La notifica di un atto indirizzato al condominio, qualora non avvenga nelle mani dell’amministratore, può essere validamente fatta nello stabile condominiale soltanto se in esso si trovino locali destinati allo svolgimento ed alla gestione delle cose e dei servizi comuni (come ad esempio la portineria), idonei, come tali, a configurare un ufficio dell’amministratore, dovendo, in mancanza, essere eseguita presso il domicilio privato di quest’ultimo. È quanto disposto dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 17474 del 2 settembre 2015, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 2.9.2015, n. 17474
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(omissis)
RITENUTO QUANTO SEGUE
1. xy ha proposto istanza di regolamento di competenza contro il condominio di via, avverso l’ordinanza del 22 novembre 2012, con la quale il Tribunale di Roma ha declinato la propria competenza per ragioni di territorio derogabile sulla controversia da esso istante – nella qualità di esercente la potestà genitoriale sul figlio minorenne … – introdotta contro il condominio nel novembre del 2011, per ottenere il risarcimento dei danni a suo dire sofferti dal minore il 7 agosto 2011, allorquando, mentre, dopo essere uscito dal proprio appartamento, accompagnato dal padre, scendeva per le scale condominiali, era scivolato – secondo la prospettazione a causa di una sostanza oleosa e della scarsa illuminazione – riportando lesioni.
Nel detto giudizio il condominio convenuto si costituiva tempestivamente e, oltre a chiamare in causa in garanzia la società assicuratrice, eccepiva l’incompetenza territoriale del Tribunale adito a beneficio di quello di Velletri.
Disposto lo spostamento della prima udienza per consentire la citazione della terza chiamata ed eseguita l’incombenza, anche la medesima si costituiva ed aderiva all’eccezione di incompetenza.
2. All’istanza di regolamento di competenza hanno resistito con separate memorie il condominio e la società assicuratrice.
3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione con il procedimento di cui all’art. 380 ter c.p.c., veniva richiesto al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito, ne veniva fatta comunicazione agli avvocati delle parti.
4. Parte ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO QUANTO SEGUE
1. Il Pubblico Ministero ha concluso per il rigetto dell’istanza di regolamento di competenza e le sue conclusioni sono condivisibili.
2. In via preliminare il Collegio osserva che in sede di regolamento di competenza, essendo l’impugnazione con esso proposta una impugnazione su una questione, quella di competenza, e dovendo la Corte statuire sulla competenza, l’esame della questione stessa non è in alcun modo limitata a quanto prospettato dalle parti e segnatamente da quella istante e deciso e valutato nella decisione impugnata.
Vige, infatti, per il regolamento di competenza il principio di diritto consolidato (da ultimo, Cass. ord. 25232 del 2014, fra tante), secondo cui “Avendo l’istanza di regolamento di competenza la funzione di investire la Corte di cassazione del potere di individuare definitivamente il giudice competente, onde evitare che la sua designazione sia ulteriormente posta in discussione nell’ambito della stessa controversia, i poteri di indagine e di valutazione, anche in fatto, della Corte possono esplicarsi in relazione ad ogni elemento utile acquisito sino a quel momento al processo, senza essere limitati dal contenuto della sentenza impugnata né dalle difese delle parti, e possono conseguentemente riguardare anche questioni di fatto non contestate nel giudizio di merito e che non abbiano costituito oggetto del ricorso per regolamento di competenza” (Cass. sez. un. ord. n. 14569 del 2002).
L’applicazione di tale principio evidenzia che del tutto infondatamente parte ricorrente ha sostenuto nella sua memoria che il Pubblico Ministero nelle sue conclusioni, peraltro erroneamente attribuite ad un “relatore”, avrebbe violato l’art. 112 c.p.c., esaminando la fondatezza dell’istanza sotto il profilo della completezza della proposizione dell’eccezione di incompetenza territoriale.
3. Tanto premesso, si rileva che l’eccezione di incompetenza, al contrario di quanto ha sostenuto nell’istanza di regolamento di competenza il ricorrente, era stata proposta con la contestazione di tutti i fori concorrenti. Tali fori, in relazione alla fattispecie, riconducibile ad una domanda risarcitoria da illecito civile e, quindi, inerente un’obbligazione pecuniaria per una somma non predeterminata, conforme alla natura di valore del debito risarcitorio nascente da un simile illecito, erano:
A) quello generale del condominio quale ente privo di personalità giuridica, ma dotato di una propria soggettività, il quale si identificava alla stregua del seguente principio di diritto: “La notifica di un atto indirizzato al condominio, qualora non avvenga nelle mani dell’amministratore, può essere validamente fatta nello stabile condominiale soltanto qualora in esso si trovino locali destinati allo svolgimento ed alla gestione delle cose e dei servizi comuni (come ad esempio la portineria), idonei, come tali, a configurare un ufficio dell’amministratore, dovendo, in mancanza, essere eseguita presso il domicilio privato di quest’ultimo” (Cass. 11303 del 2007; in precedenza, si veda la risalente Cass. n. 377 del 1988, secondo cui “La notifica della domanda giudiziale di annullamento di delibera dell’assemblea condominiale può essere validamente effettuata, ai sensi del combinato disposto dell’art. 145 c.p.c. e art. 19 c.p.c., comma 2, al condominio (in persona dell’amministratore) presso il portiere dello stabile condominiale, ancorché in tale stabile l’amministratore non possieda né un proprio ufficio né la propria abitazione”).
Tale principio implica una sostanziale applicazione dei criteri di cui all’art. 19 c.p.c., comma 2, i quali, sebbene espressamente dettati per taluni enti collettivi privi di personalità giuridica, sono idonei a disciplinare anche l’ipotesi del soggetto “condominio”.
Ne segue che, avendo nella specie il ricorrente notificato al condominio la citazione introduttiva del giudizio in Torvajanica, via … in persona dell’amministratore pro tempore signor R.G., come si evince dalla copia in atti, esso stesso ricorrente ha scelto come forma di notificazione quella presso lo stabile condominiale, sulla supposizione che in esso esistesse una struttura abilitata a riceverla e, poiché il condominio, come emerge dalla sua comparsa di costituzione, condivise l’identificazione di quel luogo come propria “sede”, il foro generale ai sensi dell’art. 19 si deve individuare in quel luogo, con la conseguenza che la deduzione del condomino in tal senso equivalse a contestazione della radicazione del foro generale nel circondario dell’adito Tribunale capitolino. Va notato che la ricostruzione svolta circa i modi in cui si notifica ad un condominio trova riscontri anche nei principi generali affermati in proposito da Cass. n. 6906 del 2001;
B) il foro dell’insorgenza dell’obbligazione da illecito si identificò nel luogo di verificazione del preteso fatto dannoso e, dunque, sempre in quello di ubicazione del condominio: anche l’inesistenza di esso nel circondario capitolino venne contestata dal condominio nella comparsa di risposta, atteso che a pagina 2 si asserì che “il presunto fatto illecito da cui sarebbe sorta l’obbligazione vantata in giudizio avrebbe avuto luogo presso” il condominio;
C) il forum destinatae solutionis a sua volta, vertendosi in tema di obbligazione risarcitoria da fatto illecito, si identificò nel domicilio del debitore ai sensi del quarto comma dell’art. 1182 c.c., cioè sempre nel luogo di ubicazione del condominio, in quanto certamente identificabile come “centro di interessi” del medesimo, sia in dipendenza della stessa modalità di notificazione della citazione, rivelatrice dell’esistenza di una struttura abilitata a fungere da ufficio dell’amministratore, sia in mancanza di deduzione dell’esistenza di un diverso luogo identificabile come domicilio in ragione della riferibilità alla persona dell’amministratore, deduzione che incombeva in replica al qui ricorrente e che, naturalmente avrebbe supposto che l’amministratore risiedesse o domiciliasse nel circondario capitolino.
L’applicazione del criterio dell’art. 1182 c.c., comma 4, si giustificava alla stregua del consolidato principio di diritto che riconduce ad esso, sull’assunto che il debito sia di valore e, dunque, per definizione privo della determinatezza o determinabilità in via convenzionale, supposte dal terzo comma quando fanno riferimento alle obbligazioni aventi ad oggetto una somma di danaro, il luogo dell’adempimento riguardo all’obbligazione da fatto illecito (in termini si veda già Cass. n. 4929 del 1979, ripresa da Cass. n. 4057 del 1995).
3.1. Dalle svolte considerazioni emerge che il condominio aveva formulato l’eccezione di incompetenza in modo completo, cioè con riferimento a tutti i fori concorrenti.
3.2. Del tutto priva di rilievo è la discussione che ha avuto luogo fra le parti e che è ripresa dalla decisione impugnata in ordine alla radicazione della controversia nel circondario velletrano anche alla stregua del criterio di cui al terzo comma dell’art. 1182 c.c., e della sua correlabilità alla residenza del danneggiato (parte in senso sostanziale) nel condominio, atteso che, per la natura dell’obbligazione, quel criterio non rilevava.
4. Sulla base dei rilievi svolti deve concludersi che l’eccezione di incompetenza era stata, dunque, formulata con la contestazione di tutti i fori concorrenti applicabili alla controversia, la cui applicazione avrebbe imposto la sua radicazione presso il Tribunale di Velletri, nel cui circondario rientrava il Comune di Pomezia, cui appartiene l’abitazione …
5. Deve essere, pertanto, dichiarata la competenza di quel Tribunale, davanti al quale le parti riassumeranno il giudizio nel termine di cui all’art. 50 c.p.c..
6. Le spese del giudizio di regolamento di competenza seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del d.m. n. 55 del 2014 a favore di ciascuna delle parti resistenti.
P.Q.M.
La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Velletri. Fissa per la riassunzione il termine di cui all’art. 50 c.p.c.. Condanna parte ricorrente alla rifusione alle parti resistenti delle spese del giudizio di regolamento di competenza, liquidate a favore di ognuna in euro duemilasettecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.