Se l’immobile viene ceduto, a chi spetta il pagamento dei contributi condominiali pregressi, ancora inevasi? Al vecchio proprietario oppure al nuovo? È la questione sulla quale si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza 702 del 16 gennaio 2015, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 16.1.2015, n. 702
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(omissis)
Il condominio ha proposto ricorso affidato a due motivi. M. G. è rimasto intimato.
OSSERVA IN DIRITTO
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1123 c.c. e art. 63 disp. att. c.p.c., comma 1.
Il condominio sostiene che i contributi condominiali non potevano essere richiesti ad altri se non al condomino e non potevano essere richiesti, indipendentemente dal momento di erogazione della spesa o dalla data di insorgenza dell’obbligazione, ad un soggetto che, avendo ceduto l’immobile non era più condomino; la limitazione di responsabilità di cui alla richiamata norma non potrebbe riguardare il rapporto tra l’attuale condomino e il condominio, ma soltanto rapporti tra l’acquirente e il venditore.
1.1. Il motivo è manifestamente infondato.
La circostanza che il condominio non possa agire in via monitoria nei confronti di un soggetto che non è più condomino, non esclude la possibilità di un’azione ordinaria. Proprio in una fattispecie nella quale la Corte di Appello aveva ritenuto l’acquirente, in virtù della sua sola qualità di condomino, tenuto a contribuire alle spese perché gli artt. 1104 e 1123 c.c., pongono a carico del condomino l’obbligo di concorrere alle spese di conservazione e godimento delle cose comuni, senza che tale obbligo possa essere derogato dalle disposizioni dettate dall’art. 63 disp. att. c.c., questa Corte aveva invece rilevato che la norma in questione, che limita al biennio precedente all’acquisto l’obbligo del successore nei diritti di un condomino di versare, in solido con il dante causa, i contributi da costui dovuti al condominio è norma speciale rispetto a quella posta, in tema di comunione in generale, dall’art. 1104 c.c., u.c., che rende il cessionario obbligato, senza alcun limite di tempo, in solido col cedente a pagare i contributi dovuti dal cedente e non versati.
Pertanto, in tema di contributi condominiali (anche nei rapporti tra il condomino cessionario e il condominio) va fatta applicazione dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 2, poiché, il rinvio operato dall’art. 1139 cod. civ. alle norme sulla comunione in generale vale, per espressa previsione dello stesso articolo, solo per quanto non sia espressamente previsto dalle norme sul condominio (Cass. 18/8/2005 n. 16975).
D’altra parte, se il legislatore avesse inteso rendere il cessionario responsabile illimitatamente del pagamento dei contributi nei confronti del condominio non avrebbe ritenuto necessaria la previsione normativa di cui all’art. 63 disp. att. c.c., rendendola, peraltro, inderogabile (art. 73 stesse disposizioni), ma avrebbe ritenuto sufficiente la previsione di cui all’art. 1104 c.c..
Questi principi sono stati successivamente e recentemente richiamati, in motivazione, da Cass. 10/4/2013 n. 8782 che ha osservato che la determinazione del momento di maturazione dell’obbligo di contribuzione alle spese condominiali è importante sia con riferimento ai rapporti interni tra l’alienante e l’acquirente della singola unità immobiliare, sia avuto riguardo ai rapporti esterni con il condominio, tenendo conto, in particolare, della puntuale disciplina dettata dall’art. 63 disp. att. c.c., che, in quanto tale, prevale su quella generale in tema di comunione prevista dall’art. 1104 c.c..
2. Con il secondo motivo il condominio ricorrente deduce l’erronea applicazione di un principio di diritto affermato da Cass. n. 24564 del 2011 e sostiene che il giudice di appello avrebbe errato nel ritenere che l’obbligazione sarebbe sorta con l’ordinanza del 23/5/2005, trattandosi di provvedimento provvisorio, mentre l’obbligazione sarebbe stata definitivamente accertata nel 2008 con la sentenza che concludeva il procedimento, quando il M. era già proprietario.
2.1. Il motivo è inammissibile in quanto non è specificata la norma che si assume violata e non è neppure rinvenibile dalla sentenza richiamata nel motivo (la n. 24564 del 2011) che si riferisce a materia (previdenziale) non pertinente; la questione relativa alla data di insorgenza dell’obbligazione oltre a non risultare attinta da specifico vizio di motivazione, risulta altresì infondata in quanto l’obbligo per i condòmini era sorto sin dal momento dell’ordinanza (che non risulta revocata) con la quale erano ordinati i lavori sul lastrico solare.
3. In conclusione il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 380 bis e 375 c.p.c., per essere dichiarato manifestamente infondato.
Il ricorso è stato notificato dopo il 31/1/2013 e pertanto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, deve dichiararsi la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis.
Il collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e la proposta del relatore.
Pertanto il ricorso deve essere rigettato per manifesta infondatezza.
Non v’è luogo a provvedere sulle spese di questo giudizio di cassazione perché l’intimato non si è costituito.
(omissis)
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso.