Di seguito una breve carrellata di “pillole giuridiche” elaborate dalla Confedilizia, a partire dalle decisioni della Corte di Cassazione, su alcune delle tematiche più dibattute in ambito condominiale che riguardano i proprietari di unità immobiliari.
“L’art. 1118 c.c., come modificato dalla l. n. 220 del 2012, consente al condomino di distaccarsi dall’impianto centralizzato – di riscaldamento o di raffreddamento – condominiale ove una siffatta condotta non determini notevoli squilibri di funzionamento dell’impianto stesso o aggravi di spesa per gli altri condomini, e dell’insussistenza di tali pregiudizi quel condomino deve fornire la prova, mediante preventiva informazione corredata da documentazione tecnica, salvo che l’assemblea condominiale abbia autorizzato il distacco sulla base di una propria, autonoma valutazione del loro non verificarsi”. Lo ha affermato la Cassazione, con una sentenza (n. 22285/’16, inedita) che si caratterizza per la sua esemplare chiarezza.
Interessante (ed importante) sentenza della Cassazione (n. 454/17, inedita) a proposito delle spese di manutenzione ordinaria. “Nel condominio di edifici, – hanno detto i giudici romani – l’erogazione delle spese di manutenzione ordinaria e di quelle relative ai servizi comuni essenziali non richiede la preventiva approvazione dell’assemblea, trattandosi di esborsi cui l’amministratore provvede in base ai suoi poteri e non come esecutore delle delibere dell’assemblea; la loro approvazione è, invece, richiesta in sede di consuntivo, giacché solo con questo si accertano le spese e si approva lo stato di ripartizione definitivo, che legittima l’amministratore ad agire contro i condomini morosi per il recupero delle quote poste a loro carico”.
La Cassazione ha affrontato in una sua recente sentenza (n. 25508/16) uno specifico caso, che non risulta dalla stessa prima d’ora affrontato. “In tema di locazioni immobiliari ad uso diverso da abitazione, l’avvenuta comunicazione al conduttore, da parte dell’originario locatore, della disdetta del contratto alla sua seconda scadenza, ove effettuata in epoca anteriore al decorso del termine per esercitare la facoltà di impedire il rinnovo contrattuale alla prima scadenza, implica – ha detto la Suprema Corte – la rinuncia ad esercitare tale facoltà e vale a rendere irrevocabile detta rinuncia, in applicazione del principio secondo cui l’avvenuta comunicazione di un atto negoziale comportante per il suo autore l’assunzione di vincoli di prestazione (anche di non fare) deve ritenersi definitivamente irrevocabile ove il terzo destinatario dell’atto non ne abbia ricusato gli effetti favorevoli; conseguentemente, ricorrendo la descritta evenienza, resta preclusa la facoltà di diniego di rinnovo alla prima scadenza anche all’acquirente dell’immobile locato, poiché egli subentra nella medesima posizione contrattuale del suo dante causa”.