[A cura di: Filippo Lucchese – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate] Le unità immobiliari censite negli archivi del Catasto edilizio urbano risultano, al 31 dicembre 2017, poco meno di 75 milioni, oltre l’80% delle quali comprese nelle sole categorie A e C.
L’analisi dettagliata e completa di tutte le informazioni relative a tale patrimonio è stata sviluppata, come è ormai tradizione, nelle “Statistiche catastali”, rapporto disponibile sul sito dell’Agenzia delle entrate, giunto alla dodicesima edizione. Il volume fornisce, su scala nazionale, una mappa del numero, della consistenza, della rendita e della natura giuridica degli intestatari dell’intero panorama delle unità immobiliari censite in Catasto.
Le unità che presentano una rendita catastale sono quelle appartenenti, rispettivamente, alle categorie A, B, C, D ed E, e risultano poco meno di 65 milioni; i restanti 10 milioni fanno parte della categoria F (unità censite al solo scopo inventariale), dei cosiddetti beni comuni non censibili (ovvero unità di proprietà comune) e di una componente residuale di unità ancora in lavorazione (poco meno di 100mila). Considerando le unità con rendita e le F, ovvero le categorie oggetto di particolare approfondimento nel rapporto, si è registrata, nel 2017, una crescita aggregata di poco più di 500mila unità rispetto all’anno precedente (+0,8%); con riferimento agli intestatari, si ha una netta prevalenza (90% circa) delle persone fisiche nella categoria A (escluse le A/10, ovvero gli uffici), nella categoria C e, in proporzione leggermente minore (poco meno dell’80%), nella categoria F, una prevalenza assai meno marcata nelle A/10 (56% circa) e un rapporto ribaltato nelle restanti categorie.
Alcuni equilibri si modificano in modo significativo se si ragiona in termini di rendita, escludendo dunque dal ragionamento gli immobili relativi alla categoria F: in questo caso, il tasso di crescita aggregata rispetto al 2016 è inferiore (+0,4%) e cresce il peso delle categorie E, B e soprattutto D (che sfiora il 30% del totale), a discapito, per lo più, della categoria C.
Di seguito, una sintesi dei principali riscontri relativi alle singole categorie.
Al gruppo D (immobili a destinazione speciale) appartengono quasi 1,6 milioni di unità (+1,6% rispetto al 2016), per lo più concentrate nelle categorie D/1 (opifici, 495mila circa), D/10 (edifici a uso agricolo, 420mila circa), D/7 (edifici a uso industriale, 293mila circa) e D/8 (edifici a uso commerciale). La categoria D/10 è l’unica in cui prevalgono, come intestatari, le persone fisiche (oltre il 90%). Particolarmente rilevante risulta il dato relativo alla rendita, in virtù della destinazione d’uso degli immobili interessati: l’ammontare supera, infatti, i 10,5 miliardi di euro (+0,5% rispetto al 2016) e rappresenta circa il 28% del totale dello stock nazionale, come accennato anche in precedenza.
Gli immobili del gruppo E (a destinazione particolare) risultano, infine, poco meno di 100mila (+1,8% rispetto al 2016), in gran parte concentrati nelle categorie E/3 (edifici per speciali esigenze pubbliche, con oltre 42mila unità) ed E/9 (categoria residuale, con quasi 32mila unità); la rendita aggregata (oltre 775 miliardi di euro) risulta invece in calo dell’1% rispetto al dato dell’anno precedente.