In quali casi è necessario il litisconsorzio previa chiamata in giudizio di tutti gli aventi causa? È quanto specificato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 17269 del 28 agosto 2015, avente ad oggetto una diatriba condominiale sulla proprietà di un parcheggio sottostante l’edificio.
——————
CORTE DI CASSAZIONE
sez. II civ., sent. 28.8.2015,
n. 17269
——————
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto in data 5.12.1984 M.S. e G.S. citavano a comparire dinanzi al tribunale di Caltanissetta i coniugi L.F. e R.S..
Esponevano che con atto per notarile L. ed S. in data 1.6.1983 avevano acquistato dai convenuti, costruttori di un edificio ubicato in S. Cataldo, al viale …, un appartamento nel medesimo stabile ricompreso; che la concessione edilizia a tempo debito rilasciata prevedeva la realizzazione di uno spazio sottostante all’edificio da adibire a parcheggio auto ad uso dei condòmini; che ad essi attori doveva pertanto intendersi alienata in proporzione ai millesimi posseduti pur la quota dell’area da adibire a parcheggio; che nondimeno i convenuti avevano intercluso lo spazio sottostante e ne avevano ricavato delle autorimesse destinate al proprio uso esclusivo.
Chiedevano che il tribunale condannasse i convenuti a consentir loro la fruizione dello spazio condominiale che allo stabile era sottoposto.
Costituitisi, L.F. e R.S. chiedevano il rigetto dell’avversa domanda.
Deducevano che lo spazio asseritamente condominiale era di loro esclusiva proprietà, giacché non trasferito pro quota con l’atto di vendita dell’appartamento.
Con sentenza n. 566/2006 il tribunale adito accoglieva la domanda.
All’uopo riconosceva la condominialità dello spazio sottoposto all’edificio alla stregua dell’art. 18 della legge n. 765 del 6.8.1967.
Interponevano appello A. e J. F., entrambi quali eredi di L.F..
Resistevano M.S. e G.S..
Con sentenza n. 107/2009 la corte d’appello di Caltanissetta rigettava il gravame e condannava gli appellanti in solido a rimborsare alle controparti le spese del grado.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso A. e J.F.; ne hanno chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese di lite.
M.S. e G.S. hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del grado di legittimità.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo i ricorrenti deducono “violazione e omessa applicazione degli artt. 101, 102, 331 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c.)”.
Adducono che hanno impugnato la statuizione di prime cure nei confronti degli originari attori, “ma non anche nei confronti di R.S., parte convenuta costituita nel giudizio di primo grado”; che è dunque ben evidente la violazione degli artt. 102 e 331 c.p.c.; che difatti R.S. “non ha preso parte al giudizio di secondo grado perché ad essa l’impugnazione non è stata notificata né ad istanza di parte né d’ufficio, su ordine del giudice”; che, in considerazione della materia del contendere, occorreva integrare il contraddittorio, sicché la sua mancata integrazione comporta senz’altro la nullità del dictum di secondo grado.
Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.
È sufficiente evidenziare che, se dal lato “attivo” della controversia de qua, ossia ex latere actorum, degli originari attori, M.S. e G.S., non si prospetta litisconsorzio necessario (cfr. Cass. 28.5.1981, n. 3508, secondo cui la necessità di integrare il contraddittorio, in fase di impugnazione, nei confronti di tutte le parti del giudizio di primo grado, non sussiste in relazione a tutti i pretesi comproprietari che abbiano agito per l’accertamento del loro diritto o per il rilascio del bene conteso; cfr. Cass. 22.10.1998, n. 10478, secondo cui il diritto di ciascun condomino ha per oggetto la cosa comune intesa nella sua interezza, pur se entro i limiti dei concorrenti diritti altrui, con la conseguenza che egli può legittimamente proporre le azioni reali a difesa della proprietà comune senza che si renda necessaria la integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condòmini), viceversa, dal lato “passivo”, dalla posizione degli originari convenuti, ossia di L.F. e R.S., litisconsorzio necessario e, dunque, necessità all’occorrenza di integrazione del contraddittorio senz’altro si prefigura.
Invero questa Corte spiega, propriamente in tema di condominio degli edifici, che l’accertamento della proprietà di un bene non può essere effettuato se non nei confronti di tutti i soggetti verso i quali esso è destinato ad operare secondo l’effetto di giudicato richiesto con la domanda (cfr. Cass. 30.4.2012, n. 6607).
E ciò tanto più che gli originari attori ebbero a chiedere al tribunale di “ordinare ai convenuti in solido di riportare in pristino lo stato dei luoghi” (cfr. Cass. 4.12.1999, n. 13555, secondo cui la domanda di un condomino volta ad accertare la proprietà condominiale di un locale, trasformato da altro condomino e da quest’ultimo annesso al proprio appartamento, contenente la richiesta di demolizione delle opere su di esso eseguite, determina un litisconsorzio necessario tra tutti i condòmini del predetto locale, essendo unico e inscindibile il rapporto dedotto in giudizio).
Si tenga conto, per altro verso, che è fuor di discussione che R.S. “non ha preso parte al giudizio di secondo grado perché ad essa l’impugnazione non è stata notificata né ad istanza di parte né d’ufficio, su ordine del giudice”.
Infatti i controricorrenti hanno dedotto unicamente che la sentenza di primo grado “fu notificata al procuratore di tutte le parti del giudizio”.
Spiega pertanto valenza l’insegnamento secondo cui l’omessa notifica dell’impugnazione ad un litisconsorte necessario non si riflette sulla ammissibilità o sulla tempestività del gravame, che conserva, così, l’effetto di impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, ma determina solo l’esigenza della integrazione del contradditorio, iussu iudicis, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., con la conseguenza che, quando il giudice di appello non abbia disposto l’integrazione del contradditorio nei confronti di tutte le parti litisconsorti nel giudizio di primo grado, che non siano state citate nella fase di gravame, la sentenza non è nulla, ma deve essere cassata con rinvio perché il giudice di rinvio provveda all’applicazione della disciplina prevista dalla predetta norma di rito (cfr. Cass. 8.6.1994, n. 5559).
In accoglimento del ricorso la sentenza n. 107/2009 della corte d’appello di Caltanissetta va conseguentemente cassata.
Si dispone il rinvio alla corte d’appello di Catania che provvederà altresì alla regolamentazione delle spese del grado di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza n. 107/2009 della corte d’appello di Caltanissetta; rinvia alla corte d’appello di Catania anche per la regolamentazione delle spese del grado di legittimità.