Bruciare plastica in condominio recando danno o disturbo ai vicini configura il reato di getto di cose pericolose, anche qualora l’episodio non sia continuativo bensì avvenuto una volta soltanto. È quanto disposto dalla cassazione con la sentenza 24817/2016, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III pen., sent, n. 24817, ud. 6.4.2016
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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 10 febbraio 2015, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti, a seguito di richiesta del P.M. di emissione di decreto penale nei confronti di I.C., per il reato di cui all’art. 674 cod. pen., perché dando fuoco a materiale plastico e in alluminio, provocava emissioni di fumi maleodoranti ed irritanti, atti a molestare il vicinato, pronunziava sentenza, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., perché il fatto non sussiste.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti e ne ha chiesto l’annullamento per inosservanza o erronea applicazione della legge penale e processuale. In primo luogo, il Giudice avrebbe prosciolto l’imputato ritenendo erroneamente la natura permanente del reato di cui all’art. 674 cod. pen. Avrebbe, poi, ritenuto insussistente il reato per essere l’episodio denunciato, e riscontrato dagli operanti intervenuti e dai testimoni, occasionale e sporadico. Il G.I.P. avrebbe, così, pronunciato una sentenza in presenza di situazione riconducibile alla carenza di indagini, nella specie prova delle emissioni, che avrebbero dovuto condurre il Giudice alla restituzione degli atti al P.M. ai sensi dell’art. 459 comma 3 cod. proc. pen. e non alla pronuncia della sentenza di proscioglimento.
3. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione ha chiesto l’accoglimento del ricorso ed il conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è fondato avendo il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Asti disatteso i principi ermeneutici affermati, in tema, da questa Corte.
5. Va rammentato che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, nel caso in cui il Pubblico Ministero abbia richiesto l’emissione del decreto penale di condanna, ai sensi dell’art. 459 c.p.p., comma 3 il G.I.P., qualora ritenga di non accogliere la richiesta, deve restituire gli atti al Pubblico Ministero a meno che non ritenga, ricorrendone i presupposti, di pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p. In tale caso, la sentenza di proscioglimento può essere pronunciata solo nel caso in cui risulti evidente positivamente l’innocenza dell’imputato o risulti evidente che non possono essere acquisite prove della sua colpevolezza, mentre l’analoga sentenza è preclusa quando l’infondatezza dell’accusa dovrebbe essere affermata mediante un esame critico degli elementi prodotti a sostegno della richiesta (omissis).
6. La sentenza assolutoria impugnata ha disatteso i principi ermeneutici sopra evidenziati. Il G.I.P. ha prosciolto l’imputato perché non sussisterebbe il reato in quanto la condotta non avrebbe avuto carattere permanente, ma (solo) occasionale e ciò sulla base delle valutazione delle dichiarazioni testimoniali dei vicini di casa dell’imputato. Tale conclusione non è per nulla condivisibile e disattende quanto pacificamente affermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui il reato di getto di cose pericolose, di cui all’art. 674 cod. pen., ha di regola carattere istantaneo e solo eventualmente permanente. La permanenza va ravvisata quando le illegittime emissioni sono connesse all’esercizio di attività economiche e legate al ciclo produttivo (Sez. 1, n. 2598 del 13/11/1997), mentre, con riguardo specifico all’emissione molesta di gas, di vapori o di fumo, la contravvenzione di cui all’art. 674 cod. pen., è un reato non necessariamente, ma solo eventualmente permanente, in dipendenza cioè della durata, istantanea o continuativa, della condotta che provoca le emissioni stesse (Sez. 1, n. 3162 del 10/11/1988).
Ne deriva, per l’integrazione del reato, che è sufficiente anche un solo atto mediante il quale si provoca un’emissione molesta, e che l’idoneità della condotta a produrre emissioni moleste deve essere dimostrata, con la conseguenza che il proscioglimento del G.I.P. è stato erroneamente pronunciato, poiché, non solo il Giudice ha disatteso il principio di diritto della natura istantanea del reato de quo, ma ha escluso l’idoneità della condotta emissiva, di cui al capo di imputazione, ad offendere o molestare le persone esposte, sulla base di una non consentita valutazione del materiale probatorio.
7. In definitiva, il Giudice è pervenuto al proscioglimento dell’imputato senza che fosse evidente l’insussistenza del fatto addebitato all’imputato e, dunque, non sussistevano i presupposti che presiedono all’obbligo di immediata declaratoria ex art. 129 c.p.p.
8. Deve, quindi, disporsi l’annullamento senza rinvio della sentenza con trasmissione degli atti al P.M. presso il Tribunale di Asti per il prosieguo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Asti.