La distinzione tra delibere nulle ed annullabili. Questo il principio cui si è ispirata la Corte di Cassazione nel decidere in merito ad una controversia relativa alle spese per la realizzazione ex novo di posti auto in ambito condominiale. Ecco la vicenda.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 25.1.2017,
n. 1898
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il GP di Campobasso, decidendo sull’opposizione a Decreto ingiuntivo proposta da D.D. contro il Condominio …, rigettava l’opposizione e dichiarava l’incompetenza a decidere sulla riconvenzionale di nullità delle delibere assembleari rimettendo al Tribunale che rigettava la domanda con condanna alle spese.
La Corte di appello, con sentenza 9.7.2014, accoglieva invece l’impugnazione, dichiarava la nullità delle delibere condominiali di cui al paragrafo 2.1 della sentenza e non dovuto il pagamento preteso dal Condominio, richiamando la giurisprudenza di questa Corte in tema di nullità delle delibere assembleari ( S.U. n. 4806/2005) e sottolineando che non si era proceduto alla ripartizione in concreto delle spese relative agli oneri straordinari ma introdotto un autonomo criterio di liquidazione (parti uguali per 18 posti auto) in deroga ai criteri di ripartizione di cui all’art. 1123 I c.c. e delle tabelle.
Ricorre il Condominio con tre motivi, resiste D.D..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si deducono violazione di legge e vizi di motivazione in relazione agli artt. 1123, 1135, 1137, 63 e 68 disp. att. c.c. e 113 c.p.c. perché la spesa è stata ripartita tra i proprietari interessati ed in ogni caso trattavasi di delibera annullabile da impugnare entro trenta giorni.
Col secondo motivo si lamentano violazione degli artt. 1123, 1135 e vizi di motivazione trattandosi di spese per la realizzazione di un servizio.
Col terzo motivo si denunziano violazione degli artt. 1123, 1135, 1136, 1137 c.c. e vizi di motivazione.
Ciò premesso, si osserva quanto segue.
Come dedotto, la sentenza ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte in tema di nullità delle delibere assembleari (S.U. n. 4806/2005) sottolineando che non si era proceduto alla ripartizione in concreto delle spese relative agli oneri straordinari ma introdotto un autonomo criterio di liquidazione (parti uguali per 18 posti auto) in deroga ai criteri di ripartizione di cui all’art. 1123 I c.c. e delle tabelle.
L’art. 1123 c.c. prevede la regola generale della ripartizione in misura proporzionale al valore della proprietà, salvo diversa pattuizione, e, se si tratta di cose destinate a servire i condòmini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne.
Il ricorso deduce che va applicato il II comma e non il I dell’art. 1123 c.c. perché trattasi di opere destinate a servire i condòmini in misura diversa e che il posto auto interessa solo i condòmini proprietari di automobili e nella premessa in fatto riconosce che il d.i. riguardava una esposizione debitoria di curo 1.201,99 e che tra queste somme vi era anche la quota parte per lavori straordinari di realizzazione di posti auto (asfalto nel piazzale e recinzione dell’area).
È pacifico che è nulla, anche se addirittura assunta all’unanimità, la delibera che modifichi il criterio legale di ripartizione delle spese (Cass. 23.3.2016 n. 5814) e che costituisce innovazione vietata ai sensi dell’art. 1120 II c.c. l’assegnazione in via esclusiva e per un tempo indefinito, di posti auto all’interno di un’area condominiale, in quanto determina una limitazione all’uso ed al godimento che gli altri condòmini hanno diritto di esercitare sul bene comune (Cass. 27.5.2016 n. 11034) ma proprio la sentenza delle S.U. richiamata in sentenza consente di distinguere tra delibere nulle ed annullabili.
Non si tratta, nella fattispecie, di modifica dei criteri legali ma di ripartizione delle spese per posti auto tra i beneficiari, donde l’annullabilità e l’accoglimento del primo motivo, con cassazione della sentenza e decisione nel merito.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Condanna il resistente alle spese del giudizio di legittimità in euro 2200 di cui 2000 per compensi, oltre accessori e compensa quelle di appello.