Si spaccia per un ragioniere iscritto all’Anaci. Si fa nominare amministratore di condominio. E sottrae più di 65mila euro dalle casse del conto condominiale. Secondo la Cassazione, si configura il delitto di truffa e non quello di appropriazione indebita, come in tutti i casi in cui l’artificio e il raggiro risultino necessari alla appropriazione. Di seguito un estratto della sentenza 45980/2017.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. n. 45980/2017
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1.Con sentenza resa il 25/2/2014 il Tribunale di Palermo dichiarava B.L. colpevole dei delitti di truffa ed appropriazione indebita in danno del Condominio …, condannandolo alla pena di anni uno mesi tre di reclusione ed euro 300 di multa nonché al risarcimento del danno in favore della costituita p.c. con assegnazione di una provvisionale pari ad euro 40.000, al cui versamento subordinava il beneficio della sospensione condizionale.
Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Palermo dichiarava l’estinzione per maturata prescrizione dei reati ascritti all’imputato, confermando le statuizioni civili.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato personalmente, deducendo:
2.1. La violazione di legge e il vizio della motivazione in relazione all’art. 640 cod. pen.. Assume il ricorrente che la Corte territoriale sarebbe dovuta pervenire all’assoluzione del prevenuto in ordine alla contestata truffa, non sussistendo nella specie i requisiti costitutivi del delitto con particolare riguardo alla prova di artifizi e raggiri determinanti ai fini del contratto, dal momento che la scelta di affidare la gestione del condominio all’imputato fu determinata dalla circostanza che lo stesso aveva collaborato con il precedente amministratore;
2.2. La violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo all’art. 646 cod. pen., avendo la sentenza impugnata omesso di rilevare l’insussistenza della fattispecie appropriativa, aderendo acriticamente alla sentenza di primo grado laddove ha ritenuto il concorso tra le fattispecie ex artt. 640 e 646 cod. pen. senza considerare che appare giuridicamente inipotizzabile l’appropriazione indebita di una somma di danaro che costituisca profitto della truffa commessa dallo stesso imputato nei confronti della stessa p.o.;
(omissis)
3. Il ricorso è parzialmente fondato nei termini di seguito precisati.
3.1. I primi due motivi possono essere congiuntamente esaminati, concernendo la qualificazione giuridica delle condotte contestate e il ritenuto concorso dei reati ex art. 640 e 646 cod. pen.. Con il decreto di citazione a giudizio la pubblica accusa contestava al B.L. la violazione degli artt. 640, 61 n. 7 e 11 cod. pen. per aver falsamente dichiarato ai condomini di Viale … di essere iscritto all’Anaci, di essere in possesso di partita Iva e di essere ragioniere, così inducendoli alla nomina ad amministratore condominiale e procurandosi l’ingiusto profitto costituito dal prelievo dal conto condominiale di euro 65.897 nel periodo compreso tra 1’1/7/2006 e il 28/4/2008. All’udienza del 25/11/2013 il P.m. contestava l’ulteriore reato di cui all’art. 646, 61 n. 7 e 11 cod. pen. in relazione all’appropriazione della stessa somma di euro 65.897,36 di proprietà del condominio e della quale l’imputato aveva la disponibilità quale amministratore.
Osserva la Corte che, in considerazione della perfetta identità del nucleo essenziale della condotta, differenziata esclusivamente dagli artifizi e raggiri contestati in relazione alla truffa, la doppia contestazione costituisce violazione del principio di ne bis in idem sostanziale che importa il divieto di valutare due volte lo stesso elemento di fatto in relazione al medesimo schema normativo o in relazione a schemi che si ricomprendano. In astratto non è da escludere la possibilità di un concorso tra i reati in esame il quale, tuttavia, impone la enucleazione di autonome e distinte condotte, singolarmente dotate di efficienza lesiva dell’altrui patrimonio, espressive di “un attacco rinnovato alla sfera giuridica altrui, non importa se facente capo ad una medesima persona” come nell’ipotesi di truffa commessa mediante falsificazione di titoli di credito, oggetto di precedente appropriazione indebita, oggetto d’esame in Sez. 2, n. 3465 del 19/12/1973, ovvero quando da un lato, si induca taluno con artifici e raggiri a concludere un contratto di vendita con patto di riservato dominio ed a consegnare la merce e, dall’altro lato, si persuada l’acquirente a disporre della stessa merce prima del versamento dell’intero prezzo (Sez. 5, n. 52 del 23/01/1968).
Nella specie , invece, si è in presenza di un’identica azione lesiva del patrimonio della p.o. oggetto di duplice qualificazione giuridica, che va sussunta nell’alveo dell’art. 640 cod. pen. alla stregua del principio reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui sussiste il delitto di truffa e non quello di appropriazione indebita quando l’artificio e il raggiro risultino necessari alla appropriazione (Sez. 2, n. 51060 del 11/11/2016; n. 35798 del 18/06/2013; n. 17106 del 22/03/2011).
A tanto consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con riguardo al delitto di cui all’art. 646 cod. pen. in quanto assorbito nella fattispecie di truffa, esattamente contestata e ritenuta dai giudici di merito, con conseguente sopravvenuta irrilevanza delle censure di cui al quarto motivo di gravame. La natura meramente reiterativa dell’illecito appropriativo rispetto al delitto di truffa impone, inoltre, di escluderne l’incidenza sulle statuizioni civili rese.
(omissis)
6. Sulla scorta delle argomentazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere parzialmente annullata senza rinvio in relazione al reato ex art. 646 cod. pen. con integrale conferma delle statuizioni civili e condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di assistenza e difesa in favore delle pp.cc. costituite, liquidate come da dispositivo.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di appropriazione indebita perché assorbito nel reato di truffa. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso, confermando le statuizioni civili. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore delle pp. cc., B.C. in proprio e nella qualità di amministratrice del Condominio …, N.V., M.A., che liquida in euro 4.212 oltre accessori di legge, CAP ed IVA.