L’Ilva deve risarcisce ai proprietari il deprezzamento delle case per l’inquinamento a Taranto.Questo è quanto emerge dalla sentenza n°18810 emessa del il 2 luglio 2021 dalla terza sezione civile della Cassazione.
Il danno è quantificato in misura pari al 20 per cento del valore degli immobili, in quanto le polveri minerali sparse nell’aria dall’impianto siderurgico comprimono il diritto dominicale dei residenti nel quartiere Tamburi che non possono godere pienamente dei loro locali a causa dell’inquinamento.
Secondo la Suprema Corte, in tema di immissioni, la Corte d’appello aveva correttamente applicato il principio di diritto secondo cui l’art. 844 cod. civ. impone, nei limiti della normale tollerabilità e dell’eventuale contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, l’obbligo di sopportazione delle propagazioni inevitabili determinate dall’uso delle proprietà attuato nell’ambito delle norme generali e speciali che ne disciplinano l’esercizio.
Al di fuori di tale contesto, si è in presenza di un’attività illegittima di fronte alla quale non ha ragion d’essere l’imposizione di un sacrificio, ancorché minimo, all’altrui diritto di proprietà o di godimento, e non sono quindi applicabili i criteri dettati dall’art. 844 c.c., in tema di normale tollerabilità, di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell’uso, ma, venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l’illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell’azione generale di risarcimento danni di cui all’art. 2043 c.c.
Per i motivi esposti, il ricorso della Società è stato rigettato. Per l’effetto è stata confermata la condanna della Società al risarcimento quantificato in misura pari al 20 per cento del valore degli immobili.