[A cura di: prof. avv. Rodolfo Cusano e avv. Amedeo Caracciolo (nella foto)]
Commento a ord. Trib. Napoli Nord del 21.07.2020
La legge n. 220/2012 ha introdotto il nuovo art. 1130-bis c.c., il quale espressamente prevede che i condòmini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese. Per converso, sussiste l’obbligo dell’amministratore di tenuta delle scritture e dei documenti giustificativi per dieci anni dalla relativa registrazione.
Tale norma, per quanto concerne il diritto di accesso alla documentazione condominiale, deve necessariamente essere letta in combinato disposto con il secondo comma dell’art. 1129 c.c. che obbliga l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, a comunicare:
Una prima considerazione che deve essere necessariamente effettuata attiene alle modalità di accesso agli atti da parte dei condòmini. Come affermato a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità, il potere di controllo, pur riconosciuto dalla legge ai partecipanti al condominio, non deve mai risolversi in un intralcio all’amministrazione né porsi in contrasto con il principio di correttezza ex art. 1175 c.c. (Cass. civ. VI/II n. 12579/2017).
È chiaro che, in caso di continue e reiterate richieste “meramente esplorative” da parte del condomino, il contegno assunto sfocerebbe nella figura del cd. abuso di diritto. Tale istituto, a differenza di altri sistemi codicistici europei, non è espressamente disciplinato mediante una previsione generale di divieto di esercizio del diritto in modo abusivo. Vi sono, viceversa, solo specifiche disposizioni in cui è sanzionato l’abuso con riferimento all’esercizio di determinate posizioni soggettive. La principale (e forse la maggiormente nota agli operatori del settore condominiale) di queste fattispecie è sicuramente quella del “divieto di atti emulativi” di cui all’art. 833 c.c..
Sul piano processuale, poi, l’abuso del diritto si traduce in abuso del processo per le ipotesi in cui una parte agisca senza utilizzare la normale diligenza in maniera “temeraria”. Tale fattispecie è sanzionata dall’art. 96 c.p.c. in tema di condanna alle spese processuali.
Gli elementi costitutivi dell’abuso sono, dunque essenzialmente tre (Cass. 20106/2009):
In effetti, secondo parte della dottrina sarebbe necessario anche l’elemento soggettivo del cd. animus nocendi, tipico degli atti emulativi.
Diritto innegabile, dunque, in capo al condomino, quello di accesso alla documentazione del condominio, ma da esercitarsi entro ben determinati limiti.
Nella fattispecie concreta in questione, un proprietario di un immobile in condominio richiedeva a più riprese all’amministratore copia degli ultimi tre rendiconti approvati nonché di conoscere le quote ordinarie dovute, in quanto il predetto immobile era concesso in comodato alla moglie, nell’interesse del figlio minore (cd. “casa familiare”).
Sebbene le richieste, inviate dapprima personalmente e di poi a mezzo legale di fiducia, venissero regolarmente ricevute dall’amministratore a mezzo raccomandata a.r., questi non forniva alcun riscontro.
Il condomino, dunque, si vedeva costretto a ricorrere al Tribunale competente per territorio incardinando ricorso ex art. 702-bis c.p.c. (cd. “obbligo di fare”) per vedere soddisfatte le sue ragioni.
Nell’accogliere la domanda attorea, il Tribunale di Napoli Nord pone riferimento alle norme in tema di mandato. Come si legge in motivazione, la legge 220/2012 ha ormai chiarito che l’amministratore è legato al condominio da un particolare rapporto di mandato e che, dunque, stante anche il dato legislativo, nei rapporti tra l’amministratore ed i condòmini si applicano le norme in tema di mandato, in quanto compatibili. Tra queste, assume rilievo l‘art. 1713 c.c. relativa all’obbligo gravante sul mandatario di rendere al mandante il conto della gestione. Da tale obbligo deriva, dunque, il diritto dei condòmini a prendere visione della documentazione condominiale, nelle forme e con i limiti di cui al precedente paragrafo e a condizione che il diritto di accesso non comporti oneri per il condominio.
Il rimedio processuale del ricorso sommario di cognizione ex art. 702-bis c.p.c., si caratterizza per le ipotesi in cui non vi è necessità di alcuna istruzione nelle forme di cui al procedimento ordinario. Tale strumento ben si attaglia alle ipotesi di specie. A tale rimedio può anche essere aggiunta una richiesta ex art. 614-bis c.p.c. In tal caso, oltre alla fissazione di un termine perentorio entro cui l’obbligo di consegna della documentazione deve essere ottemperato, vi è un apposito capo condannatorio in forza del quale, per ogni giorno di ritardo, la parte inadempiente sarà condannata al pagamento di una somma equitativamente determinata.
Altra questione attiene al problema della legittimazione passiva dell’amministratore, in proprio o nella qualità di legale rappresentante del condominio (facendo dunque ricadere la soccombenza, quantomeno in prima battuta e salvo regresso, sull’intera compagine).
Sul punto sussistono due orientamenti:
I) il primo ritiene sussistente la legittimazione passiva in capo all’amministratore, in proprio poiché soggetto obbligato sarebbe l’amministratore e nessun altro (argomentando per analogia, v. Trib. Catania ord. 16 gennaio 2018);
II) il secondo e maggioritario orientamento, viceversa, ritiene che legittimato passivo sia l’amministratore, nella sua qualità di legale rappresentante del condominio o, se si preferisce, il condominio in persona dell’amministratore (Trib. Tivoli ord. 16 novembre 2015; Trib. Roma ord. 1 febbraio 2017; Trib. Napoli ord. 15 febbraio 2019).
Detto orientamento è quello maggiormente aderente al dato legislativo per le seguenti ragioni.
Al pari di quanto asserisce la giurisprudenza in tema di obbligo dell’amministratore di comunicare, al creditore che ne faccia richiesta, i nomi dei condòmini morosi (in forza dell’art. 63 disp. att. c.c.), legittimato passivo in tali giudizi è il condominio in persona dell’amministratore. Ciò in quanto soggetto obbligato è sì l’amministratore, ma solo ed esclusivamente in ragione della sua posizione di mandatario dell’ente di gestione.
Tale soluzione, infatti, è l’unica in grado di assicurare tutela al creditore di una prestazione (sia esso il terzo creditore dell’ente, per il caso di cui all’art. 63 disp. att. c.c., o il condomino richiedente accesso alla documentazione ex artt. 1129/1130-bis c.c.) indipendentemente dalle vicende modificative dell’organo gestorio, ossia, in altri termini, alla sostituzione dell’amministratore. Ed infatti, ragionando diversamente e intendendo la legittimazione dell’amministratore in proprio, quest’ultimo sarebbe tenuto agli obblighi di legge anche se medio tempore cessato dalla carica e dunque non più in possesso della documentazione richiesta.
In conclusione, premesso che l’obbligo posto dalla legge a carico dell’amministratore trova il suo fondamento giustificativo nel rapporto di mandato che lo lega all’ente di gestione, per il caso in cui l’amministratore non ottemperi ai suoi doveri ed il condominio, in persona dell’amministratore, venga condannato, rimane salva l’azione di responsabilità dovuta all’eventuale inerzia dell’organo gestionale. Ciò al fine di essere ristorato delle negative ripercussioni economiche della condotta inerte dell’amministratore.