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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III pen., sent. n. 1773/2017
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RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Messina rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di S.D. avverso il decreto di sequestro preventivo di appartamenti di sua proprietà in … emesso dal G.I.P. del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in relazione ai reati di cui agli artt. 110 e 81 cod. pen. e 3, comma 1, nn. 2 e 3 legge 75 del 1958.
Secondo la difesa, gli appartamenti non potevano essere considerati “casa di prostituzione”, non essendo aperti al pubblico; il locatore non era consapevole dell’esercizio della prostituzione che avveniva all’interno degli appartamenti, da lui regolarmente concessi in locazione, cosicché non era configurabile il delitto di favoreggiamento della prostituzione.
(omissis)
Al contrario, il Tribunale ravvisava il fumus del reato di favoreggiamento della prostituzione: in effetti, la locazione dei due appartamenti non perseguiva alcuna finalità abitativa, essendo i contratti intestati a soggetti che non avevano mai risieduto negli immobili, vivendo in altre regioni; il contratto, piuttosto, fungeva da schermo per ammantare di liceità un’attività consapevole e sistematica di favoreggiamento della prostituzione.
Sussisteva anche il fumus del reato di sfruttamento della prostituzione, atteso che i due miniappartamenti fruttavano una somma nettamente superiore ai canoni di mercato, benché di modestissime dimensioni.
Infine era provata la conoscenza da parte dell’indagato dell’utilizzo all’esercizio della prostituzione dei due immobili; sussisteva il periculum in mora, essendo presumibile la prosecuzione dell’attività illecita.
2. Ricorre per cassazione il difensore di S.D., deducendo violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. in ordine alla sussistenza del fumus del delitto di favoreggiamento della prostituzione nonché violazione dell’art. 3 legge 75 del 1958 e vizio della motivazione.
Il Tribunale aveva violato l’insegnamento di questa Corte secondo cui la locazione di appartamenti a prostitute integra il delitto di favoreggiamento esclusivamente nel caso in cui il locatario fornisce ulteriori attività che esulano dal contratto di locazione.
Con un secondo motivo il ricorrente deduce analoghi vizi con riferimento all’affermazione della sussistenza del fumus del delitto di sfruttamento della prostituzione.
Il Tribunale non aveva motivato l’affermazione secondo cui i due appartamenti di fatto integravano uno solo, non aveva tenuto conto che essi erano forniti ammobiliati, né che il contratto di locazione, della durata di 18 mesi, comprendeva anche i mesi estivi e, quindi, era parametrato alla natura di località turistica di M.; non aveva confrontato il prezzo della locazione con i valori di mercato; inoltre l’unica prostituta che aveva dichiarato di aver pagato il canone di locazione a S. aveva indicato un canone di euro 350 mensili.
In definitiva, non vi era alcuna sproporzione tra i valori di mercato e il canone praticato per l’appartamento in questione.
3. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
(omissis)
2. Anche nel primo motivo di ricorso – concernente il fumus del delitto di favoreggiamento della prostituzione – viene espressamente dedotto un analogo vizio motivazionale (motivo, pertanto, inammissibile); tuttavia il ricorrente denuncia anche una violazione di legge, sostenendo che il Tribunale avrebbe adottato un’interpretazione della norma incriminatrice errata, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, ritenendo sufficiente per l’integrazione del reato la locazione di immobili a prostitute con la consapevolezza che esse lo utilizzeranno per l’esercizio della prostituzione.
In effetti, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che la cessione in locazione, a prezzo di mercato, di un appartamento ad una prostituta, anche se il locatore sia consapevole che la locataria vi eserciterà la prostituzione in via del tutto autonoma e per proprio conto, non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione, atteso che la stipulazione del contratto non rappresenta un effettivo ausilio per il meretricio (Sez. 3, n. 28754 del 20/03/2013); ricorre il reato se, oltre al godimento dell’immobile, vengono fornite prestazioni accessorie che esulino dalla stipulazione del contratto ed in concreto agevolino il meretricio (come nel caso di esecuzione di inserzioni pubblicitarie, fornitura di profilattici, ricezione di clienti o altro) (Sez. 3, n. 33160 del 19/02/2013).
Ma, a ben vedere, il Tribunale recepisce espressamente questa giurisprudenza e, quindi, accoglie la corretta interpretazione normativa del reato di favoreggiamento della prostituzione.
Piuttosto – con motivazione non sindacabile in questa sede – l’ordinanza evidenzia alcune circostanze di fatto che permettono di differenziare il caso concreto: il fatto che nessuno – tanto meno la conduttrice formale – abitasse stabilmente negli appartamenti, in cui dimoravano esclusivamente prostitute “di passaggio”, destinate ad operare in loco per pochi giorni per poi essere sostituite da altre; la consapevolezza da parte dell’indagato della destinazione degli appartamenti ad uso esclusivo e stabile dell’esercizio della prostituzione; infine, la prestazione di un “servizio aggiuntivo”, costituito dall’accoglienza di una delle prostitute, cui S.D. aveva consegnato le chiavi dell’appartamento e dalla quale aveva ricevuto direttamente un “canone di locazione” del tutto differente da quello concordato con la formale conduttrice.
3. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di euro 2.000 in favore delle Cassa delle Ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.