ultima legge di bilancio (articolo 1, comma 19, legge 205/2017), chiarendo, in particolare:
Tanto premesso, ai chiarimenti della legge seguono ora i dettagli dell’Agenzia che, prima di tutto, nell’ammettere la tassatività della lista di cui al Dm 29 dicembre 1999, precisa che vanno considerati “beni significativi” anche quelli che hanno le stesse funzionalità dei beni elencati. Si pensi, ad esempio, alle stufe a pellet che, se utilizzate per riscaldare l’acqua, alimentare il sistema di riscaldamento e per produrre acqua sanitaria, possono essere tranquillamente assimilate alle caldaie, vale a dire a “beni significativi”.
Procedendo con ordine, la circolare chiarisce che il valore delle parti staccate del bene significativo confluisce in quello della prestazione, cioè gode dell’aliquota agevolata, solo se tali parti sono connotate da una propria autonomia funzionale. A tal proposito propone degli esempi illuminanti, come l’installazione di tapparelle, scuri, veneziane, zanzariere, inferriate o grate di sicurezza. Tali sistemi, oscuranti o protettivi, sono generalmente autonomi rispetto agli infissi e il loro costo non viene attratto da quello di questi ultimi. Ma, nel caso in cui le tapparelle (o gli altri sistemi oscuranti) o le zanzariere siano strutturalmente integrate negli infissi, il loro valore, ai fini dell’applicazione dell’aliquota agevolata, confluisce in quello dei beni significativi. Grate e inferriate, invece, sono sempre autonome e vanno in ogni caso al 10 per cento.
Sulla determinazione del valore specifico dei beni significativi, la circolare precisa che da questo deve essere escluso il mark-up, vale a dire il margine aggiunto dal prestatore al costo di produzione o al costo di acquisizione del bene: ciò che conta è solo il costo “originario”.
Per quanto riguarda le indicazioni sulla fatturazione, si legge che il prestatore è tenuto a indicare puntualmente, oltre al corrispettivo complessivo dell’operazione, comprensivo del valore dei beni significativi forniti nell’ambito dell’intervento, anche il valore degli stessi beni, evidenziando separatamente l’ammontare dell’imposta con applicazione dell’aliquota del 10% e quello risultante dall’applicazione dell’aliquota ordinaria.
La circolare, infine, chiarisce che, trattandosi di norma di interpretazione autentica, la stessa ha efficacia retroattiva. Tuttavia, i comportamenti difformi tenuti dai contribuenti fino al 31 dicembre 2017 non potranno essere oggetto di contestazione, mentre quelle già operate andranno abbandonate, sempre che il rapporto non sia esaurito; in ogni caso, non è rimborsabile l’eventuale maggiore imposta applicata sulle operazioni effettuate entro quella data.