Il fatto. In un condominio l’assemblea delibera, a maggioranza, di trasformare l’impianto idrico dello stabile da fornitura a bocca tarata” in fornitura a “contatore”, con la collocazione all’ingresso dello stabile di un misuratore di consumi. Tale trasformazione è motivata dalla necessità di adeguamento alla normativa vigente e per favorire il contenimento dei costi e consumi. Nonostante ciò, le spese della fornitura continuano però ad essere calcolare e ripartire secondo la tabella di proprietà e non in base al consumo effettivo. Secondo la tesi dell’amministratore, confermata in assemblea, il criterio di riparto in base ai consumi non sarebbe applicabile, perché il regolamento condominiale, di natura contrattuale, prevede il riparto in base ai millesimi di proprietà. Previsione che, per essere modificata, richiede l’unanimità dei consensi.
La questione da risolvere. Occorre stabilire se criterio di riparto del consumo idrico in base ai millesimi di proprietà approvato dall’assemblea sia o meno legittimo in considerazione della trasformazione dell’impianto comune con installazione dei contatori e in relazione alle disposizioni contenute nel regolamento condominiale contrattuale.
Ecco la soluzione fornita dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 18485 del 23 dicembre 2020.
Consumo idrico. Per tale ultima fattispecie, la giurisprudenza ritiene che la ripartizione delle spese relativa al consumo idrico deve avvenire, in via preferenziale, in base a quello che è l’effettivo consumo (art. 1123, comma 2 codice civile), a patto però che questo sia rilevabile oggettivamente utilizzando le opportune strumentazioni tecniche (ad esempio, mediante l’installazione in ogni singola unità immobiliare di un apposito contatore che consenta di utilizzare la lettura di esso come base certa per l’addebito dei costi). In assenza di tali strumenti, la ripartizione dovrà essere determinata secondo la regola generale del primo comma dell’art. 1123 c.c., ossia in misura proporzionale al valore di proprietà di ciascuno (espresso in millesimi di proprietà). Tale criterio di ripartizione può essere derogato esclusivamente con il consenso unanime di tutti i condomini (così Cass. civ. n. 17557/2014).
Spese per le parti comuni. La Cassazione ha anche chiarito che per i consumi inerenti le parti comuni (si pensi, ad esempio, alle prese d’acqua nei giardini condominiali), la spesa va ripartita tra tutti i condòmini secondo i millesimi di proprietà. Inoltre, se esistono i contatori di sottrazione, non vuol dire che tutte le spese inerenti alla fatturazione dei consumi dell’acqua debbano essere ripartite sulla base dei consumi rilevati. Per i costi slegati dai consumi (ad esempio, costo della fornitura dell’acqua, quello della fognatura e depurazione – ove presenti – costi fissi legati al canone contrattuale), gli stessi debbono essere suddivisi tra i condòmini sulla base dei millesimi di proprietà, salvo diversa convenzione, cioè salvo diverso accordo tra tutti i condòmini (Cass. civ. n. 17557/2014).
Contatori di consumo. L’istallazione di contatori per il consumo dell’acqua in ogni singola unità abitativa (nonché di contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano) costituisce misura alla quale il legislatore guarda con particolare favore, in quanto volta a razionalizzare i consumi e ad eliminare gli sprechi e quindi a conseguire, in una prospettiva di tutela ambientale, il risparmio della risorsa idrica (v. l. 5 gennaio 1994 n. 36, art. 5 e ora d.lgs 3 aprile 2006 n. 152, art. 146 – codice dell’ambiente). La normativa di riferimento ha demandato alle Regioni di adottare norme attuative, ma poche sono state le Regioni virtuose per cui non per tutte esistono norme cogenti che impongono l’installazione di singoli contatori. La giurisprudenza che si è pronunciata in materia di ripartizione delle spese dell’acqua in ambito condominiale non ha mai affrontato compiutamente l’argomento, limitandosi a prendere atto del fatto che il legislatore vede con favore l’adozione di norme finalizzate alla installazione di contatori individuali.
La soluzione del caso. Tanto premesso, nel caso preso in esame il Condominio si è materialmente adeguato alla normativa deliberando ed eseguendo la trasformazione dell’impianto idrico e dotandosi di misuratori individuali per il calcolo dei consumi. In questo modo ha reso operativa la ripartizione delle spese in base all’effettivo consumo dell’acqua rilevabile attraverso i misuratori discostandosi automaticamente dal criterio di riparto finora adottato in applicazione della tabella allegata al regolamento di condominio.
Regolamento contrattuale. Ora, l’istallazione dei misuratori non contrasta con il regolamento né ha comportato una modifica di esso. Infatti, l’installazione dei contatori di ripartizione del consumo dell’acqua in ogni singola unità immobiliare può essere deliberata dall’assemblea di condominio, anche se la ripartizione del servizio è disciplinata diversamente dal regolamento contrattuale e per tale decisione non occorre l’unanimità essendo sufficiente la maggioranza prevista dall’art. 1136, comma 2, c.c. (Cass. civ. 16/05/2014, n. 10895). Nella specie, dunque, l’amministrazione di condominio avrebbe dovuto ripartire la spesa idrica in proporzione ai consumi effettivi di ciascuna unità immobiliare, rilevabili mediante contatori individuali, perché l’intervento di trasformazione dell’impianto ha comportato la sostituzione di tale ultimo criterio rispetto al precedente che, viceversa, va mantenuto (secondo la previsione dell’art. 1123 c.c.) limitatamente ai costi slegati dai consumi e alle spese per consumi riferiti alle parti comuni.
Osservazioni. In sostanza, conclude il Tribunale di Roma, la trasformazione dell’impianto idrico produce gli stessi effetti che si verificano in ipotesi di installazione dei contabilizzatori di calore dove viene attribuita a ciascun condomino la spesa del riscaldamento sulla base del consumo effettivo rilevato. L’installazione, quindi, non si pone in contrasto con il regolamento e con la tabella di riferimento. Se così non fosse, peraltro, non sarebbe possibile installare contabilizzatori di calore sugli impianti di riscaldamento centralizzati qualora vi sia un regolamento contrattuale e una originaria tabella di riferimento.
“La norma regolamentare che richiama per la ripartizione delle spese specifiche tabelle – spiega il giudice – non riveste natura negoziale perché non incide sul diritto di proprietà esclusiva di ciascun condomino, ma accerta il valore di tali unità rispetto all’intero edificio ai soli fini di gestione delle spese di condominio”. Solo laddove vi fosse una convenzione modificatrice del criterio legale previsto dall’art. 1123 c.c. con la quale, ad esempio, si differenzino tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli oneri di gestione del condomino attribuendo una partecipazione maggiore o minore rispetto a quella scaturente dalla rispettiva quota individuale di proprietà, si dovrebbe far ricorso all’unanimità dei consensi per eventuali modifiche avendo la disposizione natura negoziale. Ma non è il caso di specie dove il regolamento e le tabelle richiamate non hanno inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese previsto dall’art. 1123 c.c. Dunque, anche laddove si ritenesse la necessità di una specifica delibera per la ripartizione delle spese, tale delibera, comportando l’applicazione di un criterio legale di riparto, ben potrebbe essere assunta con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 comma 2, c.c.
Alla luce di quanto esposto, avendo l’assemblea deliberato la trasformazione dell’impianto idrico comune a favore della installazione dei contatori di sottrazione in ogni appartamento, la ripartizione delle spese andrà effettuata in base all’effettivo consumo registrato e la delibera impugnata che ha disposto diversamente va annullata.