[A cura di: Studio Legale MaBe & Partners]
Con sentenza del 17 marzo 2017, la Sezione X del Tribunale di Milano ha statuito che chi intende agire nei confronti del condominio per i danni cagionati dalle parti comuni o dai relativi beni, ha l’onere di dimostrare l’esistenza di un nesso causale tra la “cosa” e l’evento dannoso.
Il principio sancito dalla giurisprudenza milanese torna a far luce sulle frequenti richieste di risarcimento dei danni azionate dai condòmini a seguito dei rovinosi incidenti consumatisi fra le parti comuni condominiali. Il fondamento normativo della responsabilità del condominio per le cadute all’interno dello stesso è da ascriversi all’art. 2051 c.c., rubricato “Danno cagionato da cose in custodia”: generalmente, quando si parla di responsabilità per danni cagionati da cose in custodia, si intendono quei danni conseguenti al dinamismo proprio ed intrinseco della cosa che ha cagionato il danno; nel caso di specie, invece, è necessario accertare che il pregiudizio a terzi sia derivato da un comportamento omissivo o commissivo del soggetto agente, in quanto il tombino condominiale di certo non può essere considerato come una cosa dotata di dinamicità.
La responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. per danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa ed una relazione di fatto di un soggetto e la cosa stessa, tale da consentirne il controllo: tale norma, però, non esonera il danneggiato dall’onere di provare il nesso di causalità tra la cosa tenuta in custodia e il danno subito, ovvero dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione lesiva della cosa; resta, invece, a carico del custode la prova contraria del caso fortuito avente impulso causale autonomo, imprevedibile ed eccezionale. Ciò in quanto la presunzione di responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. presuppone la prova del rapporto causale tra il danno e la violazione di specifici obblighi di custodia e di controllo dello stato di conservazione della cosa (così, Cass. Civ., Sez. II, n. 1157/2013).
Il condominio, al fine dell’esonero di responsabilità, è tenuto a provare che il danno sia stato determinato da cause estrinseche, esterne ed estemporanee create da terzi, che nemmeno con l’ordinaria diligenza potevano essere tempestivamente rimosse, integrando in questo modo il caso fortuito.
Il dovere del custode di segnalare il pericolo connesso all’utilizzo della cosa, si arresta di fronte all’ipotesi di utilizzazione impropria, la cui pericolosità è talmente evidente ed immediatamente apprezzabile da chiunque, ed essere tale da renderla del tutto imprevedibile, sicché l’imprudenza del danneggiato ha fatto sì che si verificasse un danno determinato dall’impropria utilizzazione.
Come chiarito dalla recente sentenza della corte milanese, rimane a carico della parte che agisce in giudizio per ottenere il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso causale fra la cosa e l’evento dannoso: tale prova risulta essere particolarmente delicata nei casi in cui il danno non sia, appunto, effetto di un dinamismo interno della cosa, bensì una cosa di per sé statica ed inerte.