[A cura di: Andrea Tolomelli, presidente Alac – Confcommercio Bologna]
La normativa di riferimento è l’articolo 1130, comma 6 del codice civile, così come modificato dalla nota legge di riforma dell’istituto del condominio (legge 220/2012) e dal successivo d.l. 145/2013 “c.d. destinazione Italia”, convertito in legge 21 febbraio 2014.
Così, a mente dell’articolo in parola:
L’amministratore deve “curare la tenuta del registro anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali di godimento comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta (att. C.63”5”). L’amministratore in caso di inerzia, mancanza o incompletezza della comunicazione, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta riposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili.
Il Legislatore in sede di riforma, oltre ad introdurre un ulteriore registro a cura dell’amministratore di Condominio (unitamente agli altri due nuovi registro di nomina e revoca e registro di contabilità ed allo “storico” registro verbali assembleari) interviene, così, nelle modalità di gestione e tenuta dei documenti condominiali da parte degli studi amministrativi, unificando in un unico “registro” la raccolta dei dati anagrafici e quella dei documenti afferenti alla sicurezza dell’immobile.
Difatti, non è per nulla nuova per gli amministratori di condominio la necessità di catalogazione di dati anagrafici dei condòmini per quanto afferente ad una corretta convocazione e gestione dell’assemblea dei condòmini, dei rapporti fiscali ed in generale della vicende della vita condominiale come pure la conservazione di tutte le documentazioni afferenti alla sicurezza dell’immobile.
La Legge di riforma, in maniere innovativa, prevede dunque la catalogazione in un unico “registro” di tali dati anagrafici e di sicurezza
È da evidenziare che il citato decreto destinazione Italia ha per l’appunto inserito nel testo originario del riformato articolo, l’inciso: “delle parti comuni dell’edificio”. Con tale precisazione si è sgombrato il campo da una paventata necessità di raccolta di informazioni sulla sicurezza delle proprietà esclusive e degli impianti a loro esclusivo servizio, limitando l’operatività della norma al, “giusto”, campo delle proprietà ed impianti comuni a tutti i condòmini.
Tuttavia, se il Legislatore è estremamente preciso nel dettagliare il contenuto della parte anagrafica (generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali di godimento comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare) non è altrettanto meticoloso per quanto attiene alla parte dei dati inerenti alla sicurezza. Trattasi, dunque, di una previsione generale (per l’appunto: “ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio”) dalla quale, ovviamente, non possiamo far discendere una vincolante elencazione di documenti e/o attività da includersi.
Però, siamo in presenza di norma vigente e direttamente applicabile, che ad oggi vincola l’amministratore ad una raccolta catalogata di tutti i documenti che afferiscono alla sicurezza degli impianti presenti nel condominio. Di qui, una riflessione in ordine al concetto di sicurezza dell’impianto, che se da un lato include sicuramente la certificazione di conformità all’atto del montaggio e/o attivazione dello stesso, dall’altro non può prescindere dalla periodica verifica del medesimo impianto.
Si impone all’amministratore con questo testo normativo una ragionata verifica per l’appunto delle condizioni di sicurezza dell’immobile. Nulla è previsto nello specifico per quanto attiene all’esame delle condizioni di sicurezza sismica, oggigiorno molto dibattute, ma che ben potrà essere ricondotta a tale disposto ove imposta con provvedimenti legislativi ad hoc, quali quelli afferenti al c.d. “fascicolo del fabbricato”. Dal punto di vista della documentazione tecnico-amministrativa, si ritiene quanto più opportuna la conservazione e/o acquisizione del certificato di conformità edilizia e agibilità, in quanto riprende l’esame di più circostanze di conformità originaria del fabbricato.
Il Legislatore riformatore prevede (all’articolo 1129 c.c.) che l’inottemperanza agli obblighi di cui all’articolo 1130, dunque anche quello alla tenuta del registro anagrafico di sicurezza, di cui l’amministratore è custode, costituisce grave irregolarità che può portare alla revoca giudiziale dell’amministratore.
Ai sensi del precedente undicesimo comma, la revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina, oppure disposta dell’Autorità giudiziale su ricorso di ciascun condomino nei casi di grave irregolarità. Il Giudice, sulla base degli elementi fornitigli, apprezzerà, dunque, la sussistenza nel caso concreto della lesione del vincolo fiduciario tra amministratore e condòmini tale da determinare la revoca dell’incarico, traendosi dalla norma un criterio di orientamento e non un parametro esclusivo di verifica.
Per completezza si rammenta che ai sensi dell’art. 1130 c.c. l’amministratore ha l’obbligo di conservare tutta la documentazione inerente gli atti dei propri gestori riferibili sia al rapporto con i condòmini sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio. A termine mandato, l’amministratore è tenuto ad una tempestiva riconsegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio ed ai singoli condòmini.