Se le vedute che non rispettano le distanze sono state realizzate quando l’edifico aveva un unico proprietario, e dunque non si era ancora costituito in condominio, allora esse sono legittime, in deroga alle norme in materia. È quanto puntualizzato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 6923 del 7 aprile 2015, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ. sent. 7.4.2015, n. 6923
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 28 febbraio 2005, il tribunale di Avellino, in accoglimento della domanda proposta da I.B. nei confronti di G.M., condannava quest’ultimo a chiudere due finestre aperte sul prospetto sud del corpo di fabbrica del comprensorio immobiliare della Cooperativa E. a distanza illegale e al risarcimento dei danni liquidati in euro 2.500.
Con sentenza n. 460/ 2009 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della decisione, riduceva a euro 100 l’importo del risarcimento del danno liquidato all’attrice, respingendo per il resto il gravame proposto dal convenuto.
I giudici, in primo luogo, disattendevano la eccezione di carenza di legittimazione dell’attrice che al momento della domanda era soltanto socia prenotataria dell’alloggio sul rilievo che, al momento della decisione, la medesima ne era divenuta proprietaria e che, comunque, la posizione del concessionario di un alloggio di cooperativa è titolare di un diritto reale in fieri fino all’assegnazione definitiva.
Nel merito rilevavano che, seppure in tema di condominio non valgono le norme limitative delle distanze, sussiste l’interesse del condomino all’osservanza in presenza di un interesse specificamente tutelato dalla legge e giuridicamente significativo sul piano del diritto soggettivo in atto o in fieri, come nella specie in cui il fabbricato era stato progettato con reciproche limitazioni di vedute e distanze e servitù: in presenza di servitù per destinazione originaria a fundatione non poteva trovare applicazione l’art. 1102 cod. civ..
Per quel che concerneva la misura del danno, liquidato in primo grado in euro 2.500, la sentenza riteneva l’assenza di elementi che l’attrice avrebbe dovuto fornire anche per una determinazione equitativa.
2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione G.M. sulla base di due motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso l’intimata proponendo ricorso incidentale affidato a un unico motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Il primo motivo censura la decisione gravata laddove aveva ritenuto la legittimzione attiva a favore del socio prenotatario di alloggio realizzato da cooperativa edilizia .
1.2. Il motivo è inammissibile.
La sentenza ha correttamente ritenuto che, essendo la legittimazione (attiva e passiva) una condizione dell’azione, questa deve sussistere al momento della decisione e (pacificamente) l’attrice era a quel momento divenuta proprietaria dell’immobile a favore del quale era stata denunciata la violazione delle distanze: le ulteriori considerazioni formulate dai Giudici sulla posizione del socio prenotatario, censurate con il motivo, sono rese ad abundantiam e, come tali, sono quindi prive di valore decisorio: ne consegue che manca l’interesse del ricorrente ad impugnarle, essendo – sotto il profilo in esame – la sentenza fondata correttamente sull’altra ratio decidendi.
2.1. Il secondo motivo censura la sentenza laddove aveva escluso la legittimità delle vedute costituite, in applicazione dell’art. 1062 cod. civ., per destinazione del padre di famiglia secondo quanto era stato dedotto con l’appello, tenuto conto che le stesse erano state realizzate quando la Cooperativa era l’unico proprietario dell’edificio.
2.2. Il motivo è fondato.
Occorre premettere che, in tema di condominio degli edifici l’applicabilità delle norme sulle distanze legali trova limite per la ipotesi di opere eseguite in epoca anteriore alla costituzione del condominio, atteso che in tale caso l’intero edificio, formando oggetto di un unico diritto dominicale, può essere nel suo assetto liberamente precostituito o modificato dal proprietario anche in vista delle future vendite dei singoli piani o porzioni di piano, con la conseguenza che queste comportano, da un lato, il trasferimento della proprietà sulle parti comuni (art. 1117 cod. civ.) e l’insorgere del condominio, e, dall’altro lato, la costituzione in deroga (od in contrasto) al regime legale delle distanze di vere e proprie servitù a vantaggio e a carico delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli acquirenti, in base a uno schema assimilabile a quello dell’acquisto della servitù per destinazione del padre di famiglia (Cass. 139/1985).
La sentenza non ha tenuto conto che, al momento in cui la Cooperativa, originario unico proprietario dell’edificio, aveva assegnato gli appartamenti acquistati in proprietà dalle parti in causa con la stipula del mutuo individuale, l’apertura delle vedute in questione era stata già realizzata (circostanza pacifica in causa), sicché al momento in cui con la alienazione delle singole unità immobiliari era sorto il condominio esisteva l’asservimento a carico dell’appartamento dell’attrice determinato dalla presenza delle vedute in questione; pertanto, la costituzione della servitù avrebbe trovato fonte – in virtù della mera esistenza delle opere – nella destinazione del padre di famiglia ex art. 1062 cod. civ., dovendo qui ricordarsi che, ai fini della costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, è necessaria la sussistenza dell’opera di asservimento, visibile e permanente, nel momento dell’ìalienazione dei fondi da parte dell’unico originario proprietario.
Evidentemente del tutto irrilevante è la situazione dei luoghi prevista dalla progettazione, in assenza di una specifica previsione nel singolo atto di acquisto volto ad escludere la servitù di veduta, così come la eventuale circostanza che sia stato il convenuto a richiedere la realizzazione delle finestre quando la Cooperativa era comunque ancora proprietaria degli appartamenti delle parti.
Il ricorso incidentale che ha a oggetto la liquidazione del danno conseguente alla ritenuta illegittimità delle aperture è assorbito per effetto della relativa caducazione della sentenza, che va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo del ricorso principale dichiara inammissibile il primo, assorbito l’incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.