A Cura di: Antonio De Luca, Dottore Commercialista
La sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 9839 del 14 aprile 2021 ha sancito che si considerano nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previsti ai sensi dell’art. 1135 nn. 2 e 3 c.c. e che è sottratta al metodo maggioritario.
Si ritengono, invece, meramente annullabili le deliberazioni aventi a oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle relative spese di gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio di dette attribuzioni assembleari, non contrarie a norme imperative, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto ai sensi dell’art. 1137 comma 2 c.c.
Nel caso analzzato dalla Cassazione, un condomino, a seguito di condanna al pagamento nella misura di un terzo (ossia secondo i criteri dettati dall’art. 1126 c.c.) delle spese sostenute per i lavori di rifacimento e impermeabilizzazione del lastrico solare, aveva presentato ricorso chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo, sostenendo la nullità della delibera assembleare costituente titolo per l’ingiunzione.
Al centro della question si colloca la contrapposizione tra vizi di sostanza – come tali, afferenti al contenuto delle deliberazioni e determinanti la nullità delle stesse – e vizi di forma – aventi a oggetto le regole procedimentali per la formazione delle deliberazioni assembleari, suscettibili unicamente di annullamento.
Si enuncia quindi un principio di diritto, a seguito di un’analisi comparativa condotta mediante la verifica dell’applicabilità dell’art. 1418 c.c. (norma generale in materia di invalidità contrattuale) alle deliberazioni dell’assemblea condominiale, avendo cura di attribuire rilevanza al carattere collegiale dell’assemblea, al principio maggioritario che governa il mondo delle delibere condominiali, nonché dell’ambito in cui esse possono operare (comunque circoscritto alla disciplina posta dall’art. 1137 c.c.).
In sostanza, la nullità della delibera condominiale potrà predicarsi solo a fronte: della mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali (volontà della maggioranza; oggetto, causa; forma) tale da determinare la deficienza strutturale della deliberazione; dell’impossibilità dell’oggetto in senso materiale e in senso giuridico, da intendersi riferito al contenuto della delibera; della illiceità, ossia a fronte di una statuizione contraria a norme imperative.
Non possono invece ritenersi nulle le delibere assembleari che, seppur in deroga alle disposizioni di legge e convenzionali, non abbiano modificato in astratto e per il futuro i criteri di ripartizione delle spese comuni, ma che abbiano semplicemente disposto la ripartizione fra i condomini di spese particolari, nell’ambito delle attribuzioni riconosciute all’assemblea condominiale ex art. 1135 nn. 2 e 3 c.c., in pretesa violazione dei criteri normativi dettati dagli artt. 1123 e 1126 c.c.